Nella nebbia. Sperani Bruno. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Sperani Bruno
Издательство: Bookwire
Серия:
Жанр произведения: Языкознание
Год издания: 0
isbn: 4064066068585
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distrarmi: era buono, carezzoso. Oh! egli la sa fare bene la carità a sua madre! Ma è sempre una limosina di affetto che non basta a saziare il mio cuore.

      Sono esigente, ma non posso cambiarmi.

      Giannina è stata insopportabile, e tanto Sofia che Ernesto erano in continua ammirazione delle sue gesta.

      Come sono pazienti gli uomini quando l'amore li domina! Io però non sono stata amata così, mai mai. Oh! ma vi sono forse al mondo uomini capaci di amare come mio figlio?!...

      ················

       30 Gennaio 1881.

      Antonio è ammalato. Molto ammalato.

      Quanto ho pianto oggi!...

      L'amavo dunque ancora un poco? Povero vecchio!... Mi ha chiamata accanto a sè, e mi ha dette certe cose... Mi ha commossa, mi ha sconvolta.

      Chi avrebbe creduto ch'egli leggesse così bene in fondo al mio cuore?

      Mi ha chiesto perdono di avere vissuto troppo, di non avermi lasciato un po' di giovinezza libera di consacrare ad un uomo più adattato a me... ad un uomo che potesse darmi ancora un po' di vita, un po' di amore.

      Io protestai singhiozzando. Sentivo dentro di me uno struggimento, una tenerezza, che forse non ho mai provato per lui, povero Antonio!...

      Accarezzandomi con quel fare paterno, che gli è sempre stato famigliare, egli prese a dirmi:

      — Sei sempre bella, sai. Potresti amare ancora, e, quello che importa, essere amata!...

      E siccome io lo scongiuravo di smettere, di non dirle quelle cose, egli concluse sorridendo:

      — Oh! lo so, lo so, sei troppo virtuosa, troppo saggia... È una disgrazia!

      Finalmente si assopì.

      Io mi chinai su lui e lo baciai sulla fronte.

      Il medico dice che durerà un pezzo. Dio voglia! Io non mi stancherò di assisterlo.

      ················

       26 Luglio 1881.

      È morto! Finito anche lui.

      Siamo stati ai funerali: l'abbiamo visto cremare... Non c'è più. L'essere vivo, che pensava, parlava, soffriva, amava, non è più che una cosa informe: un mucchio di cenere ed ossa. E tiene così poco posto!

      Io non mi sono mossa da quella terribile sala. Quattro ore di seguito. E allorchè l'hanno tolto dal forno per deporlo nell'urna, e le ossa biancheggianti si scomposero..

      Oh! l'atroce spettacolo!... Eppure, io sono stata a guardare con gli occhi asciutti, mentre Ernesto e Sofia lagrimavano.

      Un pensiero fisso dominava la mia angoscia e il terrore. Quando toccherà a me, quando?... Questo solo pensavo.

      Ora sono più inutile che mai. In questi ultimi mesi ho creduto di rivivere: avevo lui da assistere, da vegliare. Mi sentivo necessaria. Ora è finita. La mia inutilità è più manifesta che mai, e il suo peso mi schiaccia.

       Indice

      Una diecina circa di grandi piante ricche di frondi sorgevano nel vasto cortile, mitigando l'arsura e l'intenso calore che le pietre esalavano dopo una lunga giornata di sole.

      A due, a tre, a frotte, i vecchioni scaturivano dal fondo del portico che si apriva sul cortile con grandi arcate a tutto sesto.

      Venivano, le donne da una parte, coi grembiali bianchi, le pezzuole bianche incrociate sul petto; gli uomini dall'altra, colle loro giubbe a coda di rondine e i berrettini a visiera.

      Chi strascicava i piedi, chi tossiva, chi pareva piegato in due, chi si teneva rigido, intirizzito per non perdere l'equilibrio.

