La sorveglianza instancabile di Adelaide, la sua durezza, dovevano riuscir penose a lei stessa, che soffriva per sè e soffriva forse di far soffrire; ma rimaneva inflessibile, persuasa che questo fosse il suo dovere. A ragione il Finzi crede che una delle principali cause per cui ella e Monaldo rifiutarono sempre di mantener lontano di casa Giacomo, fosse la cura de l'anima di lui, che, secondo loro, lungi da la casa paterna cedeva a malvagi amici e si perdeva.
Come il conte e la contessa non comprendevano i figli, così questi non sempre compresero loro; e Giacomo, che ne' suoi pensieri giudicava l'educazione moderna un formale tradimento ordito da la vecchiezza contro la gioventù, se, com'è probabile, pensava a l'educazione propria, si lasciava sopraffare da l'amarezza: «Non lascia d'esser notabile che tra gli educatori, i quali, se mai persona al mondo, fanno professione di cercare il bene dei prossimi, si trovino tanti che cerchino di privare i loro allievi del maggior bene della vita, che è la giovanezza. Più notabile è, che mai nè padre, nè madre, non che altro istitutore, non sentì rimordere la coscienza di dare ai figliuoli un'educazione, che muove da un principio così maligno. La qual cosa farebbe più maraviglia, se già lungamente, per altre cause, il procurare l'abolizione della gioventù, non fosse stata creduta opera meritoria.»
È notevole il giudizio che di Adelaide dà il canonico Avoli:[9] egli la crede donna più di mente che di cuore, di propositi virili, più che di tenerezze materne, pensa che non possa venir giudicata se non severamente nei nostri tempi, e che per averne criterio equo sia «necessario trasportarsi con la memoria a circa un secolo addietro.» Ricorda come appaia naturale che, malgrado la più sincera affezione, l'accordo fra Adelaide e Monaldo non fosse perfetto, poichè l'uno era splendido fino alla prodigalità, l'altra calcolatrice, economa, massaia.
In tutta la vita e in tutta l'opera di Giacomo Leopardi non vi è un riflesso della tenerezza materna; ma in tutta quella nobile vita e in tutto lo splendore di quell'opera risenti l'elevatezza di pensiero, cui il poeta fu educato. Il Michelet diceva che il mondo vive la vita della donna, la quale gli dà due elementi di civiltà, la grazia e la delicatezza, che è un riflesso della purità. La grazia mancò alla contessa Adelaide, alla rigida signora che, dalle fredde nebbie del suo mistico cielo, non sapeva distoglier gli occhi, se non per curarsi della prosperità materiale della famiglia, tanto che «il fine che si era proposto le fece dimenticare che l'immediata felicità dei figli poteva qualche volta anteporsi a la futura.»[10] Ma non le mancò la purezza, la più alta dignità femminile: i figli non si sentirono attratti da l'anima sua, videro però quell'anima sempre candida, quella vita sempre d'una trasparenza assoluta, come d'una gemma che nulla offusca, e ne ritrassero la morale elevazione, ammirabile in tutti e più che mai in Giacomo.
Adelaide Antici ebbe il premio che meritavano i suoi sacrifici: vide tornato pienamente in fiore il patrimonio dei Leopardi, e questo per opera sua, ma quante pene le amareggiarono questa gioia! Pianse, morti in giovane età, il suo Luigi e il suo Pier Francesco; e, quantunque la rassegnazione, ch'ella credeva dovere di donna cristiana, le facesse piegare umilmente il capo ai voleri della Provvidenza, sarebbe ingiusto negare il dolore di questa madre, che ci è dipinta inginocchiata, pregando fra le lagrime nella camera vicina a quella dove stava per spirare l'ultimo figlio rimasto a la sua casa (ultimo se si pensi che Carlo non ne faceva quasi più parte e di più non aveva prole), di questa donna che a l'annunzio de la sventura, cui non sapeva ancora credere, scoppia in violenti singhiozzi e vuol poi prestare ella stessa colle mani tremanti gli estremi uffici al suo caro perduto. Ella vide sola nel mondo la sua Paolina, perdette il marito, due nipoti; e quel Giacomo, che le aveva dato pel primo il nome di madre, fu perduto per lei più che gli altri, morto solo, lontano e senza fede.
