“Cosa sono gli Khmer Rossi?” Domandò Ravuth.
Tu scosse il capo. Il padre era all’oscuro di quanto stesse accadendo in Cambogia, sapeva solamente che avrebbero dovuto avere paura e arrangiarsi in qualche modo, quindi rispose “Non lo so, figliolo. Ma dobbiamo restare nascosti fino a quando non scopriremo che cos’è successo. Saremo al sicuro nel cuore della giungla, e stasera organizzeremo i nostri averi per trovare una nuova casa. Domattina abbatteremo la struttura e la ricostruiremo altrove” disse Tu. Ai ragazzi era chiaro che il padre fosse preoccupato, confuso e spaventato.
“Questa cos’è?” Interruppe Rotha, reggendo la pianta che Ravuth aveva posato sopra il tror bek.
“Non lo so, madre. L’abbiamo trovata per strada, e pensavamo che tu sapessi cosa fosse. Forse potremmo mangiarla, vero Oun?” Disse Ravuth, guardando il fratello in cerca di appoggio.
“Sì” disse Oun senza prestargli molta attenzione, guardando all’interno della borsa nera dove si trovava la macchina fotografica.
“Non ho mai visto niente di simile” disse Rotha, ispezionando la pianta singolare.
Rotha venne ignorata; i due giovani sembravano più interessati alle istruzioni e alla dimostrazione della macchina fotografica Polaroid che stava impartendo il padre.
Rotha raggiunse il contenitore di acqua piovana, riempiendovi una citola di acqua e posandola accanto a un’altra che ribolliva con all’interno delle verdure e un piccolo pollo. Studiò la pianta, e in base alla forma delle foglie e al loro colore dedusse che fosse commestibile. Quindi ne staccò una foglia, l’assaggiò, trasalì e inserì il resto nella ciotola bollente. Poi infilzò il bacello dorato da cui trasudò una linfa bianco latte che assaggiò. Rotha non capiva come mai avesse un sapore dolce mentre la foglia era amara, ma più tardi avrebbe sperimentato con il nuovo ingrediente. Rotha notò che il bacello rotondo luccicava in modo strano, e il suo colore dorato sembrava un mosaico smagliante di sfumature vivide; l’effetto che l’olio creava sull’acqua.
Venne disturbata da un improvviso flash, e quando alzò lo sgaurdo notò l’espressione malefica dei figli e ancora più dispettosa del marito, il quale reggeva la Polaroid dopo averle scattato una foto. I meccanismi della Polaroid ronzarono quando una pellicola venne espulsa dal davanti. Tu rimosse la fotografia dal dispositivo, eliminò il primo strato e posò la foto sul tavolo affinché si sviluppasse.
Rotha frignò quando il marito si concentrò nuovamente, premette il pulsante e scattò un’altra foto di lei, ripetendo il processo di sviluppo della stessa. Tu indicò poi affinché si radunassero tutti insieme, scattando una foto della moglie e dei figli. Si alternarono a scattare le foto fino a quando terminarono le sei pellicole disponibili.
Osservarono le fotografie svilupparsi sotto la solitaria lampadina, sorpresi quando le immagini apparvero sulle pellicole. La famiglia guardò le prime fotografie che avessero mai visto, e per un momento si dimenticarono della tragedia che aveva colpito il loro villaggio. Rotha rimosse una scatola di foglie di banano dalla mensola, posandola sul tavolo. In tutte le capanne erano presenti scatole come quella, coperte dalla resina ricavata dalla linfa della corteccia dell’olio di palma, finitura che dava alla scatola una lucentezza resistente. Le confezioni, della dimensioni di una scatola da scarpe, oltre a venir vendute ai turisti, venivano utilizzate degli abitanti del villaggio per conserave ninnoli e altri oggetti inusuali. La donna aprì la scatola e vi posò le fotografie all’interno.
“Potrete guardarle dopo mangiato. Ravuth, prepara i piatti così posso servire la zuppa” disse.
Rotha stava per chiudere la scatola quando vide la pianta sul tavolo. Ne recise parte del gambo e ripose il bacello marrone-dorato nella scatola, chiudendone poi il coperchio.
