– Non devi ringraziarmi. So che non ti è mai piaciuto parlare di mio padre e che quando lo fai, finisci per sembrare una persona con disturbi mentali.
Il giorno dopo Monica svegliò presto Samuel e lo portò nella camera di Oscar.
– Al tre – disse Monica a voce bassa.
– D’accordo.
– Uno, due e… Tre!
Al tre Samuel piombò sul letto di Oscar.
– Buon compleanno! – dissero Samuel e Monica all’unisono, mentre lei lanciava coriandoli colorati al festeggiato.
Erano le nove e mezza del mattino quando suonarono il campanello di casa. Monica aprì la porta, trovando Ignacio con una lettera.
– Mi dispiace, ti avevo avvertito molte volte.
Ignacio consegnò la lettera a Monica e se ne andò. Monica non aspettò di entrare in casa e aprì la lettera rompendo la busta. Era un ordine di sfratto. O pagava l’affitto entro i quattro giorni successivi o poteva già iniziare a fare le valigie.
Monica era esterrefatta, non poteva credere che Ignacio la lasciasse per strada. Forse avrebbe dovuto uscire a cena con lui per ammorbidirlo, cosa che aveva sempre rifiutato di fare perché la disgustava. Pensò a suo figlio maggiore, così tenace, che si preoccupava sempre del benessere degli altri. Lei avrebbe fatto qualsiasi cosa per i suoi figli, perfino perdere la sua dignità. Ma si preoccupava anche di quello che avrebbero potuto pensare di lei. Forse per Oscar non era stata un esempio da seguire, ma non voleva ripetere lo stesso errore con Samuel.
Suonarono di nuovo il campanello. Monica corse verso la porta con la speranza che Ignacio si fosse pentito. Al suo posto trovò Rocío, giusto ciò di cui aveva bisogno in quel momento.
– Ciao, vicina.
– Ciao, Rocío.
– Ho visto Ignacio passare di qui. Cosa voleva? Qualcosa non va?
Monica pensò a tutti gli anni in cui portava pazienza con le sue vicine, ai momenti in cui le sarebbe piaciuto dire loro che pensassero agli affari loro. Invece sospirò profondamente e molto educatamente le disse:
– Voleva solo sapere se ho i soldi per l’affitto.
Rocío sembrava poco soddisfatta.
– Festeggerai il compleanno di Oscar?
– Stasera esce con i suoi amici per festeggiarlo.
– E non organizzerai una festicciola qui?
– Non credo.
– Che peccato, avevo così voglia di una festa! Sai che Maribel sta cercando una fidanzata per Ignacio? Dovresti affrettarti, altrimenti ti sfuggirà.
– Non so di cosa parli – disse Monica confusa.
– Ho visto che ti ha fatto visita varie volte e che c’è un certo flirt innocente tra di voi.
– Sei unica, davvero – disse a voce alta, sebbene non ne avesse l’intenzione.
– Grazie, lo so, sono brava a prestare attenzione ai dettagli – disse tirando in ballo il suo ego —. Allora? Vuoi che gli dica qualcosa da parte tua?
Monica chiuse la porta senza rispondere. Forse cambiare casa non era una cattiva idea dopotutto.
Dopo che ebbe chiuso la porta, iniziò a suonare il telefono, che era in anticamera. Monica lo prese e premette il tasto verde.
– Buongiorno, è lei la signora Ibáñez? La chiamo dal servizio di autisti.
– Sì, sono io – rispose goffamente, mentre si dirigeva verso il divano per sedersi.
– Vede, abbiamo visto il suo curriculum e ci sembra una candidata molto interessante. Non si trovano persone così giovani che sappiano guidare macchine antiche. Certo che quelle moderne non si guidano. Potrebbe iniziare domani?
– Questo significa che sono assunta? – chiese Monica con un tono di voce troppo alto, mentre le si acceleravano i battiti.