Il prof. Filippo Zamboni nel 1847 visitava la casa Leopardi: vide i manoscritti del poeta ed entrò nella camera ove questi era nato: Adelaide, maestosa nella persona, austera, coi capelli candidissimi, era ritta in piedi dinanzi ad un gran letto. Accennando ad un ritratto di Giacomo, il professore esclamò con entusiasmo: «Benedetta colei che in te s'incinse!»
Ella, rimasta immobile, levò solo gli occhi al cielo, esclamando: Che Dio gli perdoni! «Dunque la madre di Giacomo Leopardi non lo credeva fra i beati! Non v'è giorno ch'io non ci ripensi ancora con terrore,» scrive lo Zamboni, vinto da la sua commozione. Ma in quella risposta c'è forse tutta l'anima della contessa, co' suoi cupi terrori religiosi, che le amareggiarono le più pure sorgenti de gli umani affetti, che l'agghiacciarono dinanzi a l'immagine d'un Dio di spavento, non di misericordia. «Che Iddio gli perdoni!»; io credo che in queste parole ci fosse un profondo dolore e un amore profondo, un barlume de l'intima tragedia di cui il secreto fu portato nella tomba da l'austera contessa, sdegnosa del mondo.
Ella morì il 2 agosto 1857. Carlo, passate le giovanili intemperanze, dettava per lei una pietosa epigrafe, in cui la chiama «insigne per pietà ed affetto coniugale, mirabile nel ristorare l'economia domestica: con sè avara, premurosissima per la famiglia».
* * *
La critica leopardiana si è affaticata indefessamente a discutere e a ricercar notizie intorno ai genitori del grande Recanatese, ed avida del vero, ha raccolto ogni minuzia, conscia che talora anche le minuzie possono riuscir utili o gradite: tutto quel che ha potuto ha raccolto e narrato: da le piccole malizie cui, per aver danaro ad insaputa della moglie, ricorreva Monaldo, come il vender di nascosto grano o vino d'accordo coi castaldi, il far creder alla contessa d'aver comperato e di dover quindi pagare libri che prendeva invece dalla propria biblioteca per mostrarglieli; a le rampogne di lei per la minima spesa, fosse pur quella d'una maglia di lana, cui ella non avesse prima consentito, ai mantelli dei ragazzi divenuti troppo corti e allungati con due palmi di pelone. E pure molto e molto si desidererebbe di conoscere ancora intorno a lei; quanto si sa è forse il peggio, non il buono de l'anima sua, le esteriorità meschine de l'esistenza, piuttosto che l'intima vita. Giacomo, il quale non ignorava affatto come la vera padrona e quindi l'arbitra della sorte dei figli fosse lei, Giacomo, che nella piena del suo dolore si lasciò spesso sfuggire pungentissime parole contro il padre, tacque di Adelaide, in cui non aveva trovato una madre secondo il suo cuore, ma sentiva un'anima vigorosa; sentiva forse nella grandezza del proprio spirito anche qualche cosa che gli veniva da lei.
NOTE.
1. Vedi F. Tribolati, Il Leopardi e la sua famiglia (nel Fanfulla della Domenica, 24 luglio 1881).
2. Vedi E. Costa, Lettere di Paolina Leopardi a Marianna e Anna Brighenti. (Parma, Battei, 1888; in 16º, di pagg. XIX-308.)
3. Vedi C. Antona Traversi, Studi su G. Leopardi. (Napoli, Detken, 1887; in 16º, pagg. VIII-363, pag. 54.)
4.