IV. Il Clero Latino, che eresse il proprio tribunale sulle rovine del Gius civile e comune, ha modestamente riconosciuto come un dono di Costantino110 quell'indipendente giurisdizione, che fu il frutto del tempo, del caso, e della propria sua industria. Ma la liberalità degli Imperatori Cristiani aveva già insignito il carattere Sacerdotale di certe legali prerogative, che lo assicuravano e lo nobilitavano111. Primieramente sotto un governo dispotico i Vescovi erano i soli che godessero e mantenessero l'inestimabile privilegio di non esser giudicati che da' loro pari; ed anche nelle accuse capitali i soli giudici della loro reità od innocenza erano i loro fratelli adunati in un Sinodo. Un tribunale di questa sorte, a meno che non fosse acceso da un odio personale, o da discordia religiosa, poteva esser favorevole o anche parziale all'ordine de' Sacerdoti: ma Costantino era persuaso112 che l'impunità segreta sarebbe stata meno perniciosa del pubblico scandalo, ed il Concilio Niceno restò edificato da quella sua pubblica dichiarazione, che s'egli avesse sorpreso un Vescovo in adulterio, avrebbe gettato il proprio imperial manto sopra del reo. In secondo luogo, la domestica giurisdizione de' Vescovi era nel tempo stesso un privilegio ed un freno dell'ordine Ecclesiastico, le cause civili del quale potevano decentemente sottrarsi alla cognizione d'un giudice secolare. Le minori loro colpe non erano esposte alla vergogna d'un pubblico processo o gastigo; e s'imponeva dal moderato rigore de' Vescovi quella specie di mite correzione, che i teneri figli posson ricevere da' loro padri o istruttori. Ma se il cherico diveniva reo d'alcun delitto, che non si potesse abbastanza purgare colla degradazione dal posto onorevole e vantaggioso che aveva in quell'ora, il Magistrato Romano, senza riguardo veruno all'Ecclesiastiche immunità, adoperava la spada della giustizia. In terzo luogo, venne da una positiva legge ratificato l'arbitrio de' Vescovi, e fu ordinato a' Giudici d'eseguire senza dilazione o appello i decreti Episcopali, la validità de' quali non si era sin allora appoggiata che al consenso delle parti. La conversione de' Magistrati medesimi e di tutto l'Impero potè appoco appoco allontanare i timori e gli scrupoli dei Cristiani. Ma essi ricorrevan sempre al tribunale dei Vescovi, de' quali stimavano l'integrità e la dottrina; ed il venerabile Agostino aveva la soddisfazione di dolersi che venivano continuamente interrotte le sue spirituali funzioni dall'odioso travaglio di decidere il diritto o il possesso d'argento e d'oro, di terreni e di bestiami. In quarto luogo, fu trasferito l'antico privilegio del Santuario a' Tempj Cristiani, e dalla generosa pietà di Teodosio il Giovane esteso a' recinti de' luoghi sacri113. Era permesso a' supplichevoli fuggitivi, ed anche rei, d'implorar la giustizia o la misericordia della Divinità e de' suoi Ministri. Veniva sospesa la dura violenza del dispotismo dalla dolce interposizione della Chiesa; e si potevano proteggere le vite ed i beni de' sudditi più cospicui dalla mediazione del Vescovo.
V. Il Vescovo era il perpetuo censore de' costumi del suo popolo. La disciplina della penitenza era disposta in un sistema di giurisprudenza canonica114, che definiva esattamente il dovere della confessione pubblica o privata, le regole delle prove, i gradi delle colpe, e la misura delle pene. Era impossibile eseguire questa censura spirituale, se il Pontefice Cristiano, che puniva le oscure colpe della moltitudine, avesse rispettato i vizi cospicui ed i delitti distruttivi del Magistrato; ma pure era impossibile attaccare la condotta di questo senza sindacare l'amministrazione del governo civile. Alcune considerazioni di religione di fedeltà, o di timore proteggevano le sacre persone degl'Imperatori dallo zelo o risentimento de' Vescovi; ma questi arditamente censuravano e scomunicavano i Tiranni subordinati, che non erano insigniti della maestà della porpora. S. Atanasio scomunicò uno de' Ministri d'Egitto, e l'interdetto, ch'egli pronunziò dell'acqua e del fuoco, fu solennemente trasmesso alle Chiese della Cappadocia115. Al tempo di Teodosio il Giovane, il colto ed eloquente Sinesio, uno de' discendenti d'Ercole116, occupava la sede Episcopale di Tolemaide vicino alle rovine dell'antica Cirene117, ed il Vescovo filosofo sosteneva con dignità il carattere che aveva ricevuto con ripugnanza118. Egli vinse il presidente Andronico, mostro della Libia, che abusava dell'autorità d'un uffizio venale, inventava modi nuovi di rapina e di tortura, ed aggravava il delitto dell'oppressione con quello del sacrilegio