la fraude sua: or è da odiar ben forte,
poi che con gli occhi tuoi tu vedi certa,
quanto sia meretrice, e di che sorte.
Serbi quest'arme che volti in te stesso,
a far dinanzi al re tal fallo espresso. —
Quando si vede Ariodante giunto
sopra il fratel, la dura impresa lascia;
ma la sua intenzion da quel ch'assunto
avea già di morir, poco s'accascia.
Quindi si leva, e porta non che punto,
ma trapassato il cor d'estrema ambascia;
pur finge col fratel, che quel furore
non abbia più, che dianzi avea nel core.
Il seguente matin, senza far motto
al suo fratello o ad altri, in via si messe
da la mortal disperazion condotto;
né di lui per più dì fu chi sapesse.
Fuor che 'l duca e il fratello, ogn'altro indotto
era chi mosso al dipartir l'avesse.
Ne la casa del re di lui diversi
ragionamenti e in tutta Scozia fersi.
In capo d'otto o di più giorni in corte
venne inanzi a Ginevra un viandante,
e novelle arrecò di mala sorte:
che s'era in mar summerso Ariodante
di volontaria sua libera morte,
non per colpa di borea o di levante.
D'un sasso che sul mar sporgea molt'alto
avea col capo in giù preso un gran salto.
Colui dicea: – Pria che venisse a questo,
a me che a caso riscontrò per via,
disse: – Vien meco, acciò che manifesto
per te a Ginevra il mio successo sia;
e dille poi, che la cagion del resto
che tu vedrai di me, ch'or ora fia,
è stato sol perc'ho troppo veduto:
felice, se senza occhi io fussi suto! —
Eramo a caso sopra Capobasso,
che verso Irlanda alquanto sporge in mare.
Così dicendo, di cima d'un sasso
lo vidi a capo in giù sott'acqua andare.
Io lo lasciai nel mare, ed a gran passo
ti son venuto la nuova a portare. —
Ginevra, sbigottita e in viso smorta,
rimase a quello annunzio mezza morta.
Oh Dio, che disse e fece, poi che sola
si ritrovò nel suo fidato letto!
percosse il seno, e si stracciò la stola,
e fece all'aureo crin danno e dispetto;
ripetendo sovente la parola
ch'Ariodante avea in estremo detto:
che la cagion del suo caso empio e tristo
tutta venìa per aver troppo visto.
Il rumor scorse di costui per tutto,
che per dolor s'avea dato la morte.
Di questo il re non tenne il viso asciutto,
né cavallier né donna de la corte.
Di tutti il suo fratel mostrò più lutto;
e si sommerse nel dolor sì forte,
ch'ad esempio di lui, contra se stesso
voltò quasi la man per irgli appresso.
E molte volte ripetendo seco,
che fu Ginevra che 'l fratel gli estinse,
e che non fu se non quell'atto bieco
che di lei vide, ch'a morir lo spinse;
di voler vendicarsene sì cieco
venne, e sì l'ira e sì il dolor lo vinse,
che di perder la grazia vilipese,
ed aver l'odio del re e del paese.
E inanzi al re, quando era più di gente
la sala piena, se ne venne, e disse:
– Sappi, signor, che di levar la mente
al mio fratel, sì ch'a morir ne gisse,
stata è la figlia tua sola nocente;
ch'a lui tanto dolor l'alma trafisse
d'aver veduta lei poco pudica,
che più che vita ebbe la morte amica.
Erane amante, e perché le sue voglie
disoneste non fur, nol vo' coprire:
per virtù meritarla aver per moglie
da te sperava e per fedel servire;
ma mentre il lasso ad odorar le foglie
stava lontano, altrui vide salire,
salir su l'arbor riserbato, e tutto
essergli tolto il disiato frutto. —
E seguitò, come egli avea veduto
venir Ginevra sul verrone, e come
mandò la scala, onde era a lei venuto
un drudo suo, di chi egli non sa il nome,
che s'avea, per non esser conosciuto,
cambiati i panni e nascose le chiome.
Soggiunse che con l'arme egli volea
provar tutto esser ver ciò che dicea.
Tu puoi pensar se 'l padre addolorato
riman, quando accusar sente la figlia;
sì perché ode di lei quel che pensato
mai non avrebbe, e n'ha gran maraviglia;
sì perché sa che fia necessitato
(se la difesa alcun guerrier non piglia,
il qual Lurcanio possa far mentire)
di condannarla e di farla morire.
Io non credo, signor, che ti sia nuova
la legge nostra che condanna a morte
ogni donna e donzella, che si pruova
di sé far copia altrui ch'al suo consorte.
Morta ne vien, s'in un mese non truova
in sua difesa un cavallier sì forte,
che contra il falso accusator sostegna
che sia innocente e di morire indegna.
Ha fatto il re bandir, per liberarla
(che pur gli par ch'a torto sia accusata),
che vuol per moglie e con gran dote darla
a chi torrà l'infamia che l'è data.
Chi per lei