I. Una scelta società di filosofi, uomini educati liberamente e disposti alla curiosità, poteva meditare in silenzio, o tranquillamente discutere ne' giardini di Atene o nella libreria d'Alessandria le astruse questioni della scienza metafisica. Le sublimi speculazioni, che non convincevano l'intelletto, nè agitavano le passioni degli stessi Platonici, venivan trascurate dalla parte sì oziosa che attiva ed anche studiosa dell'umano genere163. Ma dopo che il Logos fu rivelato come il sacro oggetto della fede, della speranza e del religioso culto de' Cristiani, fu abbracciato quel misterioso sistema da una copiosa e sempre crescente moltitudine in ogni Provincia del Mondo Romano. Quelli, che per l'età, pel sesso, o per le occupazioni loro erano i meno atti a giudicare, ed i meno esercitati nell'abitudine di ragionare astrattamente, aspiravano essi pure a contemplar l'economia della natura divina: e Tertulliano164 vanta che un artefice Cristiano potea facilmente rispondere a tali questioni, che avrebbero imbarazzato il più acuto de' Greci Sapienti. Dove il soggetto è tanto al di là delle nostre forze, la differenza fra il più sublime ed il più debole degli umani ingegni può in vero computarsi per un infinitamente piccolo; pure si può forse misurare il grado di debolezza dal grado d'ostinazione e di dogmatica sicurezza. Queste speculazioni, invece d'esser risguardate come divertimenti di qualche ora disoccupata, divennero l'affare più serio della vita presente, e la preparazione più vantaggiosa per la futura. Una teologia ch'era obbligo credere, di cui era empietà il dubitare, ed intorno a cui sarebbe stato pericoloso ed anche fatale ogni sbaglio, divenne il famigliar argomento delle private meditazioni e de' popolari discorsi. La fredda indifferenza della Filosofia era infiammata dal fervente spirito di devozione; ed eziandio le metafore del linguaggio comune suggerivano fallaci pregiudizi di senso e d'esperienza. I Cristiani, che abborrivano la grossolana ed impura generazione della mitologia Greca165 furon tentati di trarre argomento dalla famigliare analogia delle relazioni filiale e paterna. Il carattere di figlio pareva che includesse una perpetua subordinazione al volontario autore della sua esistenza166; ma siccome bisogna supporre, che l'atto di generare, nel più spirituale ed astratto senso, trasfonda le proprietà d'una natura comune167, non ardirono di limitar la potenza o la durata del Figlio di un onnipotente ed eterno Padre. Ottant'anni dopo la morte di Cristo, i Cristiani della Bitinia dichiararono avanti al Tribunale di Plinio, ch'essi l'invocavano come Dio; ed in ogni secolo e paese gli si son continuati gli onori divini dalle varie Sette, che hanno assunto il nome di suoi discepoli168. La tenera loro venerazione per la memoria di Cristo, e l'orrore che avevano pel culto profano di ogni Ente creato, gli avrebbe impegnati a sostenere l'uguale ed assoluta Divinità del Logos, se il rapido loro volo verso il trono del Cielo non si fosse insensibilmente frenato dal timore di violar l'unità e la sola superiorità del gran Padre di Cristo e dell'Universo. Si può veder la sospensione e l'ondeggiamento prodotto negli animi dei Cristiani da queste contrarie inclinazioni negli scritti de' Teologi, che fiorirono dopo il tempo degli Apostoli, ed avanti l'origine della controversia Arriana. Tanto gli ortodossi quanto gli eretici pretendono con ugual sicurezza d'averli in loro favore; ed i più diligenti critici vanno pienamente d'accordo, che se essi ebber la buona fortuna di conoscer la Cattolica verità, almeno hanno espresso i loro sentimenti con parole indeterminate, inesatte ed alle volte contraddittorie169.
