—Questo pollo, questo pane, rispose Joseph colla massima pacatezza, sono fuori di commercio. Calcolando a 7 giorni la nostra reclusione forzata, tu vedi, caro Franz, che qualora ti cedessi una parte di queste provvigioni, non farei che rischiare la mia vita, senza speranza di salvare la tua. Permetti dunque che io riponga questa roba.—Essa è destinata all'uso e consumo del mio individuo, nè io consentirei a privarmene, quand'anche tu mi offrissi tutto l'oro delle Indie. Ma via! sta di buon animo, caro Franz. Nel mio sacco c'è un'altro cappone, non meno bello non meno grasso di quello che io riserbo alla mia mensa; c'è un'altra pagnotta comasca ancora intatta. Era appunto mia intenzione, tornando al paese, di aprire negozio di commestibili... Tanto fa che io cominci il mio traffico da questo momento... La bottega non è di lusso, ma in compenso l'affitto non costa nulla. Se gli affari andranno a seconda, ci metteremo più in grande. Questo macigno sarà il mio banco, questo sacco il ripostiglio delle merci, la mia cassa forte, il mio tutto. Non ti pare, caro Franz, che questa volta la mia impresa sia basata su quei principî di economia, che tu mi andavi predicando durante il viaggio?
Sul volto di Franz si disegnavano delle grinze spaventose. Quell'uomo tremava di indovinare... tremava di comprendere.
Frattanto, Joseph avea estratto dal sacco il cappone e la pagnotta, e dopo averli collocati in bella mostra sovra un sasso sporgente dal terreno, s'era messo a gridare allegramente: Avanti, signori! entrate nel restaurant americano! chi ha tempo non aspetti tempo! dejeuners... e pranzi alla forchetta al massimo buon mercato!
Franz fissava i commestibili con occhi da basilisco... Per qualche tempo egli non osò aprir bocca.
Alla fine, come uomo che si decide ad interrogare i misteri di un destino terribile, con voce concitata e cavernosa il povero affamato proruppe in queste parole:
—Eccole, signor trattore americano, un avventore che appetirebbe una coscia di pollo e una fetta di pane... Mi dica i suoi prezzi!
Joseph stette un istante sopra pensiero prima di rispondere. Indi, crollando la testa—mi spiace, disse a Franz, di non poter servire una persona così distinta e garbata. Nel nostro negozio non si usa vendere le merci in dettaglio.... Ella sa bene: pollo tagliato—pollo guastato, e così dica del pane. I compratori sono molto esigenti.... non vogliono saperne di avanzi... Il pane poi!... Si provi un poco ad esporre in mostra una pagnotta a cui manchi un morsello! Tanto basterebbe per togliere ogni credito al negozio.... Insomma...
—Insomma, interruppe Franz, ansioso di udire una volta la sentenza fatale; insomma, ella ha tutte le ragioni del mondo, signor trattore. Io dunque sono disposto, purchè nel prezzo si vada d'accordo....
—Oh quanto ai prezzi non la si dubiti... le faremo la maggior cortesia...
—Come dicevo, sarei disposto a comperare tutta intera la pagnotta, cedendo ad altri, più ghiotti o più ricchi di me, quel bellissimo pollo che davvero farebbe onore alla mensa di un principe.
—La signoria vostra non mi ha compreso, od io non mi sono spiegato bene, disse Joseph dopo un breve intervallo. Ella converrà meco, che, qualora io le cedessi il solo pane, il mio piccolo commercio ne sarebbe irreparabilmente pregiudicato. Una pagnotta può fare da sè, ciò è chiaro come il sole; ma il mio bel pollo arrostito perderebbe infinitamente del suo valore, se non mi fosse dato accompagnarlo con una razione competente di pane. Si presenta al mio banco un signore, un signore animato come lei dalle migliori disposizioni di stomaco... Il mio pollo gli fa gola... è disposto a pagarlo per quello che vale... Ma appena viene a sapere che nella mia bottega non c'è un tozzo di pane vendibile...
