Nella nebbia. Sperani Bruno. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Sperani Bruno
Издательство: Bookwire
Серия:
Жанр произведения: Языкознание
Год издания: 0
isbn: 4064066068585
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di quel complimento. Nel mio ambiente borghese passava per un genio. Io, già, ero, prima di tutto, una sciocchina; non capivo niente, e tutto quello che si diceva intorno a me dalle sciocche mie pari mi pareva vangelo.

      Del resto, se non avessi avuto un figliuolo come Ernesto, certe cose non le avrei capite mai. Ernesto, sì, è un vero ingegno; un ingegno di prim'ordine: un vero uomo superiore. È lui che ha fatto la mia educazione — l'educazione di una donna nel nostro mondo è quasi sempre da rifare — fu lui che mi ha insegnato a capire, a pensare.

      Da principio, certe volte, mi urtava, mi feriva, col suo disprezzo per tante cose che io credevo intangibili. Ma poi, che luce!... E che piacere di essere salita con lui a quelle altezze!

      Grazie all'intimità in cui si viveva, egli mi diceva tutto; i problemi che turbavano il suo spirito; le scoperte che lo entusiasmavano. Se non capivo subito, andava in collera. Ma subito dopo si metteva a spiegare con pazienza angelica. E diceva che ciò gli era utile, perchè, spiegando quelle difficoltà a me e dovendosi servire di parole semplici e chiare, le capiva meglio egli stesso.

      Che bei giorni abbiamo passati così, che begli anni!...

      Sventuratamente, man mano che il figlio saliva e mi portava in alto con sè, il padre scendeva, scendeva, e spariva dal mio orizzonte come un astro che tramonta. Oh! se avessi saputo quale triste avvenire, quale gelida solitudine mi apparecchiavo!... Dacchè Ernesto ha conosciuto Sofia, è toccato a me il discendere.

      Se mio marito ha sofferto del mio distacco, può consolarsene ora: suo figlio l'ha vendicato.

      Quanto ho sofferto! Quanto soffro... Sofia ha una cultura quasi maschile: una intelligenza limpida; un'indole nervosa, a scatti; una mente solida di pensatrice.

      È merito suo, ma anche dell'ambiente in cui è vissuta: degli studi che ha fatti.

      Se fossi stata educata anch'io liberamente, e istruita come lei fin dall'infanzia...

      Oh! i se non contano! Le supposizioni che non si possono verificare non hanno valore.

      La realtà sola conta nella vita: quello che è, non quello che sarebbe stato. E la realtà è che, dato un uomo come Ernesto, Sofia è forse la sola donna che potesse renderlo felice.

      Ed io sono disperata perchè mio figlio è felice?...

      Oh! no!... Non è vero!

      La sua felicità è stata sempre l'unica meta de' miei desideri.

      Purchè duri però... purchè quella donna superiore sappia, poi, essere una brava donna di casa, una buona moglie: purchè non lo tormenti con le sue saccenterie e le sue esigenze. Purchè il mio povero figliuolo, tanto buono, non si trovi schiacciato dal carattere fiero e maschio della moglie e dai capricci della figliastra!

      ················

       30 Giugno 1880.

      Io non ho più nulla: nulla da fare nel mondo. La mia parte di creatura utile è finita. Come moglie... Se mio marito fosse solo, se io fossi morta, andrebbe a stare con loro, e starebbe meglio. Due uomini possono sempre vivere in una casa con una donna sola: due donne portano la discordia, o si consumano secretamente.

      Come madre... La verità cruda è che sono un impiccio, un terzo incomodo. Non accuso nessuno: Sofia è buona; Ernesto mi vuol bene. Ma la vita di mio figlio non fa più parte della mia: si svolge e si appaga lontano da me. Di me non ha più bisogno. E se io non gli nascondo tutto quello che soffro, non sarò per lui che una causa di tormento e di affanno.

      Sono inutile e sto forse per diventare dannosa....

      ················

       15 Settembre 1880.

      Mi sono voluta privare anche di questo sfogo dello scrivere le mie lamentazioni. Forse è uno sfogo morboso.

      Ma oggi ci ricasco. Non posso chiudermi tutto dentro. Questo scarabocchiare che faccio, mi dà l'illusione di parlare con qualcheduno. Ritorno bambina... Fossi almeno tanto vecchia da rimbambire davvero!... Ho paura di me stessa e ho bisogno d'ingannarmi.

