Napoli a occhio nudo: Lettere ad un amico. Fucini Renato. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Fucini Renato
Издательство: Public Domain
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Жанр произведения: Книги о Путешествиях
Год издания: 0
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tutto quello che dà nell'occhio a chi è nuovo di questo paese è tale da far credere che tutti si siano dati le intese, per non fare la stessa cosa nella stessa maniera. Lo spirito di una indipendenza primitiva regna assoluto; ognuno fa quello che crede e che più gli accomoda senza curarsi se sarà ridicolo o se arrecherà ad altri molestia. Le guardie municipali sono impotenti o quasi in tanta baraonda. Il fabbro ferraio porta la sua fucina in mezzo della via ed altrettanto fanno tutti gli altri artigiani; gl'inquilini dei bassi o piani terreni, scacciati dalla oscurità o dalla malaria delle loro tane, si scaricano su la via coi loro mobili, coi loro cani, col gatto, col ciuccio, coi polli, con la pecora, e lì stanno a chiacchierare, a grattarsi, a lavorare, a dormire, a mangiare, a digerire, a… e così dal fare del giorno al calare della notte la intera città assume l'aspetto d'una immensa bottega di rigattiere.

      In alcune vie il cielo è quasi nascosto da migliaja di panni stesi ad asciugare e ventilarsi su corde tirate da una parte all'altra della strada, che sgocciolano e brillano schioccando al vento come se anch'essi godessero di vedersi finalmente puliti davanti alla luce del sole. In altre vie la circolazione è qualche volta preclusa da ogni sorta d'ingombri, eppure a forza di lanci, di zig-zag, si passa, si tira avanti e si ride, e nessuno brontola e nessuno si lamenta, perchè nessuno è rimproverato nè ascolta lamenti se fa altrettanto dal canto suo.

      Ma quanto è bello, amico mio, quanto è seducente per chi ha una dramma d'artista nell'anima, l'effetto pittoresco di questo spettacoloso disordine! Specialmente per colui che vi si trova framezzo, arrivando dalle altre provincie d'Italia, dove gli è necessario un permesso bollato anche per poter fare ciò che legalmente gli è stato imposto, e dove mille elaborati regolamenti ti vessano, ti tormentano e t'impacciano più di tutti gl'ingombri del più affollato vico di Napoli, l'effetto è tanto grande che spesso ti senti sfiorare le labbra da un sorriso di maliziosa compiacenza, quando arrivi ad accorgerti che in fine dei conti tutti gli estremi si toccano. Per carità non dire a nessuno di questa eresia, se no m'impalano. Ed anche tu siimi indulgente e compatisci questo povero diavolo che diventa barbaro provvisoriamente, per eccessivo amore a un ideale d'incivilimento, il quale forse non ha altro difetto che d'essere un po' troppo a modo suo.

      Pur troppo verrà anche per questi aridi appunti l'ora delle dolenti note, e mi toccherà chiudere gli occhi spensierati dell'artista, quando mi accadrà d'ingolfarmi nei reconditi falansteri dell'abbrutimento e della miseria; ma ora lasciami caracollare a modo mio, lasciami respirare a larghi polmoni la voluttà di quest'aura marina che mi accarezza con le sue ali di velluto, lasciami vivere e godere, che io mi sbizzarisca fino alla sazietà, se non vuoi che in cambio di una gioja fanciullesca, ma schietta, ti ponga davanti la falsificazione di una serietà che ho perduta tra la folla e che inutilmente andrei ora a ricercare.

      Chi prova dispetto o non si eccita piacevolmente dinanzi a un tale spettacolo, invochi e presto i soccorsi dell'arte salutare, perchè il suo sangue è guasto.

      L'incontrare una faccia mesta in questa agitata marea di carne umana, è raro assai. Eppure le anime afflitte certo non mancheranno in tanta moltitudine di figli d'Adamo; ma il riflesso della gajezza che predomina su tale scena ti abbarbaglia per modo che le particolarità sfuggono a' tuoi occhi o, se le noti, l'impressione dolorosa che potresti riceverne, è così momentanea che le corde gentili dell'animo tuo non possono mantenere una sensibile vibrazione. È più facile sentirsi provocare una risata omerica dal frate che ti chiede il soldo, offrendoti in cambio i numeri per il lotto, che provare intiera la pietà di una madre, che pallida fino su le labbra ti stende la mano per la sua creatura che ha fame. – L'osservatore crede assistere ad una splendida pantomima; sfiora con l'occhio la superficie di tutto, e in ogni pezzo della maravigliosa macchina, in ogni comparsa che ride o piange sotto i suoi occhi, non vede altro che la fantasia del coreografo, e de' corifei che gli ballano davanti, altro non scorge che le vesti e la faccia rischiarata dai lumi della ribalta. —

      Per colui che voglia presto acquistarne una idea generale e vedersi sfilare davanti tutti i personaggi della commedia di Napoli, la via di Toledo è, fra tutte le strade della città, quella che più si presta a tale scopo. La linea retta che questa mantiene per un lungo tratto fino alle sue estremità, dove sensibilmente s'incurva; il leggiero declivio del suo piano rotabile, per mezzo del quale, come dalla platea di un teatro, si può da qualunque punto dominarne il movimento al di sopra ed al di sotto di noi senza trovarci affogati tra la folla, si prestano mirabilmente al nostro desiderio, tanto più che da ogni quartiere, da ogni rione lontano si scarica e passa tumultuosamente confuso in questa arteria massima lo svariato popolo della città, che contiene entro la sua cerchia tutte sfumature della scala sociale, dal lezzo dell'Imbrecciata ai profumi del Pizzo Falcone.