La famiglia si accomodò per cenare. Rotha servì la strana pianta nel brodo, e si trovarono tutti d’accordo sul fatto che avesse un pessimo sapore, era troppo amara. Fortunatametne il pollo e il tror bek bilanciarono il tutto, e dopo la zuppa, riposero i loro averi in previsione del trasloco del giorno successivo. Il rumoroso generatore a due tempi del villaggio si spense alle 8 di sera, quando andarono a letto.
***
Delle urla e dei colpi di arma da fuoco svegliarono improvvisamente la famiglia all’alba.
Scoppiò il panico. Tu, Rotha e i figli uscirono sulla veranda da dove videro un gruppo di giovani soldati Khmer Rossi marciare nel villaggio, sparando in aria con degli AK-47 e strepitando. Stavano calpestando i materiali di cui erano fatte le abitazioni, i cui residenti si erano riversati sui portici o ai piedi delle scalinate.
Una ragazza, circa dell’età di Ravuth raggiunse gli scalini della loro abitazione e urlò loro di affrettarsi alla capanna comune. Puntò il fucile a Tu e urlò “Adesso!”
La famiglia obbedì agli ordini, dirigendosi verso la capanna comune insieme agli altri paesani terrorizzati, ordinando loro d’inginocchiarsi. Avanzò un soldato degli Khmer Rossi, che sembrava avere sui 18 anni. Gli abitanti del villaggio trasalirono. Il soldato trascinava Dara con una corda, un’abitante di mezz’età che era andata a Koh Kong il giorno prima insieme a Tu e gli altri per vendere la bigiotteria.
“Dara è viva, Rotha” sussurrò Tu. “Pensavo li avessero uccisi tutti”.
Dara aveva una pessima cera, aveva le guance e gli occhi gonfi e del sangue secco sulle labbra e sul naso. Gli abitanti guardarono il soldato tirarla come un cane. Gli altri Khmer Rossi si spostavano avanti e indietro insieme al comandante che stava parlando.
Quest’ultimo spiegò di Pol Pot, il Fratello Numero Uno, il loro leader, e di come gli Khmer Rossi controllassero la Cambogia. Disse “Ogni cittadino *Khmer adesso appartiene ad Angka, (l’Organizzazione). Siete di nostra proprietà, e se volete vivere dovete dimostrare il vostro valore”.
Descrisse loro il ruolo che i bambini avrebbero ricoperto dopo essere stati addestrati da Angka affinché diventassero soldati per l’organizzazione. Non avrebbero più avuto bisogno dei genitori, dato che gli adulti sarebbero diventati umili servi, quindi sarebbero stati inferiori a loro. Angka sarebbe stata la loro famiglia. Il comandante proseguì per più di un’ora con il suo discorso ben preparato.
Gli abitanti ascoltarono con fare terrorizzato, disorientati dalla gioventù indottrinata. Dara ondeggiò quando si mise in piedi a malapena. Di tanto in tanto il ragazzo le tirava la vestaglia per ottenere la sua attenzione.
Una volta terminato il discorso del comandante, quest’ultimo concentrò la propria attenzione su Dara e disse, rivolgendosi agli abitanti.
“Questa donna ci ha condotti da voi. È debole, e non accettiamo i deboli”. Strinse poi il cappio attorno al collo di Dara, trascinandola a sé. Afferrò quindi il nodo, sollevandole il mento e tagliandole la gola con un piccolo coltello affilato. Dara era troppo debole per opporre resistenza, e lo sputo, il sangue e l’aria le gorgogliarono nella gola quando la donna si abbandonò a peso morto. Il comandante gettò il cadavere a terra, si piegò e pulì la lama sui vestiti di lei. Tuonò degli ordini agli altri soldati, indicò il corpo di Dara e lanciò un avvertimento severo agli abitanti.
“Obbedite ad Angka o morirete!”
Gli abitanti del villaggio guardarono terrorizzati gli altri soldati urlare verso di loro di prendere i propri averi e di fare ritorno.
Gli abitanti sconvolti lasciarono quindi la capanna comune, diretti verso le proprie abitazioni per fare i bagagli, il tutto mentre i soldati Khmer Rossi ronzarono attorno alle famiglie terrorizzate, sollecitandole.
Rotha, Tu, Ravuth e Oun andarono alla loro capanna. Tu parlò con Rotha, la quale, nonostante fosse scossa dagli eventi, era d’accordo con lui. Tu, con voce tremante,