Il duca richiuse, molto pensoso, la finestra.
Il colpo di fucile, sparato dalla guardia in fondo al parco, non aveva svegliato nessuno degli invitati. I servitori forse l'avevano udito, ma senza farvi caso. Emilio sparava a volte il suo schioppo, di notte, per semplice precauzione, perchè si capisse da' malvagi che egli vigilava.
Le due donne, Enrica e Cristina, dopo la pietruzza gettata sulla finestra, avevano udito tutto: le parole della guardia e quelle del duca.
—È lui,—aveva detto Enrica a Cristina, tremando, mentre se ne stavano con l'orecchio teso, accostate alle imposte della finestra.
—Quale ardire… tentare di venir qui… a questa ora… e a che scopo…. E a costo di essere ucciso come un ladro….
—È un gran male che il fucile di Emilio non lo abbia colto,—mormorò
Enrica a denti stretti, sconvolta,—sarei stata libera….
Ci fu un breve silenzio: come se Cristina, la quale non peccava per eccesso di tenerezza, avesse avuto orrore di quella proposta.
—Se è stato trovato il bottone di uniforme… domani vi saranno ricerche…. Si scoprirà subito che è lui…. Che angoscia! Si crede egli, dunque, proprio molto desiderato?… Dovrò annunziare a mio padre,—continuava fra sè,—che sono la sposa del figliuolo di uno de' suoi contadini… del figliuolo di Berto Jannacone?… Ah!… mai!
Ed Enrica spasimava, si contorceva: era sopraffatta da una forte, acutissima convulsione.
III.
Il marchese Piero non aveva voluto trattenersi dal duca: e, allegando che gli urgeva tornar a casa a rivedere la moglie, e saper notizie sul grave stato di lei, si accomiatava dal cugino.
—Sono sicuro che avrete…. se già a quest'ora non l'avete…. un bel figliuolo maschio!—gli disse il duca.
Il marchese partì fra i lietissimi augurii di tutti gli invitati.
La sera era già molto innanzi, e il gentiluomo in una carrozzella, che guidava da sè, o, a meglio dire, il cui cavallo si guidava da sè, lasciavasi andare alla foga de' suoi pensieri.
Rifletteva al grande avvenimento, che dovea compiersi per lui in quella notte, se non s'era compiuto: lo turbavano la certezza del disonore, della rovina, s'egli non fosse già padre, o non lo doventasse fra poche ore.
Allo svolto di una strada, sentì chiamarsi nel buio.
Trepidò.
Poi riconobbe la voce di un uomo molto destro, molto temuto in que' luoghi: Marco Alboni, sul quale correvano tristi leggende; venuto dalla Marca, non si sapeva perchè, come non si sapeva di che vivesse, che arte esercitasse.
Era arrischiatissimo, soverchiatore; avea nervi d'acciaio.
Lo conoscevano tutti per un fido del marchese; mezzano delle dissipazioni di lui: adoprato dal gentiluomo in bassi servigi, di cui era sempre riuscito a ottenere la più larga rimunerazione.
Il marchese l'odiava e lo ricercava: lo fuggiva e gli era necessario: non l'avrebbe voluto vedere, ma gli era forza comportarlo: poichè tale è la lega che si forma di solito fra i tristi.
Marco, uscendo di dietro a un cespuglio, fermò il cavallo del marchese.
—Che c'è di nuovo?—domandò il gentiluomo che s'aspettava qualche importuna richiesta, e non era il momento in cui potesse soddisfarla. Poi gli balenò un'altra idea e domandò:
—Mia moglie?…
—Signor marchese, ho da dare a V. S. serie notizie,—disse con sicumèra Marco,—ci fermeremo qui in un casolare diroccato, che appartiene al duca, ed è a pochi passi, e parleremo a nostro agio.
Il marchese scese dalla carrozzella; Marco prese la briglia, e legava qualche minuto appresso il cavallo ad un albero.
Entrarono poi fra le rovine.
