L'Incendiario; col rapporto sulla vittoria futurista di Trieste. Aldo Palazzeschi. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Aldo Palazzeschi
Издательство: Bookwire
Серия:
Жанр произведения: Языкознание
Год издания: 0
isbn: 4064066069247
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tra le fetide dighe dei poliziotti.

      Ci sono dei professori, dei pedanti, degl'invalidi, nella sala? Noi non li vediamo.... Silenzio di Corte d'Assise nel momento della sentenza, o, piuttosto, silenzio di profondità sottomarine, ove io scaglio le frasi del mio discorso, come siluri contro le vecchie galere romane che beccheggiano invisibili sul fluttuare del pubblico:

       AMICI, NEMICI FORSE!

       Giudico necessario premettere alcune brevissime spiegazioni alla nostra declamazione di poesie futuriste.

      Anzitutto, che cosa vuol dire Futurismo? In termini molto semplici, Futurismo significa odio del passato.

       Noi ci proponiamo infatti di combattere energicamente e di distruggere il culto del passato, ed obbediamo in ciò all'istintivo bisogno di difendere le nostre forze vive, che vogliono liberamente ed interamente esplicarsi prima di estinguersi.

       Considerate che il numero dei grandi uomini defunti è quasi infinito: sono eserciti formidabili di genii morti, ormai indiscussi, che accerchiano e schiacciano la esigua legione dei vivi. — A quelli e per quelli, tutto è concesso: libere le strade, spalancate le porte, profuso il denaro. — I vivi, invece, non raccolgono che dileggi, insulti, calunnie, e patiscono la fame!

       Nella repubblica dell'arte, particolarmente, coloro che difendono ed esaltano i morti, lo fanno per una subdola vigliaccheria e per l'invidia che ispirano loro gli uomini veramente vivi.

       Si uccide un poeta giovane e forte, scaraventandogli addosso la mummia cartacea di un grande poeta morto da cinquecent'anni. Gli editori cestinano i manoscritti di un genio affamato, per prodigare il loro denaro nella ristampa di capolavori d'epoche lontane. I miliardari sprecano somme favolose nella compera di cose che non hanno altro valore che quello di essere corrose e consunte dal tempo.

       Si esumano musiche fredde e soporifere, statue insignificanti, tele tarlate e annerite, mentre musicisti, scultori e pittori viventi aspettano invano, nel buio di una sordida miseria, il divampare vittorioso delle loro creazioni. Quando non si può uccidere un giovane con un cadavere esumato, gli si scagliano attraverso le gambe dei vecchi rimbambiti, dei fantocci rispettati, o degli stomachevoli opportunisti.

       È perciò che noi, nell'arte, nella politica, e, insomma, in ogni manifestazione di vita, combattiamo brutalmente la religione del passato e il rispetto di tutto ciò che è antico.

       Proclamiamo cretina la massima: «in medio stat virtus», e odiamo tutti i mezzi termini. Disprezziamo e combattiamo tutte le forme di obbedienza, di docilità, d'imitazione, i gusti sedentari, e glorifichiamo invece i nomadi, i refrattari e le grandi belve libere.

       Disprezziamo e combattiamo le maggioranze avvelenate e corrotte dal potere, i divieti dell'opinione corrente i luoghi comuni della morale e della filosofia.

       Nel campo letterario propugnamo l'ideale di una grande e forte letteratura scientifica, la quale, libera da qualsiasi classicume, da qualsiasi purismo pedantesco, magnifichi le più recenti scoperte, la nuova ebbrezza della velocità e la vita celeste degli aviatori.

       La nostra poesia è poesia essenzialmente e totalmente ribelle alle forme usate. Bisogna distruggere i binari del verso, far saltare in aria i ponti delle cose già dette, e lanciare le locomotive della nostra ispirazione, alla ventura, attraverso gli sconfinati campi del Nuovo e del Futuro! Meglio un disastro splendido, che una corsa monotona, quotidianamente ripresa! Già troppo a lungo furono sopportati i capi-stazione della poesia, i controllori di strofe-letto, e la stupida puntualità degli orari prosòdici.

       In politica, siamo tanto lontani dal socialismo internazionalista e antipatriottico — ignobile esaltazione dei diritti del ventre — quanto dal conservatorume pauroso e clericale, simboleggiato dalle pantofole e dallo scaldaletto.

       Noi esaltiamo il patriottismo, il militarismo; cantiamo la guerra, sola igiene del mondo, superba fiammata di entusiasmo e di generosità, nobile bagno di eroismo, senza il quale le razze si addormentano nell'egoismo accidioso, nell'arrivismo economico, nella taccagneria della mente e della volontà.

