Thor capiva assolutamente, per la prima volta nella sua vita capiva tutto. Per la prima volta tutto aveva senso. Pensò a tutte le sofferenze che aveva affrontato nel corso della propria vita: crescere senza una madre, considerato come un servo dai suoi fratelli, da un padre che lo odiava, in un villaggio piccolo e soffocante, visto da tutti come nessuno. La sua formazione era stata una lunga scia di oltraggi.
Ma ora iniziava a capire che ne aveva avuto bisogno, che tutta quella fatica e tribolazione aveva una sua ragione d’essere.
“Tutta la tua fatica, la tua indipendenza, il tuo combattere per trovare la tua strada,” aggiunse sua madre, “sono stati il mio dono per te. Il mio dono per renderti più forte.”
Un dono, pensò Thor tra sé e sé. Non ci aveva mai pensato da quel punto di vista. Gli era sempre apparso come la cosa più lontana da un dono, ma ora, ripensandoci, capiva che era esattamente così. Mentre lei parlava lui si rendeva conto che aveva ragione. Tutte le avversità che aveva affrontato nella vita, tutto era stato un dono per farlo diventare ciò che era adesso.
Sua madre si voltò e i due continuarono a camminare uno accanto all’altra attraverso il castello. La mente di Thor vorticava con un milione di domande per lei.
“Sei reale?” le chiese.
Ancora una volta provò vergogna per essere stato così spudorato, ancora una volta si ritrovò a porre una domanda che non si sarebbe aspettato di pronunciare. Eppure provava un immenso desiderio di sapere.
“Questo posto è reale?” aggiunse. “O si tratta solo di un illusione, di una creazione della mia immaginazione come il resto di questa terra?”
Sua madre gli sorrise.
“Sono reale quanto te,” rispose.
Thor annuì, rassicurato dalla risposta.
“È vero che la Terra dei Druidi è un territorio di illusione, una terra magica dentro di te,” aggiunse. “Io sono completamente reale, ma allo stesso tempo – come te – sono un druido. I druidi non sono così attaccati ai luoghi fisici come gli umani. Il che significa che una parte di me vive qui, mentre un’altra parte risiede altrove. Per questo sono sempre con te, anche se tu non puoi vedermi. I druidi sono ovunque e da nessuna parte allo stesso tempo. Inforchiamo direttamente due mondi, diversamente dagli altri.”
“Come Argon,” rispose Thor, ricordando lo sguardo lontano dello stregone, il suo apparire e scomparire, il suo trovarsi dappertutto e da nessuna parte allo stesso tempo.
Lei annuì.
“Sì,” rispose, “proprio come mio fratello.”
Thor sussultò scioccato.
“Tuo fratello?” ripeté.
Lei annuì.
“Argon è tuo zio,” disse. “Ti vuole molto bene. Te ne ha sempre voluto. E anche ad Alistair.”
Thor ripensò a tutto, sopraffatto.
Aggrottò la fronte quando gli venne in mente una cosa.
“Ma per me è diverso,” disse. “Non mi sento proprio come te. Io provo maggiore attaccamento a questo posto rispetto a te. Non sono in grado di viaggiare in altri mondi liberamente come Argon.”
“Questo perché sei metà umano,” rispose lei.
Thor rifletté.
“Ora mi trovo qui in questo castello, nella mia casa,” disse. “Questa è la mia casa, giusto?”
“Sì,” gli rispose. “Proprio così. La tua vera casa. Proprio come qualsiasi altra casa tu abbia al mondo. Ma i druidi non sono così attaccati al concetto di casa.”
“Quindi se volessi stare qui, vivere qui, potrei?” chiese Thor.
Sua madre scosse la testa.
