Bryn scrollò le spalle. “Lo so. Ma è un modo solitario di vivere. Ho sempre invidiato quello che avevi con Zach.”
Quella era una novità per Keira.
“Davvero?” domandò. “Ma mi prendevi in giro in continuazione. Dicevi che ero vecchia prima del tempo.”
“Credevo di avere tutte le risposte,” spiegò la sorella. “Ma in realtà avevo solo paura di impegnarmi. Per quanto detesti ammetterlo, la mamma aveva ragione quando ha detto che il suo divorzio mi ha spinta ad avere paura del matrimonio. Non volevo fidarmi di nessuno perché ho visto quello che era successo a lei. Ma ora capisco quanto è bello avere un uomo vicino, qualcuno da cui tornare a casa, e a cui appoggiarsi. Questa moda scandinava che hai iniziato mi sembra così triste. Troppo casuale. Quello che voglio dire è: dove è la sicurezza?”
Keira fu sorpresa di sentire Bryn così pensierosa. Sua sorella era più una donna d’azione che di pensiero, e la sconvolgeva imparare quanto a fondo aveva riflettuto sull’argomento.
Arrivarono alla zona dell’illuminazione. Bryn tese una mano verso un candeliere di cristallo, e la luce le fece scintillare l’anello.
“Vorrei che anche tu provassi quest’emozione,” le disse. “Sono tanto felice.”
Il pensiero iniziale di Keira fu: Chi è questa donna? Sua sorella era cambiata moltissimo in un arco di tempo troppo breve, tanto da farle venire mal di testa. Ma in generale era grata di vederla soddisfatta.
“E io sono felice per te,” rispose. “Stiamo solo seguendo percorsi diversi. Se fossi rimasta insieme a Zach, non avrei mai avuto quello che ho condiviso con Shane. Senza Shane, non ci sarebbero stati né Cristiano né Milo. Tutte queste relazioni sono state importanti per me. Mi sarebbe dispiaciuto perderne anche solo una.”
Ma persino mentre lo spiegava, non poté fare a meno di pensare all’anello che Cristiano le aveva mostrato quando le aveva chiesto di sposarlo. Un senso di solitudine si abbatté su di lei. Sarebbe stato così semplice sistemarsi con lui. Avrebbe potuto sceglierlo senza pensieri. Ma poi cosa sarebbe successo? Non avrebbe mai incontrato Milo e non avrebbe mai scritto l’articolo sulla Scandinavia che stava per cambiare la sua vita. Tutto succedeva per una ragione. Lo credeva fermamente. Se uno degli uomini con cui era stata fino a quel momento fosse stato quello con cui era destinata a rimanere per sempre, l’universo le avrebbe mandato un segnale.
“Okay, sorellina, ce l’ho!” esclamò Bryn, interrompendo il filo dei suoi pensieri.
Keira alzò lo sguardo e vide la sorella di fianco a un bellissimo scrittoio con uno sgabello. Sopra c’era una lampada da banchiere, e una mensolina per i libri. Aveva persino un piccolo cassetto per le penne. Per una volta, Bryn ci aveva visto giusto.
“È perfetto,” dichiarò entusiasta.
Corse dalla sorella e sfiorò il magnifico tavolino con le punte delle dita.
“Vedi?” le disse l’altra donna. “Te l’avevo detto. Io ho una visione. Tu devi solo fidarti di me.”
Keira scoppiò a ridere. “Va bene. Mi arrendo anima e corpo al trattamento-Bryn. Fai del tuo peggio!”
CAPITOLO SETTE
Due ore più tardi, e con duemila dollari di meno in tasca, Keira tornò a casa. Scatenare Bryn in un negozio di mobili forse non era stata la più sensata delle idee, ma era stata troppo stanca per opporsi e in fin dei conti c’era un certo sollievo nel cedere il controllo. Il vero aspetto negativo del giro di shopping era stato che Keira avrebbe dovuto aspettare la consegna della maggior parte degli oggetti più grandi, che significava che ancora non aveva divano, letto o scrittoio. Tutto ciò che erano riuscite a portarsi a casa erano alcune lampade, i piumoni, e un kit di fai-da-te completo di martello e cacciavite, che Bryn aveva insistito avesse ora che viveva da sola.
Mentre svuotava il contenuto delle sue borse sul bancone, si rese conto che poteva sfruttare subito il suo kit di fai-da-te. Il dipinto che Milo le aveva regalato per Natale era ancora nella confezione. Andò in fretta a prenderlo e spostò i vestiti che vi erano appoggiati sopra. Così facendo, notò una piccola scatolina nera e si ricordò della bella collana che Milo le aveva donato appositamente per non farsi dimenticare. Non l’aveva mai messa da quando era tornata a New York, e rifletté su quale fosse il motivo. Non riusciva a identificarlo. Per qualche motivo non le sembrava giusto avere quel ricordo di una relazione passata appeso al collo.
Allontanò quei pensieri ed estrasse il dipinto dalla valigia. Aveva il posto perfetto dove metterlo, subito sopra dove avrebbe messo il suo scrittoio, non appena gliel’avessero consegnato.
Con il dipinto tra le mani, tornò nel soggiorno e prese il suo nuovo kit di attrezzi. Era la prima volta che si dava al fai-da-te, e anche se lo trovò stressante, fu piacevole brandire un martello. Infilare un chiodo nel muro a suon di martellate fu molto catartico. Quella nuova faccenda dell’indipendenza cominciava a piacerle!
Con il chiodo al suo posto, appese il quadro e fece un passo indietro per ammirarlo. Era un’immagine davvero commovente, e le ricordava il bellissimo Natale che aveva passato in Svezia. Subito desiderò di poter tornare là, a quel momento in cui tutto era calmo e rilassato. Prima che iniziasse l’attuale follia.
Sulla destra del quadro si apriva la sua grande finestra con la veduta su New York. Non avrebbe potuto esserci un contrasto maggiore: la serenità della Svezia con la vita frenetica della sua città d’origine. E l’incongruenza del senso di solitudine che trasmetteva il dipinto quando invece là era stata sempre circondata da persone, contrapposto alla folla di New York, in mezzo alla quale era comunque sola.
Sentì la tentazione di chiamare Milo, ma si ricordò che aveva dei compiti da sbrigare: si doveva preparare per l’apparizione televisiva del mattino seguente. Avrebbe dovuto svegliarsi molto presto—doveva essere al trucco alle sei—quindi non avrebbe avuto tempo per esercitarsi a mettere in pratica i consigli di Rick. Anche se il suo segmento era pre-registrato, doveva comunque essere pronto per lo spettacolo di prima mattina.
Si diresse verso il bagno e si guardò nello specchio sul pensile. Rick le aveva suggerito di esercitarsi a fare un sorriso “naturale”, che era un concetto paradossale quanto impossibile. Ogni volta che tentava l’espressione le sembrava forzata, ai limiti dell’isterico. Lui non sarebbe stato affatto soddisfatto dei suoi risultati.
Poi pronunciò alcune delle sue frasi già preparate. Anche se le aveva scritte di persona, le risuonavano false nella propria voce. Troppo recitate e innaturali.
Sospirò. Ecco un problema che nessuno aveva previsto. Keira era brava con le parole solo se doveva scriverle, non quando doveva pronunciarle! Il giorno seguente si sarebbe resa ridicola, lo sapeva già.
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