– Oh, comare gallina e compare gallo, dove andate?
– Andiamo alle nozze di Pollicino.
– Ci vengo anch’io?
– Se ci sei nella lettera, – e il gallo riapre la lettera e legge:
“Gallo cristallo, gallina cristallina, oca contessa…” Ci sei; e andiamo!
Cammina cammina tutti e tre, ed incontrano l’anatra. – Dove andate, comare oca, comare gallina e compare gallo?
– Andiamo alle nozze di Pollicino.
– Ci vengo anch’io?
– E sì, se ci sei. – Legge: «Gallo cristallo, gallina cristallina, oca contessa, anatra badessa…» Ci sei: e be’, vieni anche tu!
Dopo un altro po’ incontrarono l’uccellino cardellino.
– Dove andate, comare anatra, comare oca, comare gallina e compare gallo?
– Andiamo alle nozze di Pollicino.
– Ci vengo anch’io?
– E sì, se ci sei! – Riapre la lettera: – «Gallo cristallo, gallina cristallina, oca contessa, anatra badessa, uccellino cardellino…» Ci sei anche tu. – E si misero in cammino tutti e cinque.
Ecco che incontrarono il lupo, e anche il lupo chiese dove andavano.
– Andiamo alle nozze di Pollicino, – rispose il gallo.
– Ci vengo anch’io?
– Sì, se ci sei! – e il gallo rilesse la lettera, ma il lupo non c’era.
– Ma io ci voglio venire! – disse il lupo.
E quelli, per paura, risposero:
– …E andiamo.
Fatti un altro po’ di passi[61], il lupo disse tutt’a un tratto:
– Ho fame.
Il gallo gli rispose:
– Io da darti non ho niente…
– Allora mi mangio te! – e il lupo spalancò la bocca e se lo inghiottì sano sano[62].
Dopo un altro po’ di strada, ripetè:
– Ho fame.
La gallina gli rispose come aveva risposto il gallo, e il lupo s’ingollò anche lei.
E così fece con l’oca e così con l’anatra.
Rimasero soli il lupo e l’uccellino.
Il lupo disse:
– Uccellino, ho fame!
– E che vuoi che io ti dia?[63]
– Allora mi mangio te! – Spalancò la bocca… e l’uccellino gli si posò sulla testa.
Il lupo si sforzava d’acchiapparlo, ma l’uccellino svolazzava di qua, svolazzava di là, saltava su una frasca, su un ramo, poi tornava sulla testa del lupo, sulla coda, e lo faceva ammattire.
Quando il lupo si fu stancato per bene, vide lontano venirsene una donna con una canestra sulla testa, che portava da mangiare ai mietitori. L’uccellino chiamò il lupo:
– Se mi salvi la vita, io ti faccio fare una mangiata[64] di tagliolini e carne, che quella donna porta ai mietitori. Perché lei, quando mi vedrà, mi vorrà acchiappare, io volerò via e salterò da una frasca all’altra. Lei poserà la canestra per terra, e tu potrai mangiarti tutto.
Difatti, venne la donna, vide l’uccellino così bello, e subito stese la mano per pigliarlo, ma quello s’alzò un tantino. La donna posò la canestra e gli corse dietro. Allora il lupo andò alla canestra e mangiò.
– Aiuto! Aiuto! – grida la donna. Arrivano tutti i mietitori, chi con la falce, chi col bastone, saltano sul lupo e l’ammazzano.
Dalla pancia saltano fuori sani e salvi il gallo cristallo, la gallina cristallina, l’oca contessa, l’anatra badessa, e insieme all’uccellino cardellino, vanno alle nozze di Pollicino.
Le domande da rispondere
1. Cosa trovò per terra il gallo?
2. Cosa c’era scritto nella lettera?
3. Perché tutta la compania ha permesso al lupo di unirsi a loro?
4. Quale furbezza ha combinato l’uccellino?
5. Cosa ha detto al lupo?
6. Come l’uccellino ha ingannato il lupo?
7. Come era salvata tutta la compagnia che… dove andava?
Pesce lucente
C’era un buon vecchio, cui erano morti i figli e non sapeva come campare, lui e sua moglie, anch’essa vecchia e malandata.
Andava tutti i giorni a far legna nel bosco[65], e vendeva la fascina per comprare il pane, se no non mangiava.
Un giorno mentre andava pel bosco lamentandosi, gli si fece incontro[66] un signore dalla lunga barba, e gli disse:
– So tutte le tue pene, e voglio aiutarti. Ecco una borsa con cento ducati.
Il vecchio prese la borsa e svenne. Quando si riebbe, quel signore era scomparso. Il vecchio tornò a casa e nascose i cento ducati sotto un mucchio di letame, senza dir niente alla moglie.
– Se li do a lei, finiscono presto… – E continuò ad andare nel bosco l’indomani come prima.
La sera dopo, trovò la tavola ben imbandita[67].
– Come hai fatto a comprare tutta questa roba? – chiese, già in allarme.
– Ho venduto il letame, – disse la moglie.
– Sciagurata! C’erano cento ducati nascosti!
L’indomani, il vecchio andava per il bosco sospirando più di prima. E incontrò di nuovo quel signore dalla lunga barba.
– So della tua sfortuna, – disse il signore. – Pazienza: ecco qui altri cento ducati.
Stavolta il vecchio li nascose sotto un mucchio di cenere. La moglie il giorno dopo vendette la cenere e imbandì tavola. Il vecchio quando tornò e seppe, non mangiò neanche un boccone: andò a letto strappandosi i capelli.
Al bosco, l’indomani, stava piangendo, quando tornò quel signore.
– Stavolta non ti darò più danaro. Tieni queste ventiquattro rane, vendile, e col ricavato comprati un pesce, il più grosso che riuscirai ad avere.
Il vecchio vendette le ranocchie e comprò un pesce. La notte s’accorse che luccicava: mandava una gran luce che si spandeva tutt’intorno. A tenerlo in mano, era come tenere una lanterna.
La sera lo appese fuor dalla finestra perché stesse al fresco[68]. Era una notte buia, di burrasca. I pescatori che erano al largo[69] non trovavano la via del ritorno tra le onde. Videro la luce a quella finestra, remarono dirigendosi verso la luce, e si salvarono. Diedero al vecchio metà della loro pesca e fecero con lui il patto[70] che se avesse appeso quel pesce alla finestra ogni notte, avrebbero sempre diviso con lui la pesca della notte. E cosi fecero, e quel buon