L'Imperatore Giuliano l'Apostata: studio storico. Gaetano Negri. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Gaetano Negri
Издательство: Bookwire
Серия:
Жанр произведения: Документальная литература
Год издания: 0
isbn: 4064066071332
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fanciullo, ed è la chiave della frase di Ammiano che ci dice come: a rudimentis pueritiæ primis inclinatior erat erga numinum cultum, paulatimque adulescens desiderio rei flagrabat21.

      Questa educazione, che doveva lasciar tracce profonde nell'animo impressionabile del fanciullo, fu presto interrotta. Morto, nel 342, il vescovo Eusebio che aveva l'ufficiale sorveglianza del piccolo principe, sorveglianza, del resto, da lui esercitata in modo affatto superficiale, così da non accorgersi che il pedagogo segretamente piegava l'animo dell'allievo all'antipatia pel Cristianesimo, l'imperatore, pauroso, fors'anche, [pg!28] di veder sorgere un rivale nel fanciullo che cresceva sotto gli occhi di tutti, nella capitale dell'impero, lo mandava insieme al fratello Gallo, salvato, lui pure, dall'eccidio dei Costantiniani, in una specie di reclusione, in un solitario castello della Cappadocia, chiamato Macello, descritto dallo storico ecclesiastico Sozomene come un luogo di delizie22. I due giovanetti vissero sei anni in quel ritiro, circondati da schiere di servi, ma fuori affatto del movimento intellettuale e politico del mondo. Giuliano ricorda quegli anni con grande amarezza nel suo discorso agli Ateniesi. «Che dirò io di quei sei anni, passati in un podere altrui, senza che nessun estraneo potesse avvicinarsi a noi, o che potesse avvicinarci alcuno dei nostri antichi conoscenti? Vivevamo esclusi da ogni efficace insegnamento, da ogni libera conversazione, nutriti fra lo splendore dei servizi domestici, ma costretti ad esercitarci coi nostri servi, come se fossero nostri compagni, poichè nessun nostro coetaneo era ammesso vicino a noi»23. Giuliano osserva che, mentre suo fratello Gallo, in conseguenza delle abitudini, prese in quel soggiorno, divenne rozzo e violento, egli fu salvato dal germe di filosofia, e vuol dire di dottrina ellenica, che già esisteva in lui. Ma non dobbiamo prendere letteralmente le parole di Giuliano. Se era vero che la splendida prigione dei due giovani era chiusa ad ogni soffio di influenza filosofica e politeista, pare, invece, che, intorno ad essi, energicamente si esercitasse l'insegnamento dottrinale del Cristianesimo.

      [pg!29]

      È assai interessante il leggere ciò che dice della reclusione dei due principi Gregorio di Nazianzo. Non è possibile una più recisa contraddizione con le affermazioni di Giuliano, non è possibile un più radicale travisamento della verità, per intento polemico. Gregorio rappresenta il perfido Costanzo come un modello di bontà, e Giuliano come un mostro d'ingratitudine. Ora, quando si ricorda che Costanzo, oltre ai suoi delitti domestici, alla sua condotta crudele, determinata dall'influenza dei cortigiani e degli eunuchi, era stato il più forte sostenitore dell'Arianesimo, per lui trionfante, possiamo misurare dalle lodi che Gregorio gli profonde, mentre avrebbe meritato i più acerbi rimproveri da parte di un Cristiano, e Cristiano ortodosso, tutta l'ira feroce che il tentativo di Giuliano aveva sollevata nei dominatori della Chiesa, i quali hanno, per un istante, paventato di perdere la vittoria, a sì caro prezzo acquistata.

      Narra dunque Gregorio24 che Costanzo aveva voluto salvare Gallo e Giuliano dall'eccidio di tutti gli altri Costantiniani, avvenuto senza che egli ne avesse colpa, onde farsene compagni ed aiuto nell'esercizio dell'impero. Pertanto l'umanissimo imperatore li fece educare, con tutto lo splendore di un trattamento regale, in una delle sue ville — così descrive Gregorio il domicilio coatto di Macello — circondandoli con uomini sapienti e religiosi. E i due giovanetti erano tanto infervorati nel culto divino da assumere gli uffici del clero, così che leggevano al popolo congregato i libri sacri, e dimostravano uno zelo speciale nel culto dei martiri. Se non che Gallo — dice [pg!30] Gregorio — violento nell'indole, era sincero nella sua pietà. Giuliano, invece, nascondeva, sotto l'apparente devozione, le perfide tendenze dell'animo25. E Gregorio racconta una storia miracolosa. I due fanciulli, Gallo e Giuliano, si erano accinti a costrurre due santuari ai martiri, gareggiando nel dispendio e nel lavoro. L'opera di Gallo fu presto condotta a compimento, ma quella di Giuliano veniva sempre interrotta, perchè sconquassata dai movimenti del suolo, indizio che i martiri rifiutavano l'omaggio di chi doveva più tardi rinnegarli. I due fratelli si esercitavano anche in dispute retoriche e filosofiche, e Giuliano prendeva sempre, e con calore più vivo del conveniente, la parte dell'Ellenismo, col pretesto di esercitarsi a trovare argomenti per la tesi più debole, ma, in realtà, per esercitarsi a combattere la verità26. In mezzo alle esagerazioni ed alle leggende, si riscontra anche qui, come in quasi tutte le notizie di Gregorio, un fondo di verità; vi sono, nei suoi discorsi, dei lampi che danno alla figura di Giuliano un rilievo vivente.

