Amy batté le mani. “Davvero? Questo weekend?”
Emily si strinse nelle spalle. “Immagino di sì.”
Qual era il momento buono per dire alla propria madre che il suo ex marito stava per morire? Non sembrava esserci risposta, perciò quel weekend era buono come qualsiasi altro momento.
Amy saltò su e giù al suo posto. “Sarà divertentissimo. Lo dico a Harry.”
Afferrò il cellulare e digitò il suo numero. Nello stesso momento prese a suonare il telefono di Emily.
Lo estrasse dalla tasca e rispose nello stesso momento di Amy. Era davvero come i vecchi tempi di New York!
“Signora Morey?” chiese la voce all’altro capo.
“Sì, chi parla?”
“Sono la signorina Butler, l’insegnante di Chantelle. Mi dispiace disturbarla, ma c’è stato un incidente. Penso che dovrebbe venire qui.”
Emily balzò su. “Che tipo di incidente? Chantelle sta bene? Si è fatta male?”
“Sta bene,” rispose la signorina Butler. “È un incidente di natura comportamentale.”
Emily si accigliò. Che cosa significava?
“Arrivo,” disse riappendendo e gettando il telefono nella borsa.
Amy stava chiacchierando con Harry al telefono, ma alzò lo sguardo su Emily, usando le sue favolose abilità multitasking per portare avanti una muta conversazione con la sua amica senza perdere una parola della telefonata.
“Chantelle,” disse Emily muovendo solo le labbra. “Scuola.” Fece il gesto di guidare. La macchina ce l’aveva Daniel, perciò Amy costituiva il suo unico modo per arrivarci.
Amy annuì e indicò i waffle. Li avevano a malapena assaggiati. Ma Emily scosse la testa. Doveva andare subito.
Senza farle domande, Amy si alzò, raccolse la borsa e, sempre parlando con Harry, uscì dal ristorante e andò alla macchina, Emily a rimorchio.
Mentre andavano, Emily sperava che tutto si sistemasse tra Amy e Harry, perché era in momenti come questi, quando Daniel era occupato e la vita mandava tutto all’aria, che Emily aveva bisogno più che mai dei suoi amici.
CAPITOLO CINQUE
Mentre Amy la riaccompagnava alla scuola, Emily sentiva il nervosismo crescere. Odiava quando Chantelle aveva questi accessi perché le sembrava un passo indietro, e le ricordava il terribile inizio che la ragazzina aveva avuto nella vita, le cicatrici che portava ancora nonostante il suo atteggiamento felice.
“Vuoi che entri con te?” chiese Amy guardando il viso pallido di Emily sul sedile del passeggero.
Emily solitamente non si mangiava le unghie, ma l’ansia glielo stava facendo fare. “No, no, probabilmente è meglio che ci sia solo io,” disse tutta agitata, il viso legnoso dal panico.
Raggiunsero il parcheggio, ora vuoto, e Amy si fermò sul posto più vicino alle porte della scuola. “Be’, aspetto qui e ti riporto a casa quando hai finito.”
Emily aveva già una mano sulla maniglia della portiera, e scosse la testa. “Grazie dell’offerta, ma non ho idea di quanto ci vorrà.”
“Come torni a casa?”
“Ci penserò dopo. Sul retro del furgone delle consegne di Raj? Sul manubrio della bici di Cynthia?” Stava facendo battute, ma solo per distrarsi dall’ansia che aveva.
Amy sorrise teneramente. “Sei sicura?”
“Giuro,” disse Emily spalancando la portiera e scendendo svelta.
Sbatté la portiera e mandò un bacio a Amy correndo più forte che le permetteva di fare il pancione su per i gradini di pietra. Premette il pulsante del citofono e la receptionist rispose, salutandola con un crepitio.
“Signora Morey,” disse Emily nel microfono d’argento. “La madre di Chantelle.”
Ci fu un ronzio. Aprì la porta e corse alla scrivania. Era la stessa ragazza dell’anno precedente, si accorse Emily, giovane, lentigginosa, con un dolce sorriso che mostrava una fessura tra i denti.
“Ciao, Emily,” la salutò la receptionist mentre correva dentro.
Emily si accorse – un po’ esaurita al pensiero – che a scuola era abbastanza conosciuta perché la receptionist la riconoscesse e si ricordasse il suo nome.
“Ecco il badge per i visitatori,” aggiunse la ragazza.
Porse il pass a Emily ed Emily vide che aveva scritto il suo nome con un pennarello rosso, in corsivo, circondato da stelle. Era un gesto gentile, ma Emily era troppo agitata per apprezzarlo. Tutta la sua concentrazione era su Chantelle. Però notò il nome sul badge della ragazza: Tilly. Prese nota di memorizzarlo in modo, la prossima volta che avesse visto la ragazza, si sperava in circostanze meno stressanti, da essere almeno più gentile.
“Sono in fondo al corridoio nell’ufficio della consulente,” disse Tilly. “Conosce la strada?”
“Purtroppo la conosco anche troppo bene,” rispose Emily.
Tilly le rivolse un sorriso comprensivo, ed Emily percorse svelta il corridoio fino all’ufficio di Gail.
Attraverso la finestrella della porta, Emily vide i familiari divani rosso acceso, il tavolo dei giochi, l’angolino della lettura, la casa delle bambole e la zona di arte. Riconobbe subito Gail, seduta su una delle sedie per adulti con i capelli in un’ordinata crocchia in cima alla testa. Le altre due donne Emily non le conosceva. E Chantelle non si vedeva da nessuna parte. Riusciva a sentirla, però, sentirla urlare e gridare anche attraverso la spessa lastra di vetro della porta tagliafuoco rinforzata.
Emily bussò rapida e vide Gail voltarsi verso la finestra. Attraverso il vetro, fece cenno a Emily di entrare.
Fu solo una volta dentro che Emily vide per la prima volta Chantelle. La bambina era appallottolata su se stessa nell’angolo, a piangere disperatamente, circondata da pezzi di carta strappati.
“Cos’è successo?” chiese Emily.
“Si sieda,” disse Gail. “Ha conosciuto la signorina Butler.”
“A dire il vero no, non abbiamo avuto la possibilità di vederci prima,” disse Emily. Strinse la mano all’insegnante. Era un modo orribile di conoscerla, pensò Emily. Era un fascio di nervi e si sentiva completamente esausta. “Ha parlato con mio marito, Daniel.”
La giovane insegnante sorrise educatamente, dando a Emily un assaggio della severità che aveva notato Daniel. “Sì, me lo ricordo.”
“E conoscerà la signora Doyle,” aggiunse Gail.
Emily ebbe allora una reazione a scoppio ritardato. Nella fretta non si era proprio accorta della terza donna nella stanza, ma capì adesso che era la preside. Le cose dovevano essere serie se era coinvolta anche lei!
“Quindi?” disse Emily. “È stata la classe nuova a dare il via alle cose?”
Gail annuì. “Penso che fossimo tutti consapevoli che sarebbe potuto accadere. Ma forse dovremmo chiedere a Chantelle di spiegarcelo. Chantelle?” Gail aveva una voce incredibilmente leggera, dolce. Era il tipo di voce che poteva far uscire chiunque dai capricci.
La bambina singhiozzava furiosamente nell’angolo. “La ODIO!” urlò.
Emily alzò lo sguardo sulla signorina Butler, presumendo che fosse la persona a cui faceva riferimento Chantelle, e le rivolse uno sguardo compassionevole. Non voleva assolutamente che l’insegnante pensasse che fosse colpa sua.
“Chi è che odi?” continuò Gail.
“LAVERNE!”