“Il Preside Autrey la sta aspettando” le disse.
La donna accompagnò Riley in un grande ufficio cupo, caratterizzato da pesanti pannelli di legno scuro.
Un uomo elegante e anziano si alzò dalla sua scrivania per accoglierla. Era alto, con capelli grigi e indossava un costoso completo in tre pezzi e un papillon.
“L’Agente Paige, presumo” l’accolse con un sorriso gelido. “Sono il Preside Willis Autrey. La prego, si accomodi.”
Riley occupò una sedia di fronte alla scrivania. Autrey si sedette e fece ruotare la sua sedia.
“Non sono certo di comprendere la natura della sua visita” disse. “Ha qualcosa a che fare con lo sfortunato trapasso di Lois Pennington, non è vero?”
“Intende dire, il suo suicidio” lo corresse Riley.
Autrey annuì e unì le dita delle mani.
“Non mi pare un caso da FBI, direi” disse l’uomo. “Ho contattato i genitori della ragazza, porgendo loro le più sentite condoglianze da parte della scuola. Erano devastati naturalmente. L’intera faccenda è una vera disgrazia. Ma non sembravano avere delle preoccupazioni specifiche.”
Riley sapeva di dover scegliere accuratamente le parole. Non era lì in veste ufficiale, infatti i suoi superiori a Quantico non avrebbero approvato affatto quella visita. Ma, forse, sarebbe riuscita a impedire che Autrey lo scoprisse.
“Un altro membro della famiglia ha espresso dei dubbi” disse.
Immaginò che non ci fosse alcun bisogno di dirgli che si riferiva alla sorella adolescente di Lois.
“Che disgrazia” l’uomo rispose.
Sembra che gli piaccia utilizzare quella parola, disgrazia, pensò Riley.
“Che cosa sa dirmi su Lois Pennington?” Riley chiese.
Autrey ora stava iniziando a sembrare annoiato, come se avesse la mente altrove.
“Nulla che la sua famiglia non le abbia già detto, ne sono certo” il preside disse. “Non la conoscevo personalmente, ma …”
Si voltò verso il suo computer e digitò qualcosa.
“A quanto pare, era una studentessa del primo anno perfettamente ordinaria” disse, guardando lo schermo. “Aveva dei buoni voti. Nessun episodio negativo. Ma vedo che ha fatto per la depressione.”
“ Ma non è l’unico caso di suicidio nella sua scuola quest’anno” Riley affermò.
L’espressione di Autrey si incupì leggermente.
Prima di uscire di casa, Riley aveva svolto una piccola ricerca riguardo ai due suicidi menzionati da Tiffany.
“Deanna Webber e Cory Linz si sono presumibilmente suicidati durante lo scorso semestre” Riley disse. “La morte di Cory è avvenuta proprio qui al campus.”
“‘Presumibilmente’?” Autrey commentò. “Una parola piuttosto infelice, direi. Non ho sentito nulla che alludesse al contrario.”
Poi, distolse leggermente lo sguardo da Riley, come se fingesse che la donna non fosse neanche presente.
“Signora Paige—” esordì.
“Agente Paige” Riley lo corresse.
“Agente Paige, sono certo che una professionista come lei sia consapevole del fatto che la percentuale dei suicidi tra gli studenti del college è aumentata nel corso degli ultimi decenni. E’ la terza causa di morte tra gli studenti non ancora laureati. Si verificano più di mille suicidi ogni anno nei campus universitari.”
Poi, fece una pausa, come per riflettere bene su come esporre i fatti.
“E naturalmente” proseguì, “alcune scuole ne sperimentano una serie in un dato anno. La Byars è una scuola impegnativa. E’ una sfortuna, ma purtroppo è inevitabile che, in qualche modo, anche noi superiamo la media dei suicidi.”
Riley soppresse un sorriso.
Le cifre su cui April aveva eseguito delle ricerche soltanto un paio di giorni prima stavano per tornarle utili.
April ne sarebbe contenta, pensò.
Le disse: “La media nazionale dei suicidi nei college è di circa 7,5 su centomila. Ma solo quest’anno, tre delle vostre settecento studentesse si sono suicidate. Questo equivale a cinquantasette volte la media nazionale.”
Autrey alzò le sopracciglia.
“Ecco, per quanto sono certo che lei lo sappia, ci sono sempre …”
“Le anomalie” Riley completò la frase, riuscendo di nuovo a non sorridere. “Sì, so tutto al riguardo. Nonostante ciò, il tasso di suicidi nella sua scuola mi colpisce come un evento eccezionalmente sfortunato.”
Autrey si sedette, distogliendo lo sguardo in silenzio.
“Preside Autrey, ho l’impressione che non sia felice di avere un’agente dell’FBI qui intorno” aggiunse.
“In effetti, non lo sono” rispose l’uomo. “Dovrei esserne contento? Questa è una perdita di tempo, suo e mio, ed è anche una perdita di denaro dei contribuenti. E la sua presenza qui potrebbe dare l’impressione che ci sia qualcosa che non va. Ma non è così, qui al Byars College, glielo assicuro.”
Si allungò dall’altra parte della scrivania, verso Riley.
“Agente Paige, di quale ramo dell’FBI fa parte lei esattamente?”
“Dell’Unità di Analisi Comportamentale.”
“Ah. Proprio dalle parti di Quantico. Allora vorrà tenere a mente che molti dei nostri studenti fanno parte di famiglie impegnate nella politica. Alcuni dei genitori hanno una considerevole influenza sul governo, FBI inclusa, immagino. Sono sicuro che non desideriamo che questo genere di cose giungano alle loro orecchie.”
“Questo genere di cose?” Riley chiese.
Autrey oscillò avanti e indietro nella sua sedia.
“Persone simili potrebbero lamentarsi con i suoi superiori” aggiunse con uno sguardo significativo.
Riley si sentì lievemente a disagio.
Sentiva che il preside intuiva che lei fosse lì non in veste ufficiale.
“Sarebbe davvero la soluzione migliore se non si creassero problemi, dove gli stessi non esistono” Autrey continuò. “Sto facendo questa osservazione solo nel suo interesse. Non mi farebbe affatto piacere se lei incorresse nell’ira dei suoi superiori.”
Riley scoppiò a ridere.
Incorrere nell’“ira” dei suoi superiori era praticamente la routine per lei.
Così come il venire sospesa o licenziata, per poi essere di nuovo reintegrata.
Non la spaventava affatto.
“Capisco” rispose. “Qualunque cosa pur di non rovinare la reputazione della sua scuola.”
“Sono felice che la vediamo allo stesso modo” il preside replicò.
Si alzò in piedi, ovviamente aspettandosi che Riley si accomiatasse.
Ma la donna non era pronta a farlo, almeno non ancora.
“Grazie per il suo tempo” gli disse. “Me ne andrò non appena lei mi avrà dato le informazioni necessarie a contattare le famiglie delle precedenti suicide.”
Autrey rimase fermo a guardarla. Riley ricambiò lo sguardo, senza alzarsi dalla sedia.
Autrey dette un’occhiata al proprio orologio. “Ho un altro appuntamento. Adesso devo andare.”
Riley sorrise.
“Anch’io vado un po’ di