Il Cuore Del Tempo. Amy Blankenship. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Amy Blankenship
Издательство: Tektime S.r.l.s.
Серия:
Жанр произведения: Ужасы и Мистика
Год издания: 0
isbn: 9788893985932
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e del blu che richiamavano il tappeto e il letto. C’era un tocco di rosso intenso qua e là, e l’armadio era così grande da perdersi al suo interno.

      Entrò nel soggiorno, dai colori nero e oro, che era dotato di tutto quello che una persona potesse desiderare. Aveva già controllato la cucina, era completamente attrezzata. Poi scosse la testa per l’ennesima volta, «Non può essere.». Si morse il labbro inferiore, chiedendosi cosa fare. Era sabato mattina e le lezioni non sarebbero iniziate prima di lunedì.

      «Be’, non posso starmene chiusa qui tutto il giorno.» si disse.

      Sentendosi quasi come se si stesse aggirando in una zona proibita, aprì la porta della stanza e fece capolino nel corridoio. Non vedendo nessuno, uscì e richiuse la porta, dirigendosi in silenzio verso le scale che portavano al piano di sotto.

      Ebbe di nuovo la sensazione di essere osservata e rabbrividì, ma continuò a camminare, non osando voltarsi indietro.

      “Riesce a sentirmi.” pensò Kyou tra sé. Forse i poteri di Kyoko non erano così nascosti come temeva. Lo aveva capito da quando l’aveva vista uscire dalla sua stanza e aveva inalato, e assaporato, il suo odore.

      Ciò gli riportò alla mente altri ricordi. “Presto libereremo di nuovo i tuoi poteri, Sacerdotessa. Puoi anche nasconderli... ma non per molto.”. Si appoggiò al muro del corridoio, seguendola con lo sguardo finché non sparì dalla sua vista.

      *****

      Una volta arrivata al piano di sotto, Kyoko respirava più liberamente. Adesso era circondata da coetanei. Sospirando, si scrollò di dosso la sensazione provata al piano di sopra e si fermò per un momento.

      Odiava quando i suoi sensi reagivano in quel modo. A volte, desiderava non avere la capacità di percepire le cose. Scrutò l’enorme pianterreno dell’edificio. «Mi servirebbe un interruttore per spegnere la mente in questi casi.» borbottò, continuando a pensare alle strane vibrazioni che aveva percepito poco prima.

      Guardò il lato della biblioteca e poi quello opposto, avrebbe iniziato da quell’area. Si era sempre allenata fin da quando aveva memoria, e intendeva continuare a farlo. Negli ultimi due anni aveva praticato arti marziali di qualsiasi tipo, amava la libertà di movimento che le dava un corpo flessuoso.

      Attraversando le sale giochi, notò che c’erano parecchie aree per diversi tipi di allenamento. Una delle palestre più grandi aveva i vetri trasparenti. Non riuscì a resistere e si fermò a guardare. C’erano due persone che combattevano con le spade. Sentendo il rumore del metallo, alzò un sopracciglio. Avvicinandosi alla porta, finì per origliare.

      «Devi fare più attenzione, Suki.» disse la persona vestita di nero, dalla voce maschile, che poi punzecchiò sul sedere l’altra persona, ridendo.

      Kyoko non poteva vedere i loro volti perché indossavano le visiere protettive.

      «Shinbe!» gridò l’altra persona, dalla voce femminile e arrabbiata. Poi, senza preavviso, balzò in avanti e colpì l’altro alla testa, come per dargli uno scappellotto con la spada, e si tolse la visiera.

      I suoi lunghi capelli castani le ricaddero sulla schiena mentre si avvicinava all’altro, puntandogli un dito sul petto. «È difficile combattere seriamente, con te che sei un pervertito.».

      Shinbe si tolse la visiera sorridendo. Alzò le braccia in segno di resa e indietreggiò, «Mi dispiace Suki, ma, ecco... era una parte del corpo che non stavi proteggendo.». Sentendo una specie di formicolio sulla pelle, si accigliò e si voltò verso la ragazza accanto alla porta, «Ehm-ehm... abbiamo visite.».

      Kyoko vide la ragazza arrossire e poi dirigersi verso di lei sorridendo.

      «Gli uomini...» si lamentò Suki. Alzò gli occhi al cielo, poi le porse la mano in modo amichevole: «Ciao, io sono Suki, e quello stupido è Shinbe». Con un pollice indicò il ragazzo che si stava avvicinando con un sorriso ancora stampato sulla faccia.

      «Suki.» disse lui, «Così mi ferisci.» continuò, portandosi le mani sul cuore.