—Basta! basta!—replicò Franz colle sue note più rauche—quanto chiedi... per tutta la tua merce? Pondera bene la tua domanda, e bada che io sono uomo da lasciarmi morire di fame piuttosto che cedere a delle esorbitanze inumane e irragionevoli. Se è vero che in questa grotta non esiste altra bottega di commestibili fuori della tua, rifletti che difficilmente, quando io ti volgessi le spalle, tu troveresti qua dentro degli altri avventori.
—Non ti farò torto... sarai contento di me—riprese Joseph colla sua pacatezza sarcastica.—Alla fine dei conti, io vo debitore a te solo di quel poco di scienza economica, colla quale, aiutandomi Iddio, spero rifarmi in pochi mesi dei danni sofferti...
—Dunque! gridò Franz impazientito, questo prezzo...
—No! non intendo rovinarti...—Io mi limito a chiederti diecimila lire... per la pagnotta, e sono abbastanza discreto per cederti il pollo al prezzo di lire quarantamila—somma totale: cinquantamila lire.
—Era quello che mi attendeva! brontolò Franz, voltando le spalle al banco dei commestibili—ecco il frutto delle mie lezioni!
—Via! non vada in collera! si mostri ragionevole—insisteva Joseph colla sua flemma inesorabile.—Si provi a fare un giro sulla piazza. S'ella trova qualcuno che le offra i miei generi a prezzo più discreto, io sono pronto a regalarglieli senza esigere un quattrino.
—Fine alla commedia! gridò Franz al colmo dell'ira—se io ti ho insegnato che il profittare delle occasioni è sapienza da commerciante, saprò anche mostrarti che l'abuso conduce a rovina.
Joseph si levò dai taschini un piccolo oriuolo d'argento, e, dopo averlo consultato—è ora di chiuder bottega, disse sbadatamente—riponiamo le nostre merci... e vediamo di prender sonno.—Quanto a te, mio ottimo amico, profitta del lume per sceglierti il tuo letto—fra poco la candela sarà consunta, e fino a domani io non farò altre spese di illuminazione.
—Joseph!... mio amico.. mio compagno di infanzia...—esclamò Franz, raddolcendo la voce—dovrò io credere che il tuo cuore sia tanto indurito!
—Un mio ottimo amico e maestro mi ha insegnato, che in presenza della speculazione debbono sparire tutti i sentimenti e gli affetti... Buon riposo, Franz!.. La notte porta consiglio, e forse domattina sul fresco apprezzerai meglio la mia discrezione e i tuoi interessi.
Ciò detto, Joseph si fece guanciale del sacco dove eran chiuse le sue provvigioni, e, ravvoltosi nell'ampio cappotto, soffiò sulla candela.
Franz si gettò boccone per terra. Di là a pochi istanti sì l'uno che l'altro presero sonno.
Ma quello di Franz era piuttosto un letargo febbrile, anzichè un sonno benefico e riparatore. La respirazione affannosa, i gemiti, i grugniti, e più che altro le tronche parole lanciate nel buio, rivelavano le crudeli visioni di quello spirito travagliato.
Un poeta, non so quale, chiamò i sogni
Immagini del dì guaste e corrotte...
ma i sogni del povero Franz, piuttosto che immagini guaste, rappresentavano degli appetiti insoddisfatti.
Le parole che più spesso gli uscivano dalla gola erano; maccheroni! polpette! frittura mista! stufato! fesa di vitello! A giudicarne da quei spasmodici accenti, avresti detto che il povero dormiente stesse sfogliando, sotto l'incubo della fame divoratrice, una edizione del Cuoco piemontese o della Serva cuciniera.
Come un poco di raggio si fu messo nella grotta, Joseph si levò sui gomiti—accese spietatamente una candela, e, strappata un'ala dal suo pollo, si fece a mangiare del miglior appetito. Franz aperse gli occhi—vide—si fece livido...
Suo primo istinto fu quello di avventarsi al cappone che stava in mostra sul banco... Ma oltrechè Joseph era dotato di atletiche forze, e vi era pericolo a lottare con lui, Franz, dal suo lato, non era uomo da sorpassare a quei principii di giustizia e di onestà che formavano, malgrado la inflessibilità del suo genio commerciale, le basi del suo carattere.
I suoi occhi dilatati divoravano il cappone. Poi si chiusero—poi di nuovo si apersero... Alla fine, il povero affamato balzò in piedi, e gridò