– Certo, perché crede che l’abbia chiamata? – l’uomo all’altro lato della linea rise —. So che il lavoro è dal lunedì al venerdì, ma domani il mio cliente deve andare in ufficio per una riunione. Voglio che abbia chiare le regole, non gli rivolgerà la parola a meno che non lo faccia lui. Se un giorno dovrà accompagnare sua moglie o le sue figlie, sarà lo stesso. Il lavoro inizierà alle sette e mezza del mattino, ora in cui dovrà aspettare alla porta di casa del mio cliente. All’una del pomeriggio andrà a prenderlo al suo ufficio e lo porterà dove desideri. Quando scenderà dalla macchina, la sua giornata sarà conclusa. Inoltre è possibile che richieda i suoi servizi in altre date, come nel caso di domani, ma non si preoccupi, quelle ore le verranno pagate come straordinari. Per il lavoro di domani riceverà cinquecentosessanta simeoni. Guiderà una limousine del mio cliente che porteremo a casa sua oggi stesso.
Il simeone era la valuta universale da quando trecento anni prima il calo del valore di diverse monete, tra cui il dollaro statunitense e australiano, il peso messicano e lo yen giapponese, fu alla base di una grave crisi finanziaria in quei paesi e si decise che non aveva senso avere diverse monete nel mondo.
Una situazione simile si ebbe nel caso delle lingue: l’inglese e il russo vennero considerate come lingue universali, ma l’idea venne rifiutata quasi subito, sostenendo che fosse una perdita di valore culturale smettere di parlare le altre lingue. In quell’epoca esistevano centinaia di applicazioni e oggetti che fungevano da traduttori istantanei, senza aver bisogno di conoscere l’altra lingua.
C’erano due tipi di strade: quelle antiche e quelle automatiche. Le strade antiche erano state costruite molto tempo prima, erano vecchie, erano state asfaltate da molto tempo e in generale si faceva loro poca manutenzione perché erano poco transitate. Dall’altra parte c’erano le strade automatiche che ricevevano una manutenzione costante. Mentre sulle strade antiche le macchine avevano bisogno di un autista che le guidasse, sulle strade automatiche le macchine non avevano bisogno di un autista, dato che erano connesse a un sistema centrale elettromagnetico che portava la macchina da una parte all’altra senza bisogno di fare niente, salvo indicare il posto dove si voleva andare. Inoltre funzionavano con energia solare e non inquinavano.
Ogni tipo di strada aveva i suoi pro e contro. Sulle strade automatiche non si rischiava la collisione. Il sistema informatico stradale al quale si connettevano le macchine tracciava il tragitto, lo introduceva nella mappa e lo configurava affinché non ci fosse nessun rischio. Dall’introduzione delle strade automatiche, cento anni prima, non ci fu nessun incidente su questo tipo di strada. Per questa ragione la maggior parte delle persone viaggiava su questo tipo di strada.
Da qualche tempo era di moda guidare su strade antiche. Questo valeva soprattutto per i benestanti che volevano evitare gli ingorghi delle strade automatiche. Certo che la maggior parte di loro non sapeva guidare e doveva ricorrere ad autisti, un mestiere che era riemerso con questa moda dopo essersi estinto.
Monica non guidava una macchina antica da anni. Per questo era agitata. Decise di trascorrere il pomeriggio a guidare la vecchia macchina che teneva parcheggiata nel parcheggio sotterraneo e che non aveva toccato da quando si erano trasferiti. Se la conservava ancora, era perché correva voce che avrebbero introdotto un’imposta per poter circolare sulle strade automatiche, oltre alla tassa che si pagava annualmente.
Monica guidò fino a una vecchia e abbandonata zona industriale della sua città, Elche. Lì avrebbero installato un nuovo laboratorio per esaminare i virus, dopo la demolizione e la ristrutturazione dello stesso, prevista per la fine dell’anno.
Fino ad arrivare alla zona industriale, a vari chilometri dalla sua casa bifamiliare, la macchina di Monica si bloccò tutte le volte che lei si fermò.
– Bene, Monica, puoi farcela – si disse a se stessa —, fallo per i tuoi figli e, per favore, cerca di non farti licenziare il primo giorno.
Monica continuò a esercitarsi tutto il pomeriggio, andò persino a prendere Samuel a scuola.
Erano