      Oggi sono stata sul punto di raccontare tutte le mie miserie a un estraneo... Peggio che a un estraneo, a lui, a Anselmo!

      C'incontriamo un po' spesso, mi pare. Mi cercherebbe forse?... Non credo. Io già vado in volta per le strade come un'anima in pena. Ho l'irrequietudine addosso.

      Oggi ero uscita con l'idea di fare qualche visita. Poi mi è passata la voglia di entrare in una casa, per ritrovarvi la solita gente, le solite faccie e i soliti sorrisi stereotipati: per fare i soliti discorsi... e sentirmi dire, per esempio, dalla Nina Gaggioli — che non ha mai capito niente —

      — Sei stata furba tu a non volere la nuora in casa; diventi sempre più giovine!... — e altre simili baggianate.

      Così, non sentendomi la forza di affrontare le noie di un salotto, sono andata su e giù per le strade, sempre a piedi, col bisogno di stancarmi.

      In via Montebello ho incontrato Anselmo. Credo che giri anche lui come me per disperazione. Mi ha salutata e abbiamo scambiate alcune parole.

      Quasi senza accorgerci abbiamo continuato a camminare insieme, e, a poco a poco, non so più come, lui mi ha raccontato la sua grande miseria. È proprio vero quello che mi avevano detto: sua moglie è rimasta una villana. Lo tormenta e lo disonora... e lui tace. Tace perchè ha paura dello scandalo e paura dei parenti di lei, vere canaglie che son sempre là a spillargli i quattrini e pronti a minacciarlo. Proprio come quando gliel'hanno fatta sposare. Ma lui non sa che io conosco la vera storia: me ne sono accorta dai suoi discorsi.

      Crede che io sia rimasta alla vecchia versione: la testardaggine di mio padre. Oh! non l'ho mai creduta quella fandonia. Mio padre non avrebbe mandato a monte il nostro matrimonio, senza un grave motivo. Mi ricordo ancora come era triste, povero babbo!... La colpa è stata tutta di Anselmo... o del destino. Se ci avessero maritati subito, forse non succedeva. Ma io non avevo che sedici anni ed ero una vera bambina.

      Il mio amore era tutto sogni e poesia. E Anselmo che studiava pittura passava il tempo, troppo lungo, con una modellina bionda...

      Una sera, mentre usciva di casa mia, col cuore ebbro d'amore e il cervello pieno di fantasie celestiali — come diceva lui — due manigoldi l'assalirono, intimandogli di sposare la loro sorella disonorata, altrimenti... gli avrebbero messo «i busecch al coll». Ed erano faccie da tener la promessa.

      Lui ebbe paura... miserabile paura!

      Un vigliacco, in fondo. Non sarei stata felice, no, neppure con lui.

      Meglio Antonio; almeno è un gentiluomo! Antonio sarebbe morto piuttosto che avvilirsi a quel punto. Povero uomo! Se fossi come lui, se potessi sprofondarmi nell'egoismo senile, contenta di vegetare tranquillamente, ci si potrebbe ancora intendere. Ma non è possibile. Questi ventitrè anni che corrono tra lui e me ci hanno separati tutta la vita; e io non potrò varcarli mai tutti di un colpo!

      È desolante. Viviamo insieme e non siamo che due solitari che s'incontrano a ore fisse, senza uscire dalla reciproca solitudine. Colui che riempiva talvolta l'immenso vuoto ha altro da fare ora!....

      ················

       3 Gennaio 1881.

      Abbiamo cominciato l'anno insieme nella villa di Sofia, sul lago. Una bella villa. Abbiamo avuto un tempo incantevole, una giornata primaverile, senza quel non so che di snervante per cui non ho mai amata la primavera. Il bel sole invernale dorava i monti; e l'acqua azzurra e tersa prendeva dei toni caldi, dei riflessi di porpora.

      I miei compagni godevano, erano felici tutti; dalla instancabile Giannina che s'arrampicava da per tutto, a quell'apata di Antonio che si crogiolava beatamente al sole.

      Io sola mettevo un'ombra nel quadro. Mi ero promessa di essere allegra; di godere quella bella giornata con la mia famigliuola. Inutile.

      Il mio viso si oscurava involontariamente, e non riescivo