Straordinarie avventure di Testa di Pietra. Emilio Salgari. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Emilio Salgari
Издательство: Public Domain
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Жанр произведения: Зарубежная классика
Год издания: 0
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tribordo, diedero un formidabile assalto ai prosciutti ed ai salsicciotti inaffiandoli copiosamente di eccellente birra inglese che allora superava quella tedesca.

      Dal mezzodì del giorno precedente non avevano più mandato giù nulla poiché Davis li aveva sorpresi nel momento in cui stavano per prepararsi la cena.

      Testa di Pietra, quand’ebbe finito, tirò fuori la sua famosa pipa, la caricò di forte tabacco olandese giunto a New York di contrabbando e, dopo aver faticato un poco ad accenderla poiché il vento aveva ripresa la sua pazza corsa sconvolgendo le acque del lago che poco prima accennavano a spianarsi. disse:

      «Ora vi posso dire che io tengo nascoste veramente due lettere che devo consegnare nelle mani dei soli comandanti del forte di Ticonderoga. Una mi è stata consegnata da Washington e l’altra dal baronetto Mac-Lellan.»

      «E come Davis ha potuto saperlo?» chiese Piccolo Flocco, stringendo i denti. «Io vorrei spiegare questa faccenda.»

      «Ci deve essere sotto la mano del marchese d’Halifax. Credi tu che abbia rinunciato, quantunque la bionda scozzese sia ormai diventata moglie del nostro capitano, alla sua passione? Quel miserabile, che dispone di grandi ricchezze.ricchezze, deve aver corrotto con le ghinee non solo dei canadesi ma fors’anche degli americani che avvicinano Washington.»

      «E così Davis avrà potuto sapere che tu eri incaricato d’una importante missione.»

      «Missione che ignoro quasi completamente, poiché il generale ed il capitano non mi hanno detto altro che di giungere al forte e di guardarmi dai pericoli.»

      «Mettendoci ai fianchi quel galantuomo di Davis,» disse Piccolo Flocco. «Ah!… Non averlo scoperto prima!…»

      «Si vede che i due comandanti avevano piena fiducia di lui,» disse Testa di Pietra, dopo aver lanciato in aria, una dietro l’altra, tre grosse boccate di fumo. «Ora io mi domando come noi potremo giungere al forte senza una barca e senza una guida.»

      «Uomini come noi non debbono tornare indietro.»

      «Ehi, Piccolo Flocco, per chi mi prendi? Non sono ancora diventato vecchio e non tornerò di certo a New York senza aver veduto Arnold e Saint-Clair e aver consegnate loro le lettere. Il male è che abbiamo le gambe rotte e che qui non troveremo degli amici.»

      «Che sia proprio vero che gl’inglesi stanno per giungere e riprendersi tutti i forti?»

      «Davis lo ha detto e lui deve saperla lunga.»

      «Corriamo dunque il pericolo di venire presi prima di giungere a Ticonderoga ed impiccati sui pennoni di qualche brigantino come corsari. Bella prospettiva!…»

      «Gl’inglesi non ci hanno ancora presi.»

      Vuotò la sua famosa pipa, bevve un altro sorso di birra e si alzò per guardare se il fuoco brillava ancora.

      Proprio allora il lago ricominciava a ridestarsi ed il vento riprendeva forza ululando sinistramente.

      La tregua era cessata. La tempesta si scatenava rapida con mille fragori sollevando nuovamente le acque del Champlain.

      Testa di Pietra tirò fuori l’orologio e, con qualche sforzo, riuscì a precisare la posizione delle lancette.

      «Due e venti: siamo ben lontani dall’alba. Doe mal! Va male!…»

      Piccolo Flocco lo aveva raggiunto.

      «Testa di Pietra,» disse con voce alterata, «Wolf mi ha detto or ora di aver veduto del fumo circolare per la stiva e che pareva provenisse da prora.»

      «Come!… Il fuoco a bordo!… Acceso da chi?»

      «Forse da quel canadese che era misteriosamente sparito.»

      «Per tutti i campanili della Bretagna!… Tempesta e fuoco!… Quelle canaglie volevano proprio distruggere questa povera barca!… Ci poteva capitare di peggio?»

      «Ed a bordo non vi è nessuna pompa.»