Nè l'uno nè l'altro si accorsero di un uomo, che vi stava appiattato, e che s'era tutto rannicchiato in sè, curvato, per sfuggire a ogni sguardo.
—La principessa ha partorito,—disse Marco,—ed è morta qualche minuto appresso.
—Ah!—esclamò il marchese, sinceramente addolorato.
Ma l'ansia de' suoi interessi vinceva il dolore.
—E la creatura?…—domandò.
—Una bambina…. morta anch'essa.
—Marco!—dimmi il vero,—esclamò il marchese—e se questo è il vero, io sono risoluto a bruciarmi le cervelli fra queste rovine…. Un gentiluomo non può affrontar la miseria, il disonore.
Il colpo era doppio: morta la moglie, la figliuola, era pur morta per lui ogni speranza di eredità, di aiuti dalle ricche parenti della principessa.
—V'assicuro,—insistè Marco nel tuono più fermo,—che v'ho detto il vero…. assolutamente.
Il marchese raccapricciva e cadde accasciato su un mucchio di macerie.
Marco lo lasciò alcuni istanti alle sue sofferenze.
—Ma,—soggiunse, toccandolo in un braccio e mutando l'intonazione della voce,—la fortuna anche questa volta vi ha aiutato; voi siete il suo beniamino!
—Come?—rispose il marchese che singhiozzava.
—Ero in un'osteriuola, aperta da poco, ad alcune miglia di qui…. Entra un uomo, che nell'oscurità non ho riconosciuto e che ora sceso alla porta da una carrozza…. Si trattiene…. Beve, ribeve: comincia a parlare. Ne racconta di ogni sorta…. Poi dice che ha una bambina da condurre a balia e che gli è stata affidata con tante raccomandazioni. Un mistero! Io non aspetto altro: mi slancio fuori o, mentre l'ubriaco continua a bere, prendo la bambina…. Monto nella mia carrozzella e mi dirigo verso la casa di V. S…. N'ero venuto via poco innanzi con l'incarico di portarle avviso della catastrofe accaduta…. E pure, io non sapevo risolvermi. Una voce mi diceva che, indugiando, qualche cosa di propizio mi sarebbe occorso…. Se vedesse la sua casa…. I servitori sono tutti nel maggiore sbigottimento, spaventati; non osano far nulla, senza l'ordine di V. S. Superstiziosi verso i cadaveri, non sono più entrati nella camera della principessa, dopo che il medico forestiere è partito…. A proposito, egli mi ha consegnato una lettera per lei…. Ma, tornando alla principessa; essa è stata abbandonata, subito, dai servi impauriti…. Essi hanno gettato una gran quantità di fiori sul letto e hanno acceso attorno alcuni lumi. Io sono passato dalla porta del giardino, che ho trovata socchiusa. Ho potuto appoggiare una scala al balcone della camera della principessa…. Sono entrato…. Ho posto la bambina viva ov'era il cadavere dell'altra: o ho preso il cadavere con me…. Sono ridisceso con ogni cautela… in un attimo… poi sono salito nella carrozzella e ho fatto una corsa, che si sarebbe detto proprio il diavolo tenesse le guide.
La voce di Marco era divenuta sinistra.
—Sono arrivato, di nuovo all'osteriuola: c'era sempre fuori la gran carrozza nera: l'ho aperta; vi ho riposto il cadaverino della bambina: l'ubriaco dormiva steso su una panca dell'osteria e russava… russava. Ne deve aver bevuto molto nella giornata….
—Oh,—disse il marchese,—tu mi salvi…. Quanto ti dovrò… e tu sarai ricco….
—Sarò davvero!—pensava Marco,—nè tu potrai impedirmelo!
—Io ti dimostrerò in ogni modo la mia riconoscenza…. Ti debbo la vita: ti debbo di più: un nuovo avvenire.
—V. S. è proprio fortunato!
—Sì, nell'esser servito con tanta devozione e tanta intelligenza!—soggiunse il marchese che sentiva una schietta, sincera ammirazione per il fatto compiuto da Marco.
—Chi altri, non secondato