“E non lo è?” domandò Maria a bruciapelo.
Reid sentì il volto cambiare di nuovo colore. “Sì, immagino che lo sia.”
La donna sorrise di nuovo con aria maliziosa. Sembrava che stesse ridendo del suo imbarazzo. In campo, nei panni di Kent Steele, lui aveva dimostrato di essere sicuro di sé, abile, e composto. Ma lì, nel mondo reale, era goffo quanto lo sarebbe stato chiunque altro dopo quasi due anni di celibato.
“E di te cosa mi dici?” continuò Maria. “Come te la cavi?”
“Sto bene,” rispose. “Sono tranquillo.” Non appena l’ebbe detto, se ne pentì. Non aveva appena imparato dalla figlia che l’onestà era la migliore politica? “Non è vero,” si corresse subito. “In realtà non va tutto così bene. Mi tengo impegnato con ogni genere di faccenda inutile, e mi do degli alibi, perché se mi fermo abbastanza a lungo da rimanere da solo con i miei pensieri, mi tornano in mente i loro nomi. Vedo le loro facce, Maria. E non riesco a non pensare che non ho fatto abbastanza per impedirlo.”
Lei sapeva esattamente di che cosa stava parlando, delle nove persone che erano state uccise nell’unica esplosione che Amun era riuscito a innescare a Davos. Maria si sporse attraverso il tavolo e gli prese la mano. Il tocco gli spedì una scarica elettrica su per il braccio, e sembrò calmargli i nervi. Le dita della donna erano calde e morbide sulle sue.
“È questa la realtà con cui dobbiamo fare i conti,” disse lei. “Non possiamo salvare tutti. So che non hai ancora recuperato tutti i tuoi ricordi come Zero, ma se li avessi, lo sapresti.”
“Forse non voglio saperlo,” rispose Reid a bassa voce.
“Lo capisco. Dobbiamo provarci lo stesso. Ma se credi di poter tenere tutto il mondo al sicuro diventerai matto. Sono state prese nove vite, Kent. È successo, e non possiamo tornare indietro. Ma avrebbero potuto essere un migliaio. È questo l’unico modo per vederla.”
“E se non ci riesco?”
“Allora… trovati un hobby, magari? Io faccio l’uncinetto.”
A Reid sfuggì una risata. “L’uncinetto?” Non riusciva a immaginare Maria che sferruzzava. Mentre usava i ferri da maglia come arma per storpiare un dissidente? Certo. Ma mentre faceva sul serio l’uncinetto?
Lei rimase a testa alta. “Esatto, faccio l’uncinetto. Non ridere. Ho appena finito una coperta più morbida di qualsiasi cosa tu abbia mai toccato in vita tua. Il punto è che devi trovarti un hobby. Ti serve qualcosa che ti tenga le mani e la mente impegnate. Che mi dici della tua memoria? Ci sono miglioramenti?”
Reid sospirò. “Non molto. Immagino che non mi sia successo niente in grado di smuoverla. È ancora tutto confuso.” Mise da parte il menu e intrecciò le mani sopra al tavolo. “Anche se, dato che ne stiamo parlando… poco fa mi è successa una cosa strana. È riemerso un frammento di un ricordo. Era su Kate.”
“Oh?” Maria si morse il labbro inferiore.
“Già.” Reid rimase in silenzio per un lungo momento. “Le cose tra me e Kate… prima che lei morisse. Andavano bene, giusto?”
Maria lo fissò dritto in faccia, i suoi occhi grigio ardesia puntati su quelli di lui. “Sì. Per quanto ne so, tra di voi le cose sono sempre andate bene. Kate ti amava moltissimo, e tu provavi lo stesso per lei.”
Reid trovò difficile sostenere il suo sguardo. “Già. Certo.” Scosse la testa. “Dio, sentimi. Sto parlando della mia defunta moglie a un appuntamento. Ti prego, non dirlo a mia figlia.”
“Ehi.” La donna gli strinse di nuovo le dita tra le proprie sopra al tavolo. “Va tutto bene, Kent. Lo capisco. Per te è una cosa nuova. Neanche io sono un’esperta qui, quindi… ne verremo a capo insieme.”
Rimasero fermi, mano nella mano. Era una sensazione piacevole. No, era qualcosa di più, era giusto. Lui ridacchiò nervosamente, ma il suo sorriso si trasformò in una smorfia perplessa quando fu colpito da uno strano pensiero, cioè che Maria lo chiamava ancora Kent.
