Ma in quanto alla offerta del Montanelli per formar secolui parte del Ministero, mi schermiva adducendo di varia sorta ragioni, imperciocchè tanto più mi sembrasse dovermi ostinare nel rifiuto, in quanto che riputava il suo disegno esorbitante. Però egli e gli altri mi stavano attorno con preghiere, e con parole che stringono più veementi delle preghiere, intendo dire il dubbio della sincerità della riconciliazione, se a ricusargli il mio consenso persistessi: tuttavolta nemmeno per queste fervorose istanze accettai; mi riservai dare risposta dopo avere conferito col Principe, che mi fu detto aspettarmi.[113]
Infatti S. A. mi aspettava. Di questo colloquio basti adesso riferire, che innanzi tutto supplicai il Principe a dichiararmi s'egli intendeva eleggermi Ministro di sua piena ed assoluta volontà; alla quale richiesta sotto la sua fede mi assicurava eleggermi di sua piena e liberissima volontà alla carica di Ministro. In altra occasione, pregandolo io ad essermi più largo della sua fiducia, il Principe in suono di mite rimprovero: «E non le detti prova di fiducia, rispose, quando l'assunsi all'alto grado che occupa?» E penso non ingannarmi affermando, che S. A. mi dicesse eziandio il marchese Gino Capponi essere stato mio promotore presso di lui, e Lord Giorgio Hamilton avere proposto con istanza, che a me la presidenza del Consiglio affidasse, la quale cosa mi venne confermata più tardi dallo stesso onorevole Lord.
Ora come può sostenersi, non dico criminalmente ma onestamente, che io pervenissi al Potere con mezzi riprovevoli, e più ancora che il Principe mi eleggesse sforzato dal timore della guerra civile? L'Accusa dunque intende smentire la parola del Granduca? Chi di noi due è il temerario? Io, che su la fede data dal Principe mi appoggio, o l'Accusa che questa fede disprezza? — E poniamo pur vere le manifestazioni a mio favore di Livorno, di Arezzo e di Lucca; forse non accade sovente nei liberi paesi acclamare o disapprovare il Ministero, e tale chiedere che sia innalzato, e tale altro dimesso? Intanto si prova come le dimostrazioni livornesi, che per certo dovevano apprendersi come le più stringenti, fossero esposte al Principe dentro i limiti costituzionali di semplici espressioni di desiderio;[114] quelle poi di Lucca e di Arezzo tanto avevano virtù di muovere gli animi a Firenze, quanto la nebbia dell'anno passato: e stando all'Accusa, la Deputazione fiorentina non pure non instò per avermi Ministro, all'opposto pose quasi per patto al Montanelli, che da me più che da viperino sangue aborrisse. Dunque come io arrivassi con mezzi riprovevoli al Potere, se l'Accusa non ce lo spiega, riuscirà davvero malagevole intendere; — finalmente il Principe, anzichè patire violenza, avrebbe potuto e saputo allontanarsi[115].... Ma io mi vergogno andare in cerca di argomenti là dove la fede del Principe mi assicura. Anche una volta lo intenda l'Accusa, dalle labbra reali uscì la parola, che mi diceva eletto con grato e libero volere; questa parola rispetti. E se l'Accusa non mi fosse proceduta così acerbamente nemica, forse poteva conoscere, che se io alla fine accettai, e' fu per salvare chi incauto troppo si avventurava a perigliose fortune! — Altra parte importantissima del mio colloquio con S. A. riferirò più tardi.
Avendo acconsentito a formare parte del Ministero Montanelli, considerando la ragione dei tempi e gli umori dei Popoli, conobbi come noi fossimo eletti quasi argine estremo allo irrompente precipitare della Europa verso la Repubblica. Disposto a combattere pel Principato Costituzionale come quello che sapevo essere unico desiderio della massima parte del Popolo toscano, m'ingegnai formare un Ministero capace a sostenere la tempesta, raccogliendo gli uomini meglio cospicui del Partito Costituzionale. A questo scopo con buoni argomenti, che menerebbe troppo in lungo esporre, persuasi il Sig. Montanelli a offrire la presidenza del Consiglio al marchese Gino Capponi; nè la pratica si rimase sterile consiglio, chè egli andò a farne ufficio presso il Marchese; se non che riuscite vane le premure, Montanelli tornava riportando a me, e a parecchi onorevoli cittadini, che con non mediocre ansietà attendevamo: «con grato animo avere accolto il Sig. Capponi questa dimostrazione di stima per lui; doversi però astenere dallo accettare per cagione di salute; promettere ad ogni modo il suo appoggio al nuovo Ministero;» e questa promessa veramente mantenne.
