Il codice di Perelà. Aldo Palazzeschi. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Aldo Palazzeschi
Издательство: Bookwire
Серия:
Жанр произведения: Языкознание
Год издания: 0
isbn: 4064066069681
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lasciato indifferente, su quelle di lei acquistò intero il suo significato.

      Io le ho fatto ripetere mille volte il vostro nome, come ogni sera, prima di spengere il lume, le faccio ripetere l'eterna parola: poesia.

      Su quelle labbra. Pe....re....là... lo si vede sfuggire rapido, come si vede partire per innalzarsi lieve, delicatamente la parola: poesia. Voi sentite il suono di questa maliarda parola? Quelle vocali. o....e.... i.... a.... E che cos'è mai una p su quelle labbra! Signor Perelà! È come la forza del soffio che la anima e le da vita; e chi mi soccorrerà a dirvi che sia una s che la spinge, di sotto, e la sostiene.... e la solleva, su, su, su!

      — E che cos'è la poesia?

      — La poesia, signor Perelà, è un mondo, è un globo tutto azzurro, ed è il poeta, sul Parnaso, l'alito che lo gonfia, e lo prepara per la sua ascensione celeste. Qual'è l'arte? Saperlo gonfiare, gonfiare fino a renderlo trasparente perchè possa innalzarsi.

      — E voi salite con lui dopo?

      — Ma vi pare? Un corpo estraneo? Se mi ci attacco io addio Gesù, quello rimane a terra, quando l'ho gonfiato lo mando via. Io resto sul Parnaso.

      — Voi dovrete allora sorvegliare mentre lo gonfiate, il vostro globo, che nulla ci vada dentro.

      — Ma certo, basterebbe un granellino della più semplice cosa e non anderebbe più su. Pare che ci sia dentro chi sa che, e invece non c'è nulla, ottenere il vuoto, qui è tutta l'arte del poeta e la poesia.

      — Io comporrò per voi un'ode in tredicimila versi endecasillabi e un settenario sdrucciolo, e ve la manderò quanto prima pubblicata sulla migliore rivista del paese.

      Eccovi il mio ultimo libro di versi: Ballate.... malate.

      — Oh! che peccato poverette.

      — Non vi prendete pena.

      — E di che male soffrono?

      — Nessuno, stanno benissimo.

      — E allora perchè avete detto che sono malate?

      — Perchè altrimenti nessuno si occuperebbe della loro salute; così va il mondo signor Perelà. Contate sulla mia amicizia, ed io spero poter contare sulla vostra, siamo in fondo due poeti, e potremmo benissimo scrivere un poema drammatico in collaborazione.

      Verrà subito dopo di me Costantino del Pesce, il critico, signor Perelà io vi supplico di non ascoltare una parola sola di quello ch'egli sarà per dirvi, il poltrone, è fuori della porta che attende, aspetta ch'io sia uscito per potervi parlare, vi parlerà di me senza dubbio, il parassita.

       Monsieur de Perelà j'espère de vous rencontrer dans le monde.

      — Costantino Del Pesce critico della letteratura Nazionale ufficiale.

      — Non vi meravigliate s'io mi presento a voi dopo quel po' po' di fregnone, volle la sorte ch'io dassi a lui la precedenza ma ciò non accadrà per molto tempo ancora che voi vedrete camminare le cose alla rovescia.

      — Chi? Quello del pallone?

      — Già proprio lui, può aspettare benissimo a cantare dopo ch'io abbia parlato, non è difficile indovinare le scempiaggini che dirà.

      — E ve lo fa vedere gonfiato o da gonfiare?

      — Che cosa?

      — Il pallone.

      — Me lo fa vedere gonfiato.

      — E voi dovete sempre andare lassù dov'ei lo manda, il suo pallone?

      — Ho il mio cannocchiale. Non conoscete il canocchiale della critica? È il più lungo di tutti e insieme quello che si ripiega meglio. Lo porto nel taschino del gilet, guardate, e me ne avanza.

      — Il dottore della Corte Agostino Pipper.