      Che, del resto, l'alto clero cristiano non perdesse di vista quei rampolli imperiali, lo rileviamo da Giuliano stesso, il quale, in una lettera scritta quando già era imperatore, ricorda che il vescovo Giorgio d'Alessandria gli mandava a Macello, ond'egli li ricopiasse, alcuni dei volumi della sua ricca biblioteca27. È strano, assai strano che questa educazione, esclusivamente cristiana, continuata per un quinquennio, [pg!31] abbia, bensì, servito a dare a Giuliano una conoscenza singolarmente profonda dei libri del Vecchio e del Nuovo Testamento, ma, insieme, non sia riuscita che ad acuire, nell'animo del giovanetto, l'antipatia per la religione in cui veniva allevato. Ciò non può spiegarsi che, per la spaventosa corruzione in cui era caduto, in Oriente, il Cristianesimo ariano. Ariano era Costanzo, ariani i prelati che frequentavano la corte e che occupavano le sedi più cospicue. E si comprende come l'animo di Giuliano, già imbevuto degli austeri insegnamenti del suo pedagogo Mardonio, e già inclinato a veder nell'Ellenismo la fonte di una pura, perfetta moralità, si sollevasse indignato contro lo spettacolo a cui assisteva e coltivasse, nel segreto dell'anima, mentre prendeva parte ai servizii del culto cristiano, propositi di rivolta. Se, invece di un Eusebio, di un Giorgio e degli altri ecclesiastici ariani che lo circondavano, egli fosse venuto a contatto con un Atanasio, con un Ambrogio, con un uomo, infine, che sapesse tener immune il Cristianesimo dai veleni inquinatori del tempo, forse si sarebbe volto da tutt'altra parte di quella che ha preferita. Lo stesso odio che, giunto al fastigio della potenza, e quando già era irremissibilmente compromesso, sentì per Atanasio, il solo personaggio cristiano, contro il quale, come vedremo più tardi, iniziasse un procedimento di persecuzione, ci prova come egli sentisse tutta la differenza che esisteva fra il Cristianesimo ariano e l'ortodossia atanasiana e vedesse che quest'ultima costituiva lo scoglio contro cui avrebbe urtato la nave dell'Ellenismo.

      Federico Rode, in un libriccino, tenue di mole, ma denso di pensiero e di erudizione28, non è di questo [pg!32] parere. Egli dice: «Anche fatta astrazione della circostanza che non già il vero Arianesimo, ma, bensì, l'Arianesimo temperato di Eusebio dominava alla Corte e quindi anche nell'educazione di Giuliano, dobbiamo insistere sulla circostanza che Giuliano, nella sua polemica, attacca non già l'Arianesimo, ma tutto il Cristianesimo ed anzi specialmente gli Atanasiani. È cosa affatto vana il discutere se Giuliano avrebbe potuto diventare proclive al vero insegnamento di Gesù, poichè dove, al suo tempo, avrebbe egli potuto trovare quell'insegnamento? Presso Atanasio, no di certo. Prevenendo la teologia critica del secolo decimonono, già Giuliano aveva constatata la grande differenza che correva fra il Cristo degli scritti primitivi del Nuovo Testamento e il Dio del Simbolo niceno».

      Tutto ciò sarebbe vero se Giuliano avesse abbandonato il Cristianesimo, perchè si fosse urtato contro le difficoltà razionali che gli offriva la metafisica cristiana paragonata alla dottrina originaria di Gesù. Certo, in questo caso, l'ortodossia atanasiana non avrebbe giovato meglio dell'Arianesimo a tener in carreggiata lo spirito indagatore di Giuliano, anzi, gli sarebbe, forse, stata più aspra ad ingoiare. Ma Giuliano ritornò all'Ellenismo, non già per effetto di riflessioni filosofiche, ma per ragioni di sentimento, e, certo, una delle prime, fra queste, era il disgusto che gli metteva lo spettacolo della corruzione di cui il Cristianesimo era contaminato, corruzione riconosciuta eloquentemente dallo stesso Gregorio, il quale non esita ad affermare che i Cristiani perdettero nella prosperità la gloria acquistata nelle persecuzioni e nelle sciagure29.

      [pg!33]

      Ora, è innegabile che tale corruzione era assai più avanzata nell'Arianesimo, la religione della corte di Costanzo, che nell'ortodossia la quale si stringeva intorno alla grande figura di Atanasio. Nell'ortodossia il Cristianesimo aveva conservato una parte almeno della sua efficacia moralizzatrice, e, se questa efficacia si fosse esercitata, fin dai primordi dell'educazione, sullo spirito del giovanetto Giuliano, lo avrebbe forse guadagnato ad una religione che sarebbe stato costretto a rispettare.

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      Erano passati cinque anni dal principio