       Disprezziamo e combattiamo la tirannia dell'amore, che specie nei popoli latini, falcia le energie degli uomini d'azione. Combattiamo il rancido sentimentalismo, l'ossessione dell'adulterio e della conquista femminile, nel romanzo, nel teatro e nella vita. Vogliamo insomma sostituire, nelle immaginazioni, giovanili, alla figura stucchevole del Don Giovanni, quelle violente e dominatrici di Napoleone, di Clémenceau e di Blériot.

       Tutto ciò, naturalmente, contraria ed esaspera le maggioranze; ma noi Futuristi, noi Estrema Sinistra della letteratura, ce ne rallegriamo, poichè solo temiamo le facili approvazioni e gl'insipidi elogi dei mediocri.

       Sicuri e convinti che nulla vi sia di più facile e di più spregevole insieme che il piacere al pubblico, solleticandone i gusti volgari, noi preferiamo piacere soltanto al nostro ideale, e, al pubblico ostile, non domandiamo che fischi!

      Uno scoppio formidabile di applausi.... Le carene del passato si sfasciano nella risacca sbatacchiante delle mani entusiasmate.

      Ed ecco Armando Mazza, dal gran corpo atletico, avanzarsi come un lottatore. La sua voce tonante sfonda le pareti del teatro e sembra coprire tutto il mondo delle nostre prime volontà futuriste. In verità i saggi mummificati, i custodi del buon senso e tutti coloro che portano sulla schiena la loro poltrona come le testuggini il guscio, si sentono schiacciati dal passo di quel gigante che con alte grida chiama alla riscossa gl'incendiarii.

      Abbasso i musei! Riseppelliamo i morti! Glorifichiamo la violenza! Viva la guerra! Morte ai pacifisti! Abbasso le maggioranze sedentarie! Gloria alle belve!... Altrettanti pugni roventi nei petti freddolosi dei Passatisti, arbusti scarniti e contorti dalla lava sui fianchi di un vulcano!

      Poi, i poeti futuristi, uno dopo l'altro, con una disinvoltura da studenti in baldoria, versano a fiotti il rosso vino della sublime poesia in tremila coppe invisibili, tese freneticamente a volerlo.

      Ma, ad un tratto, scoppia un gran baccano e s'accende un parapiglia infernale.

      Si urla allo scandalo; mani di spettatori naufraganti si aggrappano alle poltrone; altre stringono disperatamente rotonde calvizie, come se abbrancassero il mondo per salvarlo. Occhi moribondi cercano ansiosamente dei crocifissi introvabili. Cresce il tumultuare della calca: è la grande insurrezione delle mummie. Non una italiana: tutte austriache o leccapiattine. Ma la possente gioventù trionfa. Tutti i maschi sono in piedi, e coi pugni, con gli scoppi della voce, costringono i morti a ricoricarsi nei loro scanni tombali.

      Il soffio dell'entusiasmo ci spinge fuori e ci trasporta per le vie di Trieste.

      Entriamo nel Caffè Milano, fornace da cui si sprigionano e scattano, investendoci, i tizzoni in fiamme dei più entusiastici urrà! Sulla grande tavolata fraterna, il sangue delle gote, il fuoco delle voci, i vermigli fermenti della poesia e del patriottismo.... Aldo Palazzeschi dice con raffinata sapienza le sue belle poesie: Villa Celeste, La Regola del Sole e Palazzo Mirena, contenute in questo volume. Poi Armando Mazza è costretto a declamare per la terza volta il celebre Manifesto. Tutti gli alcool traboccano, scorrono e s'incendiano. Sorge un giovane dagli occhi elettrizzati d'ingegno, che clama la sua professione di fede futurista, la sua ardente simpatia pel nostro movimento di ribellione contro il passato.... Tutti lo ascoltano intenti, ed egli, invaso da un furore ispirato, scarica in alto mille idee paradossali, come tanti razzi sguscianti senza posa da una botte pirotecnica. Quell'uomo è il forte poeta triestino Mario Cavedali.

      Intorno a lui si affollano moltissime altre figure bellicose di pubblicisti, di letterati, di artisti: i valorosi patrioti fratelli Tamaro, redattori dell'Indipendente, il fervido giornalista Mario D'Osmo, l'inesauribile pince-sans-rire Doro Finzi, il maestro Saragoz, Barison, l'insuperabile violinista, il geniale poeta Arturo Bellotti, Oberdorfer, l'energico segretario e difensore dell'Università del Popolo, l'elegantissimo De Sala, corrispondente del Figaro,