      Percorrendo questa bellissima via e voltandosi ora a destra ed ora a sinistra ad osservare le numerose vie secondarie che vi fanno capo, notabili specialmente in quell'intersecato gruppo compreso tra le strade Trinità degli Spagnoli e Montecalvario, le quali dopo i Gradoni di Chiaja, Rua Catalana, Borgo Loreto ed altre minori sono per me le più originali di Napoli, tu puoi anche formarti una esatta idea del materiale della città, poichè da questo centro di circolazione che resta incassato profondamente nella massa enorme dei fabbricati, di rado l'occhio e l'attenzione restano distratti dalla vista dei circostanti colli e della marina.

      Nessun paese al mondo, io credo, conserva al pari di Napoli così scarsa e non pregevole quantità di tracce monumentali delle dinastie che vi si sono succedute nel dominio. La ragione di questo fatto credo non possa ripetersi altro che dalla breve durata delle singole occupazioni, e, più che da questo, dalle lotte continue che gl'invasori hanno dovuto sostenere fra loro per contrastarsi accanitamente questa agognata regione, tantochè le arti della guerra mai non hanno dato una tregua abbastanza lunga, da permettere l'incremento di quelle della pace, che ogni invasore avrebbe potuto, buone o cattive, trapiantarvi dal proprio paese. Dei Bisantini e dei Normanni qualche rara ed informe traccia, fuor che nei dintorni; degli Svevi e degli Angioini qualche chiesa e le loro solide reggie, meglio paragonabili a robusti fortilizi che a principesche dimore; degli Spagnoli molte chiese goffissime e pochi obelischi oscenamente barocchi. Una sola cosa di buono operarono costoro e fu di demolizione, quando aprirono la via Toledo. I soli Borboni avrebbero potuto decorare la città di un monumento importante e forse ne avranno avuta l'intenzione, ma non vi sono riusciti. Il loro capolavoro che sarebbe il San Francesco di Paola, malgrado di tutte le pretensioni che ha di somigliare il Pantheon nel suo corpo centrale e di ricordare molto felicemente il porticato del San Pietro nelle ali, non giunge ad altro che a rammentarti, con la scialba sua faccia e con la fredda monotonia delle sue linee, il goffo bigottismo di colui che spaventato all'idea della morte ne decretò la costruzione votiva fra la bevuta d'una pozione diuretica e il Memento homo del prete che gli risciacquava l'anima più citrulla che sporca.

      Ho rammentato a preferenza questo edifizio come quello che scrocca una fama troppo superiore al merito, e perchè più d'ogni altro dà nell'occhio per l'aperta posizione, nella quale si trova e che tanto contribuirebbe ad arricchirne i pregi se qualcuno ne avesse. Non parlo dei Palazzi reali che a giustificare il loro titolo altro non hanno che la mole, poichè tanto nell'esterno quanto nell'interno non sono che case comuni in proporzioni colossali.

      Ma neanche ai Borboni concessero i fati e l'invidia dei rivali lunghi periodi al godimento tranquillo della preda. Fughe vergognose, guerre fratricide e sanguinosi ritorni si alternarono a brevi intervalli sotto il loro infausto dominio. Ed intanto che faceva il povero orso dalle cinquecento mila teste tartassato in mezzo alla barbara tempesta? Si esauriva applaudendo a colui che baldanzoso arrivava; riceveva i colpi di colui che si tratteneva; fischiava dietro a quello che rabbiosamente fuggiva, e così, o sotto la livrea o sotto le verghe del padrone, perduto ogni sentimento di estetica, le abitazioni private che fece sorgere, se si eccettuano i palazzi Maddaloni, Gravina e qualche altro minore, non furono che nude o mal frastagliate pareti all'esterno ed intricati laberinti internamente. Opere da castori o da termiti e nulla più. E fa veramente maraviglia il notare come l'Architettura sia restata tanto negletta quaggiù in questi ultimi tempi, mentre la Pittura e la Scultura napoletana sono già salite a tanta altezza, da non temer confronti in Europa. Fabbriche modernissime ne ho vedute qualcuna di fuori e non mi sono piaciute; di dentro non ne ho viste, ma mi assicurano che oggi si costruisce assai bene. Tanto meglio per il decoro dei costruttori napoletani e per le venerate ombre dei Palladio, degli Scamozzi, degli Ammannati, dei Brunelleschi