      «Lo so io. Forse c’era, e quel cane di Davis, quando ha comperata la fusta, l’ha fatta levare.»

      «Che corriamo il pericolo di saltare in aria?»

      «Le munizioni sono a poppa e ci vorrà del tempo prima che il fuoco raggiunga il quadro. Orsù, non perdiamo tempo o noi morremo, prima dell’alba, annegati o arrostiti.»

      «Che cosa pensi di fare?»

      «Tentare di gettare in acqua una zattera. Bestia, avrei dovuto approfittare della tregua che ci aveva accordato il lago. Ora sarà forse troppo tardi, ma noi tutto dobbiamo tentare per raggiungere la costa. Vi sono casse e barili in abbondanza, le funi non mancano ed abbiamo le asce.»

      In quell’istante giunsero i due assiani i quali avevano fatta una rapida visita alla camera comune di prora che cominciava già a fumare.

      «Patre,» disse Hulrik, «canadesi afere incendiata la fusta. Tutta stifa piena di fuoco.»

      «E noi finora non ce n’eravamo accorti!…» esclamò Testa di Pietra. «Covava dunque l’incendio?»

      «Ora non cofare più, patre. Lingue di fuoco invadono stifa.»

      «È vero,» confermò Wolf. «Il fuoco guadagna rapidamente.»

      «Credi impossibile spegnerlo?»

      «Troppo tardi. Il fuoco ha raggiunto dei barili di petrolio e monta, monta.»

      Testa di Pietra si diede un gran pugno sul solidissimo cranio, afferrò l’ascia e si slanciò a poppa, verso la barricata, gridando:

      «Presto, facciamo un galleggiante.»

      «Se non sarà ormai troppo tardi,» disse Piccolo Flocco.

      La burrasca tornava ad accanirsi sul lago mettendo le acque sottosopra e urlava paurosamente nella notte tornata quasi completamente buia. Non era proprio quello il vero momento di gettare una zattera qualunque colle ondate che si rompevano sulla doppia fila di scogliere con interminabili muggiti.

      La fusta avrebbe potuto nondimeno ancora resistere, bene arenata come si trovava e con un pezzo di roccia attraverso la chiglia che la teneva salda; disgraziatamente l’incendio era scoppiato e non era pei naufraghi il momento di esitare.

      Si erano messi tutti alacremente al lavoro legando casse e barili e staccando le grosse tavole delle murate, per formare almeno una piccola piattaforma.

      Testa di Pietra, cannoniere, carpentiere e maestro d’ascia, che aveva costruito durante le sue lunghe navigazioni un bel numero di zattere, perché di naufragi ne aveva fatti parecchi, dirigeva il lavoro ed inchiodava e legava tutti gli oggetti galleggianti che si trovavano sulla coperta della fusta.

      Le ondate però, che montavano già rabbiosamente all’assalto, rendevano estremamente difficile quella impresa, poiché si succedevano quasi senza interruzione.

      Fortunatamente dei giganteschi sprazzi d’acqua si rovesciavano anche attraverso il boccaporto di prora, penetrando fin dentro la camera comune e la stiva e rallentando così lo sviluppo dell’incendio.

      Gran fumo però usciva, un fumo nero e fetente che sapeva di grassi e di petroli, attraversato, di quando in quando, da qualche grosso fascio di scintille che il vento subito spingeva verso la costa, disperdendone in tutte le direzioni come una piccola pioggia di stelle filanti.

      Dalla stiva cupi rumori salivano. Dei barili pieni di materie più o meno oleose, morsi dalle vampe che li investivano.investivano, dovevano scoppiare in gran numero.

      Testa di Pietra, mentre i suoi compagni si accingevano a lanciare i galleggianti, aveva raccolte le tre carabine dei canadesi, ormai diventate bene asciutte, essendo diventato il ponte caldo malgrado la continua invasione delle acque e quella di Davis, poi si era precipitato nel quadro e, quantunque vi fosse molto fumo.fumo, aveva posto in salvo le due cassette delle munizioni.

      «Siamo pronti?» chiese, salendo in fretta onde le polveri non gli scoppiassero in mano, poiché anche dal boccaporto di poppa le scintille cominciavano ad irrompere.

      «Tutto è legato,» rispose Piccolo Flocco. «Non so però se giungeremo alla costa asciutti.»

      «Era