      — Sono il medico della Corte, signor Perelà, voi sapete che cos'è un medico? È una fila di cose. E sono dì e notte perduto a vedere che sia mai questo inquietantissimo corpo umano che pare una faccenda tanto perfetta ed è di una grossolana scandalosa irregolarità, e di una trivialità sconcertante. Se sapeste con quale cautela un uomo della mia elevatura debba maneggiare la propria lingua. Scherzi pure finchè vuole con quella degli altri, ma.... in guardia colla propria! Il segreto è tutto lì, nel dire.... e nel non dire. Gli argomenti saranno sempre buoni e in vostro favore, è il fatto che vi frega. Se voi dite, poniamo: il malato guarirà, in men di due ore il fetente crepa. Se voi dite poniamo: certamente muore, e quello vi guarisce dopo avergli fatto dare l'olio santo. Sono il male e la medicina i due sposi più burberi che mai si sia dato nel tempo, che non fecero al mondo che farsi dispetti senza tregua, solamente in silenzio possono andare d'accordo.

      Il vostro polso? Buono, buono.

      La vostra lingua? Ottima.

      Eccovi la mia carta, per quando possano venirvi utili i miei servigi, sono ai vostri comandi.

      — Il grande filosofo indipendente Angiolino Pila, detto Pilone.

      — Non sono mica un filosofo sapete signor Perelà, non date mai ascolto a quello che vi dicono. Quando un uomo ha detto del proprio simile ogni sorta di sconcezze, ecco che è subito un filosofo, e più lo avrà trattato come si meritava e più sarà grande lui, il filosofo.

      Gli uomini hanno bisogno di sparlare sempre dei proprî simili e non avendo generalmente il coraggio e l'intelligenza per arrivarci a dovere inventano la verità detta da un altro e finiscono per credere che sia proprio quello che avrebbero pensato loro.

      Vede ognuno così tutti i suoi simili affogare nel pantano e lui se ne sta a guardarli allegramente su dall'alto.

      Ma voi, ditemi un poco una cosa, cosa siete venuto a fare qui?

      — Nulla.

      — Benone, e voi fatene un'altra, ritornatevene là dove siete stato fino ad oggi che sarà meglio per voi, gli uomini li conoscerete un'altra volta, non perderete molto, e non vi auguro che gli abbiate a conoscere proprio questa.

      Aspirate anche voi a diventare un tarlo come tutti gli altri? Gli uomini rodono gli appartamenti della natura nè più nè meno come i tarli rodono i loro appartamenti.

      Sapete quale ragione adducono per giustificare questo rosicchiamento? Dicono che la terra li attrae! Li attrae! Sfacciati che non sono altro! Vi si sono spadellati, e vi si rotolano sopra mezzi vivi e mezzi fritti! Oh! La terra li vomiterebbe volentieri tutti all'infinito! Sono la sua pietanza più indigesta, gli ha tutti per la gola e sullo stomaco, nessuno deve esserle passato ancora nell'intestino.

      C'è però una cosa che gli uomini hanno veramente creato e bisogna riconoscergliene il merito: la polvere! Guardate bene dove essi camminano strofinando senza tregua le loro sbrindellate miserie, guardate le vie che hanno pestate e sulle quali si strascicano con ogni sorta di attrezzi per stropicciare il suolo affinchè ne dia quanto più è capace. Si servono dei macigni più grandi per fabbricare dei pezzi di roba che gli stanno poi nel palmo di una mano. Voi vedete oggi una bella montagna di ròcce che vi sembrano inaccessibili, se gli uomini incominceranno a praticarla, ad introdurvisi, ad operarvi, in poco voi quella montagna non la vedrete più, che se ne saranno fatte tante saliere o calamai. Eccovi un bell'albero ampio e diritto che tiene nobilmente il suo legittimo regno, loro, questi sterpi ambulanti, vi si metteranno alle radici coi loro piccoli strumenti, e dagli a stridere, limare e rosicchiare, col più lungo e vile lavorìo ve lo faranno cadere, e non c'è caso che se lo facciano venire sulla testa, un corno! al momento giusto si fanno indietro. Un giorno vi accorgerete che con quell'albero sono dietro a stuzzicarcisi i denti.

      Datemi ascolto, non rimanete qui, andate a casa vostra, non vi fidate, se vi fanno tutte queste smorfie, tutte queste moine, non vi ci attaccate, essi godono ad inalzare un uomo a furia di spinte, per potersi poi godere il doppio a lasciarlo andare giù di botto.

      — Ma io sono di fumo....

      — Già è vero, avete ragione, siete di fumo, e allora rimanete pure, ciao,