«Lo hai chiamato Lago Degno. Come mai su a Triora lo chiamano Lagu Degnu?» chiesi a Luigi.
«Oh, è l'espressione dialettale. Anche se queste terre, in tempi passati, facevano parte del regno di Sardegna, il fatto che le espressioni dialettali siano ricche di u non deriva dal sardo. Anche le espressioni liguri sono ricche di questa vocale. In zona poi, il ligure si mescola con l'occitano e chi non è del luogo rischia di non capirci niente quando ci sente parlare.»
Gli sorrisi, pensando che anche nel dialetto dell'entroterra marchigiano si riscontrava spesso la stessa vocale. Pagai il conto e uscimmo all'aperto.
«Bene, direi che, a questo punto, dovremmo ritornare dalla nostra cara Aurora. Io cercherò di distrarla, di farla parlare, magari rimanendo sul vago, senza scivolare nell'argomento del delitto. Tu, con discrezione, cerca di raccogliere qualcosa di utile. Dobbiamo portare a casa alcuni indizi, Mauro, per convincere il dottor Leone della necessità di perquisire la casa della strega da cima a fondo!»
Parcheggiata l'auto accanto alla Porsche Carrera, ci avviammo verso l'ingresso di casa Della Rosa. Non c'era campanello elettrico, ma solo una corda legata a una campana. Non feci in tempo a tirare la corda, perché l'uscio si aprì e apparve la bionda Aurora in vesti succinte, una canottiera rosa e una cortissima gonna di jeans.
«Ho percepito il vostro arrivo» disse. «Accomodatevi, oggi è una giornata splendida, limpida, e se mi seguirete sulla terrazza potrete ammirare una stupenda panoramica sulla valle Argentina e sulle montagne che segnano il confine con la Francia.»
«Ottimo» dissi, strizzando l'occhio a Mauro. «Io sono un'appassionata di montagna e adoro i bei paesaggi!»
Ci condusse sulla terrazza, da cui in effetti si godeva una splendida vista.
«Posso offrirvi una delle mie tisane rilassanti? Credo proprio che ne abbiate bisogno!»
«Vada per la tisana, purché non sia troppo rilassante» risposi. «Possiamo rientrare in salone per goderci questa bevanda, signora Della Rosa?»
«Certo, accomodatevi. Ritorno tra pochi istanti.»
Sparì in cucina. Non si poteva presentare occasione migliore, ma dovevamo essere veloci per non farci sorprendere. Mentre io davo uno sguardo ai libri e alle porcellane sugli scaffali, Mauro si dava da fare con maniglie e oggetti,quali posacenere e soprammobili, per rilevare qualche impronta digitale. La mia attenzione si posò su un antico vaso di porcellana bianco e azzurro con scritto in caratteri gotici “Shepenn rosso”. Ne sollevai il coperchio e vidi che conteneva una specie di tabacco. Ne presi un pizzico e lo misi in una bustina di plastica trasparente.
«Potrebbe essere droga» sussurrai a Mauro. «Con questo nome in Oriente, nell'antichità, veniva indicato il papavero da oppio.»
Quando Aurora rientrò con tre tazze di tisana fumante dal forte odore di menta, sia io che Mauro stavamo di osservare incuriositi il contenuto degli scaffali. La tisana era assai delicata e aveva davvero un effetto rilassante. Finito di bere dalla sua tazza, la strega decise di accendersi una delle sue sigarette. Strano a dirsi, ma l'aroma del fumo della sigaretta non mi infastidiva, anzi ne ero attratta.
«Vedrà, dottoressa Ruggeri, che uno di questi giorni ne fumerà una insieme a me.»
«Non credo proprio, non ho mai fumato in vita mia e non penso che inizierò a quasi quarant'anni. Piuttosto, vorrei chiederle il significato del pentacolo disegnato su questo spettacolare pavimento. Ho studiato la simbologia e i simboli esoterici, ma qui ne vedo alcuni che non conosco. Riconosco il simbolo dello spirito, al centro, le otto linee che prendono origine da un punto e si irradiano verso i punti cardinali, gli stessi indicati dalla rosa dei venti.»
«Brava, Dottoressa. So che lei è ferrata in materia. Vede, lì dovrebbe aleggiare ancora lo spirito della mia ava Artemisia, bruciata al rogo in un giorno particolare del 1589. Il palo a cui era legata sembra fosse infisso nel terreno proprio in quel punto preciso. Gli altri simboli indicano ciò che accadde dal punto di vista astrale nello stesso giorno. Era l'equinozio di primavera, il 21 Marzo, era una notte di luna piena e in quella notte ci fu un eclissi totale di luna.»