“Che c’è?” domandò la collega.
“No. Stavo solo pensando… Non so nemmeno se Maria Johansson è il tuo vero nome.”
La donna scrollò le spalle, senza sbilanciarsi. “Potrebbe esserlo.”
“Non è giusto,” protestò Reid. “Tu conosci il mio.”
“Non sto dicendo che non sia il mio vero nome.” Si stava divertendo a prenderlo in giro. “Mi puoi sempre chiamare agente Calendula, se preferisci.”
Reid scoppiò a ridere. Calendula era il suo nome in codice, come Zero per lui. Gli sembrava buffo, usare i nomi in codice quando si conoscevano personalmente, ma d’altra parte, la parola Zero sembrava incutere paura in molte persone che aveva incontrato.
“Quale era il nome in codice di Reidigger?” chiese piano poi. Era quasi doloroso da domandare. Alan Reidigger era stato il migliore amico di Kent Steele—no, pensò Reid, era il mio migliore amico—un uomo dalla fedeltà apparentemente incrollabile. L’unico problema era che non ricordava quasi nulla di lui. Ogni memoria di Reidigger era svanita insieme all’impianto che Alan aveva aiutato a inserire.
“Non te lo ricordi?” Maria fece un sorriso gentile, ripensandoci. “È stato Alan a darti il nome Zero, lo sapevi? E tu hai dato a lui il suo. Dio, erano anni che non ci pensavo. Eravamo ad Abu Dhabi, mi sembra, avevamo appena terminato un’operazione ed eravamo ubriachi in un qualche albergo snob. Ti definì ‘Ground Zero’, come il punto d’impatto di una bomba, perché avevi la tendenza a lasciarti dietro solo macerie. Poi divenne solo Zero, e il nome ti rimase attaccato. E tu lo chiamasti…”
Un telefono squillò, interrompendo la sua storia. Istintivamente Reid lanciò un’occhiata al proprio cellulare, appoggiato sul tavolo, aspettandosi di vedere il numero di casa sua o del telefono di Maya sullo schermo.
“Tranquillo,” disse Maria, “sono io. Lo ignorerò…” Guardò il proprio cellulare e corrugò le sopracciglia perplessa. “In realtà, è dal lavoro. Solo un secondo.” Rispose. “Sì? Mmh-mmh.” Il suo sguardo serio incontrò quello di Reid. Lo sostenne mentre la sue espressione si faceva sempre più accigliata. Qualsiasi cosa stessero dicendo dall’altro capo della linea non erano di certo buone notizie. “Ho capito. Okay. Grazie.” Riappese.
“Mi sembri turbata,” notò lui. “Lo so, lo so, non puoi parlare di lavoro e…”
“È scappato,” mormorò la donna. “L’assassino di Sion, quello in ospedale? Kent, è fuggito, meno di un’ora fa.”
“Rais?” esclamò Reid sbalordito. Subito un sudore gelido gli coprì la fronte. “Come?”
“Non ho nessun dettaglio,” rispose in fretta lei mentre rinfilava il cellulare nella borsetta. “Mi dispiace così tanto, Kent, ma devo andare.”
“Sì,” mormorò l’uomo. “Capisco.” Era come se fosse a centinaia di chilometri di distanza dal loro intimo tavolo nel piccolo ristorante. L’assassino che aveva lasciato per morto—non una volta ma due—era ancora vivo, ed era in libertà.
Maria si alzò, e prima di andarsene, si chinò e premette le labbra alle sue. “Presto ci rivedremo di nuovo, te lo prometto. Ma per adesso, il dovere mi chiama.”
“Ma certo,” replicò lui. “Vai e trovalo. E, Maria? Stai attenta. È pericoloso.”
“Lo sono anche io.” Gli fece l’occhiolino, e poi uscì rapidamente dal ristorante.
Reid rimase seduto da solo per un lungo momento. Quando la cameriera si avvicinò, non la sentì nemmeno parlare; le fece solo un vago cenno a indicare che stava bene così. Ma la realtà era che stava tutt’altro che bene. Non aveva nemmeno sentito un brivido nostalgico quando Maria lo aveva baciato. Tutto ciò che aveva provato era una stretta allo stomaco per l’ansia.
L’uomo