La montanara. Anton Giulio Barrili. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Anton Giulio Barrili
Издательство: Bookwire
Серия:
Жанр произведения: Языкознание
Год издания: 0
isbn: 4064066072070
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è sana, e non c'è caso che sia male abitata: o se lo è qualche rara volta, si manda per il veterinario, la cui diagnosi e la cui terapeutica sono assai meno complicate di quelle del fisiologo, dell'antropologo e del moralista.

      La fanciulla dei Guerri aperse l'uscio di una stanza bene illuminata da due finestre alte, e dove, oltre la paglia sparsa sul pavimento, si vedevano lungo la parete alcune casette di legno.

      —Richiuda, la prego;—diss'ella a Gino, che l'aveva seguita.—Le mie bestiuole mi vogliono bene, ma sarebbero anche capaci di antepormi la libertà.

      —Cattive bestiuole, allora!—rispose il giovanotto.

      —Che vuole? Sono irragionevoli, e non intendono la loro grande fortuna;—replicò ella, dando in uno scoppio di risa argentine.

      —Come lo dice!—esclamò Gino.—Pare che non ne sia persuasa.

      —Anzi, ne sono persuasissima;—disse la fanciulla ripigliando la sua gravità.—Le mie bestiuole hanno fortuna davvero, perchè vivono qui ben riparate dalla neve, dalla pioggia, dai venti, con la sicurezza del cibo ogni stagione dell'anno, e senza alcun timore delle martore. Poi, hanno tutti i giorni un po' di foglie verdi, come ora. Vede? Anche nel cuore dell'inverno, perchè non ne manchino mai, si pianta l'insalatina dentro la stufa.—

      Mentre ella così parlava, erano escite dai loro abitacoli di legno parecchie coppie di conigli, tutti bianchi, senza la più piccola macchia di nero o di bigio, con gli occhi grandi e mobilissimi, i musi rosei, le orecchie lunghe e morbide. Vennero saltellando verso Fiordispina, ma videro quell'altro che si accostava anche lui, e scapparono tutti alla lesta. La fanciulla li richiamò, chinandosi a terra con le sue provvigioni, e quei graziosi animali, via via rinfrancati, tornarono, per avere la parte loro in quella distribuzione di foglie di cavolo. Brassica sativa, che diamine! Il nome latino sarà più difficile, ma un po' meno prosaico. E intanto che addentavano allegramente le foglie verdi, quei timidi animali si lasciavano correre la mano carezzevole di Fiordispina sulle orecchie e sul dorso. Uno di essi, certamente beniamino, si lasciò anche prendere di soppeso, ma senza abbandonare la foglia, che continuò a sgranocchiare tra le braccia della sua bella padrona.

      Gino potè ammirarlo anch'egli e carezzarlo un poco. Ma stando egli a così breve distanza dalla portatrice, vedeva anche molto bene la graziosa testina di lei e le ciocche morbide, ricciolute, finissime, che sbucavano fuori dalla cerchia gelosa del suo fazzoletto di seta. Aveva tralasciato di accarezzare il coniglio; taceva; non respirava neanche; forse aspirava le fragranze giovanili di Fiordispina. Le donne, lo sapete, anche stando ad occhi bassi, vedono, in simili casi, o indovinano tutto quel che succede. Fiordispina calò a terra il suo piccolo beniamino, che seguitò a sgranocchiare, come se nulla fosse; quindi, risollevata la persona, si tirò con molta naturalezza due passi indietro.

      —Dunque,—diss'ella, rompendo il silenzio,—le piace la mia famiglia?

      —Signorina,—rispose Gino, scuotendosi,—tutto ciò che la circonda mi piace.

      —Complimenti?

      —Io? Non so farne.

      —Badi; allora le vengono alle labbra spontaneamente.

      —Se lo dice per questa volta, badi anche lei, signorina: non è stato un complimento. Sarei disposto a provarglielo.

      —Sentiamo;—disse Fiordispina, senza levar gli occhi dalle sue candide bestiuole.

      Il conte Gino incominciò:

      —Che cos'è, prima di tutto, quello che la circonda? Le cure dei suoi, del babbo, delle zie, del fratello; non è vero? Ella ora mi permetterà di dirle, e mi crederà quando io le dico che queste amabili persone mi piacciono. Allarghiamo il cerchio intorno a Lei: viene la casa, ed io sarei un ingrato, se non amassi il luogo dove ho ricevuto una così gentile accoglienza, una così schietta e cordiale ospitalità….