Del marchese Ridolfi per essere assente, e per altri rispetti, non era a parlare. Il barone Ricasoli aveva poco anzi fallito nella composizione di un Ministero, nè ci procedeva favorevole; con tristo presagio mi convenne deporre il pensiero di guadagnarci persona la quale rappresentasse a un punto la nobiltà fiorentina e la parte più conservatrice della Camera. Tentammo il Professore Eliseo Regny per la Finanza, ma anch'egli allegando la incerta salute ricusava. D'Ayala, onoratissimo personaggio e di virtù antica, era ed è illustre in Italia per fama di dottrina, e per moderati consigli. Franchini, gentiluomo di buone lettere, zelante della patria, probo, e mite. Mazzoni, piuttosto rigido osservatore della onestà che ordinariamente onesto. Adami, dal braccio traboccante dell'Accusa fu misurato, e rinvenuto giusto di misura! E credo che cotesto egregio uomo, anche in questo momento,
Uscito fuor del pelago alla riva
Si volga all'acqua perigliosa, e guati.
Egli, compiacendo ai miei desiderii, sagrificava alla patria non poco, lasciando i negozii floridissimi della sua Banca, reputata meritamente sostegno del Commercio livornese. Ed ecco come fu composto il Ministero contro il quale la dignitosa Accusa e schietta avventa il torchio di cera gialla acceso in fuoco di maladizione gridando: anathema sit![116] Pertanto io penso potere con sicurezza concludere, che legittimamente ascesi al Potere al pari di ogni altro Ministro venuto al mondo con la grazia di Dio, essendovi stato chiamato in virtù dello esercizio liberissimo della prerogativa reale.[117]
X.
Costituente.
Parliamo della Costituente. Innanzi tutto fa di mestieri sapere come nella prima conferenza che ebbi con S. A. io le domandassi quali dovevano essere le condizioni del Ministero. Il Granduca rispondeva interrogando: «E non gliele ha esposte il sig. Montanelli?» — «Sì certo, replicai, me le ha esposte; ma io desidero udirle confermare dalla bocca dell'A. V.» Allora il Granduca stesso, con le sue labbra, mi dichiarò, programma del nuovo Ministero sarebbe stata la Costituente del sig. Montanelli, — e questo mi disse senza ambagi, assoluto, non parlando punto di condizioni, o di riserve. — Rimasi percosso; e mi ricordo avere soggiunto: «Altezza, io soprattutto mi studio essere onesto.» E il Granduca: «Ed io pure sono tale.» — «Non vi ha dubbio, ripresi, e quindi non devo astenermi dal cerziorarla che l'A. V. può correre eventualmente il risico di perdere la corona con la Costituente del sig. Montanelli; ora mi permetta, Altezza, che io le domandi se ella ha bene pensato a queste accidentalità.» — «Io ci ho pensato, replicò S. A., e quantunque io fossi parato anche a questo per benefizio del mio Popolo, pure, a parlare schietto, non lo temo, perchè la mia famiglia ha bene meritato della Toscana, ed io penso, ai meriti paterni avere aggiunto qualche cosa di mio; laonde il Popolo consultato non vorrà scambiarmi per un altro, e credo che voterà pel Principato Costituzionale e per me.» — «Lo credo ancora io, ripresi; ma era mio dovere avvertirla;» e ammirando la fiducia del Principe, e volendo come per me si poteva corrispondervi in quel punto stesso, continuai: «Non era da aspettarsi meno dal suo cuore; ma se (e qui con l'atto della mano accompagnai le parole), ma se per mutate vicende V. A. avesse a pentirsi della consentita Costituente, ora per allora la prego a volermelo confidare, chè io le prometto