      Suki si accigliò: «Shinbe... se io potessi ferirti, ti sarebbe uscito già il cervello dalle orecchie per tutte le volte in cui mi hai costretto a darti una legnata.».

      Shinbe fece un cenno con le sopracciglia, «Adoro i modi grezzi con cui mi dimostri il tuo amore.».

      «Ti faccio vedere io i modi grezzi... ma non vorrei spaventare la nuova arrivata.» ribatté Suki.

      Kyoko la adorava già e, stringendole la mano, sorrise. «Ciao, io sono Kyoko.» disse, poi guardò Shinbe e aggiunse: «Lieta di conoscervi.». C’era qualcosa nei suoi occhi che aveva attirato la sua attenzione. Erano di un incredibile color ametista. I suoi capelli scuri erano lunghi poco oltre le spalle e avevano dei riflessi blu. In qualche modo le ricordava un cantante di una band degli anni ‘80.

      Suki le rivolse un sorriso smagliante, «Ehi, avevo sentito parlare di te. Sapevo che saresti arrivata oggi. Più tardi ti avrei cercato per farti fare un giro del campus.». All’improvviso, divenne seria e girò la testa, lanciando un’occhiataccia a Shinbe, «Io non lo farei, se fossi in te.».

      Kyoko si voltò perplessa. Ovvio... Shinbe stava per toccare il sedere di Suki e sogghignava. Poi sospirò e abbassò la mano, «Prima o poi riuscirò a capire come fai ad accorgertene senza neanche guardare.».

      «Me ne accorgo e basta.» ribatté Suki. Poi, con un sorriso cordiale, si rivolse a Kyoko: «Vado subito a cambiarmi, vieni con me.». La prese per mano e la trascinò fuori dalla porta.

      Kyoko guardò Shinbe, che la salutò con una mano. «Questi due sono uno spasso.» pensò tra sé, mentre entravano nello spogliatoio delle ragazze.

      A Suki stava già simpatica Kyoko e, per qualche strana ragione, le sembrava di conoscerla senza averla mai incontrata prima. «Parlami un po’ di te mentre mi cambio.» le disse, facendo capolino da dietro il muro divisorio.

      Kyoko si sedette su una panchina, si sentiva completamente a proprio agio con Suki. «Oh beh, vengo dalla periferia dall’altra parte della città. E, non so come, all’improvviso ho ricevuto una lettera in cui c’era scritto che avevo ottenuto una borsa di studio per questo posto.». Sentì un verso di assenso di Suki e continuò: «Non so davvero come sia successo, ho ricevuto una borsa di studio per cui non ho neanche fatto richiesta.».

      A quelle parole, Suki sorrise e fece capolino da dietro il muro, «Non preoccuparti. A me è successa la stessa cosa.». Sparì di nuovo per rivestirsi e aggiunse: «Neanch’io avevo chiesto una borsa di studio qui.».

      Kyoko si accigliò, «Ma perché? Ci dev’essere un motivo. Tu ne sai qualcosa?».

      Suki ricomparve, completamente rivestita, e si sedette per infilarsi le scarpe da ginnastica. «Sì, penso di aver capito, o almeno credo. La persona che gestisce questa scuola cerca persone con...» fece una pausa, piegò la testa e continuò: «... abilità uniche.». Poi scrollò le spalle e aggiunse: «Potrebbe volerci un po’, prima di abituarti alle altre persone che vivono qui.». Sorrise, sapendo di avere ragione.

      All’improvviso, si alzò e lanciò una scarpa contro la porta, sogghignando quando sentì un’imprecazione provenire dall’esterno. Recuperò la scarpa e si sedette di nuovo per infilarsela. «Il punto è, quali abilità hai?».

      Kyoko sentì il respiro fermarsi mentre la sua mente andava in tilt. Nessuno lì avrebbe potuto sapere che lei era una sacerdotessa. Guardò Suki con un’espressione colpevole, poi distolse subito lo sguardo e rispose: «Nessuna, che io sappia.».

      Suki alzò un sopracciglio e scrollò le spalle, prima o poi lo avrebbe scoperto. «Vieni, andiamo. Credo che Shinbe ci stia aspettando.». Aprì la porta e, ovviamente, lui era appoggiato al muro, ad origliare. Le sorrise con aria innocente, indietreggiando.

      Suki chiuse la porta e indicò il cartello che c’era appeso, «Non sai leggere? C’è scritto “Spogliatoio delle ragazze”.», e gli lanciò un’occhiataccia.

      Lui scrollò le spalle e rispose: «Certo, perciò