– Cosa volete che sappia ricamare una vostra figlia, che ha sempre fatto la lattaia?
E per dispregio le diede un pezzo di canovaccio.
La ragazza si mise a ricamarlo e ne venne fuori una cosa così preziosa, che la Regina quando la contadina glielo portò restò a bocca aperta, e le mandò due monete d’oro, e insieme un cencio da toglier la polvere[47], che provasse a ricamare un po’ quello.
Dopo qualche giorno, la contadina le portò un capolavoro di ricamo. La Regina le diede tre monete d’oro e una gonnellaccia tutta sdrucita. La contadina gliela riportò che pareva una gonna da festa da ballo.
– Ma dove ha imparato a ricamare così bene, vostra figlia? – chiedeva la Regina.
– Dalle monache…
– Sarà, ma questi non sono lavori che possano essere usciti dalle mani[48] d’una contadina. Bene, le ordinerò tutto il corredo di sposo di mio figlio.
Il figlio del Re, saputo di questa lattaia che gli ricamava il corredo, la volle conoscere, e l’andava a trovare mentre lavorava. E siccome era un giovane un po’ discolo, le dava anche noia.[49] Un giorno, dai e dai [50], la prese di sorpresa e le diede un bacio. La lattaia allora gli puntò il punteruolo contro il petto. Lo punse nel cuore e lui morì.
La ragazza fu condotta al Tribunale, e questo Tribunale era formato dalle quattro figlie del Re. La maggiore chiese condanna a morte, la seconda condanna a vita, la terza a vent’anni, e la piccina, che era la più buona, e che dentro di sé[51] capiva che la colpa era stata del fratello, chiese solo una condanna a otto anni, ma chiusa in una torre insieme col cadavere, perché l’avesse sempre sotto gli occhi e si pentisse.[52] Vinse il consiglio della più piccina. La ragazza fu condotta alla torre, e passando, la figlia del Re più piccina le disse all’orecchio:
– Non aver paura. Io t’aiuterò.
Difatti tutti i giorni mandava alla prigioniera della torre i cibi migliori della mensa di Corte.
Da tre anni la prigioniera stava chiusa nella torre, quando vide apparire in cielo l’uccello dalle grandi ali che l’aveva rapita. Si posò in cima alla torre, si costruì un nido e fece le uova. Dalle uova nacquero dieci uccellini.
– Uccello, uccello, – diceva tutti i giorni la prigioniera, – come m’hai portato via da casa, portami via di qui.
Vicino alla torre, c’era il palazzo delle tre figlie maggiori del Re. E un giorno, stando alla finestra, sentirono questo discorso della ragazza e l’andarono a riferire al Re.
– Cacciate quell’uccello dalla torre, – ordinò il Re. Le guardie, con le loro lance, buttarono giù il nido, i dieci uccellini caddero a terra e restarono morti.
La sera, la prigioniera vide il grande uccello scendere sugli uccellini morti con nel becco un ciuffo d’una certa erba, strusciarli con quell’erba e gli uccellini risuscitarono.
– Uccello, uccello, – disse la prigioniera, – portami quest’erba miracolosa!
L’uccello rivolò via e ritornò con un fascio d’erbe nelle zampe.
La ragazza prese l’erba e corse a strofinarla sul cadavere del figlio del Re. A poco a poco, il figlio del Re risuscitò.
Non so dire chi dei due fu più felice: s’abbracciarono, si baciarono, si fecero tante feste.
La notizia la tennero segreta a tutti, tranne che alla figliola del Re la più piccina, che, tutta contenta della bella sorpresa, prese a mandar loro ogni giorno ogni ben di Dio, e poiché il fratello le chiese una chitarra, gli mandò anche una chitarra.
Adesso i due innamorati rinchiusi nella torre passavano le ore cantando e suonando la chitarra. Le tre figlie maggiori del Re, dal palazzo vicino, sentivano questi suoni e questi canti e vollero andare a vedere cosa c’era. Ma il figlio del Re si sdraiò di nuovo nella cassa e la ragazza fece finta di cascare dalle nuvole.[53] Le sorelle tornarono con un pugno di mosche;[54]ma la sera, risentirono venire dalla torre suoni e canti.
Insistettero tanto col Re, che lui diede ordine che la prigioniera fosse cambiata di prigione. Andarono le guardie a prenderla, ed ecco che la si vide uscire di prigione a braccetto del figlio del Re, vivo e sano[55] come un pesce.
Tutta la famiglia reale, che era alla finestra a veder passare la prigioniera, restò a bocca aperta.
– Babbo, mamma, sorelle, – disse il figlio del Re, – vi presento la mia sposa.
La sorella più piccina batté le mani.
Ma alle tre sorelle maggiori, d’avere una cognata lattaia, non andava giù,[56] e la studiarono tutteper umiliarla e canzonarla.
– Prima delle nozze, – disse la sposa, – devo andare a casa mia a salutare i miei genitori. Ditemi che regalo vi devo portare.
– Uh! Un fiasco di latte! – disse la prima cognata.
– Ih! Io voglio una ricotta! – disse la seconda cognata.
– Eh! A me portami una cesta d’aglio! – disse la terza cognata.
La lattaia partì ma non andò dal contadino, andò da suo padre quello vero, il Re che l’aveva tenuta tanto tempo nel palazzo sottoterra. E dopo una settimana tornò dallo sposo con una bella pariglia tirata da cavalli bianchi.
– Come? La lattaia in pariglia? – si chiesero le cognate vedendola arrivare.
Scese la lattaia e portò i regali: alla prima cognata diede il fiasco di latte, fiasco d’argento con la veste d’oro;[57] alla seconda cognata diede la ricotta, ricotta d’argento in un paniere d’oro; alla terza cognata diede la cesta d’aglio, spicchi di brillanti e foglie di smeraldo.
– E a me che t’ho sempre voluto bene non mi hai portato niente? – chiese la più piccina.
La lattaia aperse lo sportello della carrozza e scese un bel giovane.
– Questo è il mio fratellino che è nato mentre io ero via dalla Corte. Sarà il tuo sposo.
Le domande da rispondere
1. Perché il Re e la Regina misero la sua figlia in un bellissimo palazzo sottoterra?
2. Come sucesse che la ragazza capitò alla famiglia dei contadini?
3. Come la lattaia ha ucciso il giovane che l’ha baciata?
4. Quali condanne scegliero le figlie del Re per la lattaia?
5. Come era risuscitato il figlio del Re?
6. Cosa facevano gli innamorati rinchiusi nella torre?
7. Quali regali portò loro la lattaia dopo esser tornata dai genitori? 8. Quale regalo ha portato la lattaia alla figlia minore del Re e perché lo ha fatto?
Gallo cristallo
C’era una volta un gallo che andava girando per il mondo.
Trovò una lettera per strada, la raccolse col becco, la lesse; diceva: «Gallo cristallo, gallina cristallina, oca contessa, anatra badessa, uccellino cardellino, andiamo alle nozze di Pollicino[58].»
Il gallo si mette in cammino per andarci, e dopo pochi passi incontra la gallina:
– Dove vai, compare gallo?
– Vado