Era seduta all’entrata del laboratorio, con il suono del mare calmo in sottofondo. Dopo aver letto tutta la notizia, si alzò e rifece i controlli di sicurezza dell’entrata. Prima dovevi giustificare la tua presenza nel laboratorio, poi dovevi far passare dal sistema la tua scheda di autorizzazione. Se tutto era corretto, si apriva la prima porta, tutta di vetro. Poi dovevi passare da un rivelatore di materia che rivelava qualsiasi materiale, che fosse metallico, di plastica, di legno o di qualsiasi altro tipo che potevi indossare. Infine, dovevi entrare in una stanza a quadri e cristallina che rilevava residui di virus.
Mancava un giorno all’arrivo dei virologhi di Albero Alto e Keysi e Carolina non avevano ancora trovato un antigene per “la sabbia volante”, l’unico virus che rimaneva in laboratorio e per il quale non avevano ancora una cura.
– Questo virus è uno dei più complessi che abbia mai visto. La sua reazione con l’acqua è incredibile. Sono stupefatta, è affascinante. Non avevo mai visto un virus che reagisce così con un elemento concreto e ignora tutti gli altri. Potrei lasciar andare il virus nella stanza e non ci succederebbe niente, sempre che rimanga secco. Sembra che venga contagiato attraverso l’acqua. Sì, di sicuro è questo il modo in cui entra nel corpo. La tavola caratteristica è stupefacente. Ne avevate mai vista una così lineare? Sicuramente no. Dovremmo studiarlo a sua volta – la maiorchina osservava attraverso un microscopio la reazione del virus una volta esposto all’acqua.
– Carolina, mi distrai.
– Scusa – si scusò Carolina, che si era dimenticata che la sua collega preferiva lavorare senza rumori esterni escludendo la musica classica.
– Non importa – Keysi mise in pausa Tristano e Isotta di Wagner —. Sai, hai ragione, dovremmo lavorare insieme. Domani arrivano i cinesi ed è meglio non avere nessun virus qui dentro.
Le due colleghe iniziarono a lavorare insieme, condividendo tutte le conclusioni alle quali erano arrivate, fino alle ore piccole.
Erano le sei del mattino quando il suono della sirena di un’ambulanza svegliò Carolina. Dopo due minuti, durante i quali si girò varie volte nel letto e si stiracchiò, allungò il braccio al comodino e prese il cellulare. La sveglia era programmata perché suonasse appena qualche minuto dopo. La tolse e si alzò. Aveva dormito tre ore, era molto stanca e le faceva male la testa, ma, come le diceva sempre sua madre, non poteva permettersi di mancare al lavoro perché il suo lavoro salvava delle vite. Andò in cucina, aprì un armadio stretto che nessuno tranne lei usava, si guardò intorno dimenticandosi che le sue compagne erano a Nizza, mise il braccio fino in fondo ed estrasse un flacone di pastiglie che era a metà. Prese due di queste pastiglie.
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