II. La devozione degl'individui era la prima circostanza che distingueva i Cristiani da' Platonici; la seconda era l'autorità della Chiesa. I discepoli della Filosofia sostenevano i diritti dell'intellettual libertà; ed il rispetto, che avevano pe' sentimenti de' loro maestri, era un libero e volontario tributo che offerivano alla superiorità della religione. Ma i Cristiani formavano una società numerosa e disciplinata; e rigorosamente s'esercitava sugli animi de' Fedeli la giurisdizione delle leggi e de' Magistrati. I liberi voli dell'immaginazione venivano di mano in mano ristretti dalle formule e dalle confessioni di fede170; la libertà del giudizio privato era sottoposta alla pubblica dottrina de' Sinodi; l'autorità di un Teologo veniva determinata dal grado che esso tenea nella Chiesa; e gli Episcopali successori degli Apostoli soggettavano all'Ecclesiastiche censure coloro, che deviavan dalla Fede ortodossa. Ma in un tempo di controversie religiose ogni atto d'oppressione accresceva nuova forza all'elastico vigor dello spirito; ed alle volte anche lo zelo o l'ostinazione d'un ribelle spirituale si fomentava da segreti motivi d'ambizione o d'avarizia. Un argomento metafisico diveniva la causa, o il pretesto di contese politiche; si usavan le sottigliezze della scuola Platonica come le insegne delle fazioni popolari, e la differenza, che separava le rispettive loro opinioni, si accresceva o magnificava dall'acrimonia della disputa. Finattanto che l'oscura eresia di Prassea e di Sabellio procurò di confondere il Padre col Figlio171, il partito Ortodosso fu degno di scusa, se aderiva con maggior vigore ed impegno alla distinzione che all'uguaglianza delle persone divine. Ma tosto che fu sopito il calor della controversia, ed il progresso dei Sabelliani non dava più motivo di temere alle Chiese di Roma, dell'Affrica o dell'Egitto, la corrente della opinione teologica cominciò a voltarsi con un dolce ma costante moto verso l'estremo contrario; ed i più Ortodossi Dottori non si guardarono dall'usare i termini e le definizioni, che in bocca de' Settari s'erano censurate172. Dopo che l'Editto di tolleranza ebbe restituito la pace a' Cristiani, insorse di nuovo la controversia della Trinità nell'antica sede del Platonismo, nella dotta, opulenta e tumultuosa città d'Alessandria; e la fiamma della discordia religiosa rapidamente si comunicò dalle scuole al Clero, al Popolo, alla Provincia ed all'Oriente. Si agitaron le astruse questioni dell'eternità del Logos nell'Ecclesiastiche conferenze e ne' discorsi popolari; e furon ben presto fatte pubbliche l'eterodosse opinioni d'Arrio173 dal proprio zelo di lui, e da quello de' suoi avversari. I più implacabili nemici suoi hanno riconosciuto la dottrina e la vita incorrotta di quell'eminente Prete, che in un'antecedente elezione aveva dichiarate, e forse generosamente soppresse, le sue pretensioni alla sede Episcopale174, Alessandro, competitore di lui, prese le parti di suo giudice. Fu agitata l'importante causa avanti di esso; e sebbene a principio sembrasse dubbioso, finalmente pronunziò la sua definitiva sentenza, come un'assoluta regola di fede175. L'indomito Prete, che ardì resistere all'autorità del suo ardente Vescovo, fu separato dalla comunione della Chiesa. Ma l'orgoglio d'Arrio era sostenuto dall'applauso d'un numeroso partito. Egli contava fra' suoi immediati seguaci due Vescovi dell'Egitto, sette Preti, dodici Diaconi, e (quel che sembra quasi incredibile) settecento Vergini. Un grandissimo numero de' Vescovi Asiatici parve che ne sostenesse, o favorisse la causa; ed i loro passi eran condotti da Eusebio di Cesarea, il più dotto de' Prelati Cristiani, e da Eusebio di Nicomedia, che aveva acquistato la riputazione di uomo di stato senza perder quella di Santo. Si opposero nella Palestina e nella Bitinia de' Sinodi a quelli dell'Egitto. Questa teologica disputa s'attirò l'attenzione