“No,” disse. “Perché il tuo tempo qui, nella Terra dei Druidi, è limitato. Eri destinato ad arrivare qui, ma puoi visitare la Terra dei Druidi solo una volta. Quando te ne andrai non potrai mai più tornarci. Questo posto, questo castello, tutto ciò che vedi e impari qui, questo luogo dei tuoi sogni che per tanti anni hai visto, sparirà. Come un fiume nel quale non si può entrare due volte.”
“E tu?” chiese Thor improvvisamente spaventato.
Sua madre scosse la testa dolcemente.
“Non rivedrai neppure me. Non in questo modo. Ma sarò sempre con te.”
Thor rimase desolato al solo pensiero.
“Ma non capisco,” disse. “Finalmente ti ho trovata. Ho finalmente trovato questo posto, casa mia. E ora mi dici che è solo per una volta?”
Sua madre sospirò.
“La casa di un guerriero è nel mondo,” disse. “È tuo dovere stare là fuori, assistere gli altri, difenderli, e diventare sempre di più un guerriero migliore. Puoi sempre migliorare. I guerrieri non devono stare fermi in un posto, soprattutto non un guerriero con un destino grandioso come il tuo. Incontrerai cose grandiose nella tua vita: castelli grandiosi, città grandiose, popoli grandiosi. Ma non dovrai mai restare attaccato a nulla di tutto ciò. La vita è una grande corrente e devi permetterle di portarti dove deve.”
Thor aggrottò la fronte cercando di capire. C’era così tanto da comprendere.
“Ho sempre pensato che una volta che ti avessi trovata la mia più grossa ricerca sarebbe finita.”
Lei gli sorrise.
“Questa è la natura della vita,” gli rispose. “Ci vengono offerte imprese grandiose oppure siamo noi a scegliercele, e partiamo per portarle a termine. Non immaginiamo mai di poterle compiere veramente, eppure in qualche modo lo facciamo. E una volta che una ricerca è completata in qualche modo ci aspettiamo che la nostra vita sia finita. Ma la nostra vita sta solo iniziando. Scalare un monte è un grande traguardo di per sé, ma porta anche a un altro più grande picco. Compiere un’impresa ti consente di imbarcarti in un’altra, ancora più grande.”
Thor la guardava sorpreso.
“È vero,” gli disse leggendogli nella mente. “L’avermi trovato ti porterà ora a un’altra ricerca, ancora più grande.”
“Quale altra impresa può esserci?” le chiese Thor. “Cosa può esserci di più grandioso di trovare te?”
Lei gli sorrise e i suoi occhi si colmarono di saggezza.
“Non puoi neppure immaginare le imprese che hai davanti,” gli disse. “Alcune persone nascono con una sola impresa da compiere. Alcune altre con nessuna. Ma tu, Thorgrin, sei nato con un destino che ti porterà ad affrontare dodici imprese.
“Dodici?” ripeté Thor esterrefatto.
Lei annuì.
“La Spada della Dinastia è stata una. L’hai portata a termine meravigliosamente. Trovare me è stata un’altra. Per ora ne hai compiute due. Ce ne sono ancora dieci, dieci imprese ancora più grandiose di queste due.”
“Altre dieci?” chiese Thor. “Più grandiose? Come può essere possibile?”
“Permettimi di farti vedere,” gli disse. Gli si avvicinò e gli mise un braccio attorno alle spalle, guidandolo gentilmente lungo il corridoio. Lo fece passare attraverso una splendente porta di zaffiro, entrando in una stanza interamente decorata di verdi e luccicanti zaffiri.
Lo condusse attraverso la stanza fino a un’enorme finestra ad arco fatta di cristallo. Thor si portò accanto a lei e mise una mano sul vetro, sentendo che così doveva fare. In quell’istante le due ante si aprirono delicatamente.
Thor guardò l’oceano, un panorama sconfinato ricoperto da una nebbiolina che in parte lo nascondeva. Una luce bianca veniva emanata da ogni cosa dando la sensazione che fossero arroccati in cima al paradiso stesso.
“Guarda,” gli