«Nè il Piemonte dissentiva punto da aderirvi: a condurre le trattative veniva mandato da Torino, negoziatore straordinario, il Deputato Ferdinando Rosellini, uomo di mente sveglia e di arguti consigli. Sola obiezione mossa da lui era il mandato che egli pretendeva limitato non solo ai Commissarii piemontesi, ma bene anche ai toscani; questa limitazione poi consisteva in due cose: 1º nel tenere per accetto il Regno della Italia Superiore composto di Piemonte, Lombardia, Venezia, Modena e Parma, e casa di Savoia sovrana; 2º nel conservare Pontefice, Granduca, Re di Napoli in Italia. Per questo modo il limite del mandato, in quanto concerneva Carlo Alberto, riguardava due scopi, il reame e il regnante; rispetto agli altri Principi accennava alle persone soltanto; per gli Stati poi non dissentiva che potessero eventualmente stringersi od allargarsi. Breve, non voleva mettere in compromesso quanto si augurava conquistare, anzi prima della conquista esigeva la ratifica degli altri Stati Italiani. Il sig. Montanelli, fermo nel suo sistema, procedeva onninamente contrario; mandato illimitato pretendeva, e per tutti i Deputati e per tutto, così per le cose come per le persone. Conciliando io, nella impossibilità di far cedere il sig. Montanelli sul punto del mandato illimitato, lo richiamava a considerare quanto esorbitante fosse la pretensione d'imporre per parte sua le norme del mandato agli altri Principi italiani; come questi non avrebbero mai consentito la Costituente, se vi avessero ravvisato minaccia o pericolo; e per siffatto modo chiudere egli la porta alla possibilità di vedere attuata quella Costituente, che pure era stata bandita da lui; correrci anzi tutto il dovere di essere coerenti al programma, il quale aveva promesso che la Costituente non sarebbe stata causa di lite, ma sì all'opposto di concordia fra gli Stati Italiani: gli bastasse il mandato illimitato pei nostri Commissarii; questo egli avere promesso; questo solo avere potuto promettere, però che gli altri non dipendessero da lui: il suo onore essere salvo, e doversene stare pienamente tranquillo. Dall'altra parte richiamavo il Negoziatore sardo ad avvertire che, com'egli trovava strano che Montanelli presumesse dettare le condizioni del mandato ai Commissarii piemontesi, così al Montanelli dovesse sembrare nuovo ch'egli ai nostri le assegnasse; il sig. Montanelli persistere a credere il suo onore impegnato in questa promessione, nè rinvenire modo di recederne, se non dimettendosi dal suo Ministero, avvenimento che il Negoziatore stesso non pareva desiderare; ora le cose del mondo, quando e' non si possono fare come si vorrebbe, si hanno a fare come le si possono; ed io mi sarei ingegnato a piegare il Montanelli a questo, che mantenendo il mandato libero ai Commissarii toscani si contentasse che agli altri fosse conferito limitato. Inoltre, io mi legava per fede a dare istruzione ai Commissarii nostri, che al partito della maggiorità senza obietto alcuno immediatamente aderissero. Così, aggiungeva io, si concilia ogni differenza; il sig. Montanelli mantiene la promessa, e i Commissarii riuniti esibendo prima di tutto i mandati, circoscrivono i limiti e pongono le basi sopra le quali hanno ad aggirarsi le trattative. Un'altra considerazione mi muoveva a consigliare così, ed era, che quantunque andassi persuaso, che il mandato illimitato non fosse mai per nuocere all'A. S., ma piuttosto giovarle, pure questa mia persuasione studiava assicurare con quelle guarentigie che mi era dato conseguire maggiori.
«Lo Inviato sardo parve penetrarsi di queste mie considerazioni, e dichiarò scriverne al suo Governo. Io ho motivo di credere che ci saremmo trovati d'accordo, sebbene rimanesse a spianare la difficoltà relativa al Regno della Italia Superiore, la quale avevo lasciato sospesa onde sembrasse che in qualche punto cedessimo, ma disposto a consentirlo per due ragioni, una migliore dell'altra; la prima, perchè al contatto di due Potenze principali era necessario per la indipendenza d'Italia porre uno Stato forte; la seconda, perchè quando Carlo Alberto se lo fosse acquistato, chi sarebbe stato quegli che glielo avrebbe potuto contrastare? Certamente non noi.
«Considerando la seconda ipotesi della vittoria austriaca, la quale si è verificata, nemmeno mi pareva inutile nel futuro interesse del Trono Costituzionale toscano il merito di avere proclamato primo la Costituente italiana. Se la vita umana è breve, brevissima è la ministeriale; quindi non parrà cosa strana nè forte che i Ministri, secondo le facoltà dello ingegno loro, si addentrino nei tempi che verranno, e su gli eventi probabili discorrano.
«Vincendo Austria, era a credersi che i Trattati del 1815 sarebbono stati mantenuti in Italia, se pure se ne contentava. Ma pensando così diceva: le durerà eterna la buona fortuna? Dopo la vittoria rimarranno spente le cagioni della guerra in Italia? Non credo; anzi sorgeranno maggiori: mutabilissime sempre le vicende umane; le battaglie sono un giuoco di zara dove invece di dadi gittiamo anime umane, e il chiodo alla ruota della Fortuna nè uomo nè Popolo hanno posto fin qui. A noi, che vedemmo il tremendo tramutare delle sorti da Napoleone in poi, e non siamo vecchi, nessuno venga a sostenere immortale la opera degli uomini. Propone l'uomo, Dio dispone. — Pongasi Austria trionfante delle angustie nelle quali adesso si trova, e delle guerre italica ed ungherese; poserà forse tranquilla? È da dubitarsi. I Magiari parteggiarono in prima per lo Impero a danno dei Popoli slavi; se ne divisero quando alla superbia