      Qua e là alcune figure svelte, robuste, non domate dagli anni, nè dalle sventure, uomini imponenti, di aspetto nobile, dall'espressione concentrata, come rinchiusi in un pensiero, nella contemplazione di una imagine interna, lontana, vivi materialmente, e già fuori della vita con tutta l'anima, — solitari in mezzo alla folla dei rimbambiti, dei burloni, degli egoisti raffinati o grossolani, degli indifferenti, degli ebeti....

      Le donne parevano assai più uniformi, come se la vecchiaia scendesse più livellatrice sulle femmine, forse per la vita meno variata, più chiusa, meno soggetta a grandi travolgimenti: tra esse non si vedeva quasi nessuna figura eccezionale: tutte piccolette, come raggricchiate, secche, umili.

      Era l'ora della passeggiata dopo l'ultimo pasto.

      Venivano a prendere una boccata d'aria, passeggiando sotto alle piante, o seduti sulle panchette: avevano mangiato e bevuto ed erano nel miglior momento della loro giornata. Anche la stagione li aiutava.

      Chi aveva ancora un po' di sangue e di midollo, si sentiva come un barlume di gioventù. Le vecchie amicizie rinverdivano, qualche simpatia si manifestava, con certe timidezze inconscie, certe squisitezze, a cui non avevano forse mai pensato da giovani.

      Si scambiavano dei piccoli doni: il tabacco da naso e da fumare, le pastiglie per la tosse, le frutta e i dolci che ricevevano in dono dai parenti o da qualche amico di fuori.

      Certe povere donne, avvezze a bere acqua tutta la vita, tiravano fuori una bottiglietta in cui avevano messo il loro bicchier di vino e la porgevano al loro miglior amico.

      Una di queste, una veccchiettina sottile, dai folti capelli tutti bianchi, dal viso affilato e gli occhi dolci — una di quelle faccie che fanno pensare a certe povere caprette malate e spaurite — traversò lentamente il portico e la corte per avvicinarsi ad un uomo che sedeva appartato sur un panchettino addossato ad un tronco. Era anche lui un vecchio asciutto, malaticcio, ma alto, dalla ossatura forte e ben proporzionata; e negli occhi e nelle linee della bocca aveva una espressione di intelligenza e di tenacità.

      Un'aria di superiorità inconsapevole traspariva da tutta la sua persona.

      — Come va, Sandro, oggi? Poco bene mi pare, eh?...

      C'era in questa voce di donna vecchia una gran soggezione, appena mitigata da una espressione di umile affetto, e una gran dolcezza.

      Egli non rispose subito. Senza togliersi la pipa di bocca masticò una bestemmia.

      — Sempre questa maledetta ferita che si rifà viva!

      Ella sospirò. Lentamente cavò dalla borsa che aveva infilata nel braccio una piccola bottiglia piena di vino.

      — C'è anche quello del desinare — disse con un sorriso.

      Egli prese vivamente la bottiglia e tracannò il vino, mentre la vecchia lo guardava con manifesta soddisfazione.

      L'uomo, quand'ebbe bevuto, rese la bottiglia e si rimise a fumare rispondendo per monosillabi alle domande che lei andava facendogli senza inquietarsi di quel contegno, nè aversi a male delle tronche risposte.

      Era quello il fare del suo uomo nei giorni torbidi, dopo le tante disgrazie, le persecuzioni, la morte dell'unico figlio, portatogli via da una palla austriaca; la brutta miseria, i malanni!...

      Erano anche stati separati un bel po' di tempo, ma non per mal volere, tutt'altro! Non avevano casa, non avevano roba; lei era a padrone; lui campava facendo dei piccoli servigi... come dovevano fare a stare insieme?...

      Finalmente, quand'era piaciuto a Dio, si erano ritrovati in quella «casa grande» dei poveri vecchi, e rivivevano in pace, come quarantotto anni addietro, quando il suo Sandro l'aveva sposata, con tutto che lui fosse un signore — il signor maestro comunale di Limito — e lei una povera contadina... niente brutta per altro!...

      Ella raccontava queste cose alle sue compagne, ridendo e sospirando, con una sorta di ironia intenerita, propria di certe vecchiette.

      E le compagne che l'ascoltavano con