L’espressione di Daniel si fece ancora più sorpresa. “Con la signora Doyle, la preside?” chiese.
Emily capì che stava combattendo per mantenere il tono di voce piatto.
Chantelle annuì con vergogna.
“Volevo cambiare classe per una bambina orribile,” disse, gli occhi fissi in grembo.
“Quale bambina orribile?” chiese Daniel.
“È nuova,” disse Chantelle. “Si chiama Laverne. Ed è la migliore amica di Bailey.”
Daniel guardò Emily. Lei gli ritornò uno sguardo triste.
“Sono sicuro che non è vero,” disse Daniel. “Sono sicuro che Bailey sta solo cercando di essere gentile con lei perché è nuova e non conosce nessuno.”
“Non è così,” disse Chantelle battendo il pugno contro il bracciolo del divano. “Laverne ha detto a Bailey che può avere solo un’amica con i capelli biondi, e visto che Laverne è più bionda di me Bailey ha scelto lei!”
Emily riusciva a vedere che la bambina soffriva, e si faceva sempre più adirata ricordando gli eventi dolorosi della giornata.
“Hai parlato con Yvonne?” chiese Daniel a Emily.
Scosse la testa. Nello stesso momento Chantelle urlò, “No!” Sembrava terrorizzata. “Per favore, non ditelo a Yvonne. Non voglio che sgridi Bailey o che la costringa a tornare mia amica. Voglio che lei sia mia amica solo se lo vuole, non perché gliel’ha detto sua mamma.”
Emily si sentiva malissimo per Chantelle. Il mondo dei bambini di sette anni poteva essere complicato tanto quanto quello degli adulti. Desiderava disperatamente poterle levare tutto il dolore, ma non era possibile. E non era neanche giusto. Il suo lavoro di madre era guidare Chantelle attraverso queste spiacevoli esperienze, non farle da scudo contro di loro né sradicarle.
“Ti ricordi anche che cosa ha detto Laverne di te?” la incalzò Emily. Sapeva che Chantelle non voleva parlarne, ma era importante che analizzassero le sue emozioni. Aveva quasi otto anni, e la gente attorno a lei presto avrebbe perso la pazienza di fronte alle sue crisi. Aveva una curva di apprendimento ripida davanti a sé, e molto tempo da recuperare. Aveva già fatto notevoli progressi, ma c’era ancora tantissima strada da fare.
“Ha detto che ho un accento stupido,” disse Chantelle. Poi, cupamente, aggiunse, “Ha ragione. Vorrei avere la tua voce, papà. Perché devo parlare come Sheila?”
“Non c’è niente che non va nella tua voce,” le disse Daniel. “Il tuo accento è bellissimo.”
“Ma così sono diversa. E così le persone pensano che sono stupida.”
“Non sei stupida,” disse severamente Daniel. “Non permettere mai a nessuno di farti sentire così. Sei perfetta così come sei.”
Emily adorava la quantità di calore che aveva Daniel nella voce. Il suo discorso era molto toccante. Ma Chantelle non sembrava crederci per nulla. Sembrava più abbattuta che mai.
“Posso alzarmi adesso?” disse piano.
Daniel guardò Emily. Lei si strinse nelle spalle, non sapendo quale fosse la cosa migliore da fare.
“Vorrei vedere i cartoni in camera mia,” aggiunse Chantelle.
“Certo,” disse Emily. Tutti meritavano un po’ di routine che tirasse su l’umore, pensò. Se i cartoni a letto potevano cullare Chantelle, era meglio questo piuttosto di un crollo.
Chantelle scivolò giù dal divano e lasciò la stanza. Una volta che se ne fu andata, Daniel guardò triste Emily.
“Avresti dovuto dirmelo,” disse con un sospiro esasperato. “Non appena è accaduto. Perché non hai chiamato?”
Emily si accigliò. Prima era convinta della decisione di chiedere a Parker di dar loro un passaggio ma adesso, vedendo l’espressione di Daniel, sentì la risolutezza indebolirsi. “Eri al lavoro,” gli disse dolcemente. “Non volevo disturbarti.”
“Ma questa è la mia bambina,” disse severamente. “Devo sapere se è vittima di bullismo.”
Emily gli toccò la mano. Lo conosceva abbastanza bene da capire che era lo stress del nuovo lavoro a renderlo irascibile e sgarbato con lei. Non era una cosa personale, e perciò lei cercò di non prenderla per quel verso.
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