«Sì, comincio a dare un'interpretazione ai simboli. Però, da quello che ho appreso, le streghe di Triora non furono bruciate. Furono imprigionate, torturate, processate, condannate, ma l'esecuzione non ebbe mai luogo, in quanto il Doge di Genova si oppose.»
«E questa è la versione ufficiale, secondo la quale la mia ava e le sue quattro affezionatissime seguaci morirono in prigione a Genova. Ma forse non andò proprio così. Lei è abile e scoprirà la verità. Non sarò io a raccontargliela.»
Avvicinò molto il suo viso e i suoi occhi al mio volto e mi sbuffò del fumo in faccia. Abbassai lo sguardo, per non guardarla dritta negli occhi, e mi ritrovai ad ammirare le sue gambe perfette, snelle, allungate, senza ombra di cellulite. In quel momento, con mia meraviglia, provai un forte desiderio sessuale nei suoi confronti. Osservavo le sue labbra vicinissime alle mie e avevo voglia di unirmi a lei in un bacio appassionato. Cercai di scacciare i pensieri che mi turbavano e feci un passo indietro per allontanarmi da lei.
Strega ammaliatrice , pensai dentro di me. Ma come fa ad avere certi poteri?
Ci congedammo da lei e ritornammo all'auto. La giornata stava volgendo al tardo pomeriggio ed era ora di rientrare in sede.
«Ho come l'impressione di essermi persa qualcosa. Guardando l'orologio, mi rendo conto che è passato più tempo di quello di cui ho avuto la percezione materiale!» dissi a Mauro appena usciti all'aperto.
«Solo un po'? Quella strega ti ha incantato di nuovo. Ti ha parlato in una lingua incomprensibile, mentre tu la ammiravi dalla testa ai piedi. A un certo punto ho pensato che vi sareste baciate. Però io ho approfittato della situazione per raccogliere qualche altro elemento, che poi ti mostrerò. La strega era talmente concentrata su di te e sulle parole che stava declamando che non ha fatto caso a me. Avrei potuto slacciarle quell'insulsa gonnella di jeans, lasciandola in mutande, e neanche se ne sarebbe accorta. Adesso guida tu, io voglio avviare subito qualche piccola ricerca sul computer di bordo.»
Non appena staccai la frizione e pigiai il pedale dell'acceleratore, la Lamborghini scattò in avanti come un cavallo imbizzarrito tenuto alle redini da un cavaliere inesperto. Mauro, concentrato sul display del computer, sembrò non far caso al mio stile di guida, che dopo qualche istante adattai alle caratteristiche dell'auto. Capii che dovevo assumere un'andatura moderata, tenendo il piede destro appena appoggiato sul pedale dell'acceleratore, così da non provocare brusche impennate alla velocità. Dopo qualche minuto di silenzio, in cui Mauro era concentrato sul computer e io sulle curve della strada maledetta, il mio collega proruppe in un esclamazione.
«Bingo! Qualcosa lo abbiamo trovato. La maggior parte delle impronte digitali che ho rilevato appartengono alla padrona di casa. Per il confronto ho acquisito una sua impronta dalla tazza in cui ho bevuto la tisana. Nei database non risulta alcuna corrispondenza delle impronte di Aurora con quelle di criminali schedati. E fin qui, direi, niente di nuovo. Però ho un'impronta sul vaso di porcellana contenente il tabacco e un'altra sulla maniglia della porta d'ingresso che hanno rispondenza con individui schedati. E indovina un po'! La prima è di Larìs Dracu, la rumena di cui si sono perse le tracce venti anni fa. La polizia rumena aveva a suo tempo arrestato la giovane come presunta sediziosa e l'aveva schedata. Dopo la caduta del regime comunista, anche i database della polizia segreta furono resi accessibili e quindi ho avuto accesso al dato. In ogni caso la scheda è stata aggiornata in seguito, in quanto era stata segnalata la fuga dal paese di questa donna, descritta come pericolosa criminale, addirittura potenziale assassina, e le foto segnaletiche erano state inviate a tutti i posti di controllo frontalieri d'Europa. Le ultime notizie su di lei risalgono all'estate del 1989, quando riuscì a passare sotto il naso di un doganiere italiano, all'aeroporto internazionale di Fiumicino, sotto il falso nome di Clarissa Draghi. Con falso passaporto italiano, si imbarcò