      —C'è dell'altro?—interruppe Fiordispina.

      —Sicuro, perchè la cerchia s'allarga ancora;—rispose Gino.—Intorno a Lei, ai suoi parenti, alla, casa, ci sono le Vaie, c'è questa convalle così verde e così fresca, con le sue belle boscaglie, le sue cascate cristalline, il suo stupendo Cimone che fa la guardia lassù. Signorina,—conchiuse il giovane,—tutto ciò che la circonda è bello; sarà forse un complimento, e non un omaggio reso alla verità, il dire che mi piace?—

      Fiordispina rimase un istante sopra di sè, non sapendo che opporre a quella argomentazione serrata. Ma una donna, saprete anche questo, non può restare troppo a lungo senza ragioni con cui schermirsi da un attacco di parole.

      —Sì;—diss'ella, dopo quell'istante di pausa;—ma Ella non ha risposto alla mia prima domanda. Le parlavo de' miei conigli; se ne ricorda? Capisco;—soggiunse ella subito, non lasciandogli tempo a rispondere;—questa mia le sarà parsa un'occupazione volgare. Ma l'avverto, signor conte, che non ci sono solamente i conigli. Passeremo poi alle galline, ai colombi….

      —Ed anche ai buoi!—gridò Gino, interrompendo a sua volta.—Son belli anch'essi, e i loro occhioni umidi piacquero tanto ai Greci, che essi ne fecero una particolarità della bellezza di Giunone, della regina di tutti gli Dei. I buoi, si dice, non sono intelligenti. La cosa non è provata; ma, se anche lo fosse, che importerebbe? Questi animali sono operosi e buoni; vivono nel campo e per il campo; hanno la pazienza dignitosa, che non è facile trovare in altre bestie, e neanche tra gli uomini; formano parte integrante del paese, componendosi stupendamente con la sua prospettiva, e completano, direi quasi, il sentimento morale che sorge spontaneo dalla sua agreste bellezza.

      —Ho piacere che senta la poesia dei nostri monti, delle nostre convalli, com'Ella diceva poc'anzi.

      —E che crede, signorina? Che della poesia non ne nasca più, nelle nostre pianure?

      —Ah, bene!—esclamò Fiordispina.—Questa è una restituzione.

      —Per esser pari;—disse Gino umilmente.

      —E lo siamo ora;—rispose la fanciulla.—A me piace molto la sincerità.

      —In ogni cosa?

      —In ogni cosa. Perchè mi fa questa domanda?

      —Per aprirmi la via a fargliene un'altra.

      —Interroghi pure; son qua;—disse Fiordispina con quella sua gravità che mal nascondeva la voglia di ridere.

      —Orbene,—riprese Gino,—per la sincerità…. Ella non ignora che sono stato accolto dal signor Francesco come un figliuolo della famiglia. Fratello con Aminta, lo sono del pari con Lei. Per la sincerità, dunque, mia sorella Fiordispina dovrebbe dirmi una cosa.

      —Anche due.

      —Non sarò tanto indiscreto. Le domanderò solamente come passa la sua vita alle Vaie.

      —Ma…. Come vuole che la passi? Come la passerei dovunque: cioè molte ore del giorno in casa, a cucire, a curar le faccende di casa, a leggere, a suonare il mio pianoforte, e poi, mattina e sera, un pochettino a passeggio.

      —Ah sì!—disse Gino. Il passeggio…. Che passeggio può essere il suo, alle Vaie?

      —È bello anche qui, e piacevolissimo;—rispose la fanciulla.—Ci sono, sparse in questi dintorni, tutte le bellezze naturali che nelle città si ottengono a forza di imitazioni e d'artifizi. Stamane, andando a Querciola, non l'ha veduta, la cascata del Chiuso? Dicono che somigli tanto all'orrido di Varenna, sul lago di Como. E la salita del Poggio? Dev'essere una specie di Montagnola, col suo bel colmo all'aperto, meno la vista di Bologna nel basso.

      —E meno la gente a passeggio per i suoi larghi viali;—osservò il conte Gino.

      —Che importa?—replicò la fanciulla.—Si è più soli, qui, ma si è per compenso più liberi. Cerca la compagnia della gente chi ha ragione o desiderio di farsi vedere.

      —Per il desiderio, passi; ma la ragione, nel caso suo, ci sarebbe davvero. Ma lasciamo stare questi discorsi, che avrebbero l'aria di preparare un complimento….

      —Non hanno più l'aria;—interruppe