Straordinarie avventure di Testa di Pietra. Emilio Salgari. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Emilio Salgari
Издательство: Public Domain
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Жанр произведения: Зарубежная классика
Год издания: 0
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tò!… quante cose sai tu!… Ed io che non ho mai udito nominare quei generali americani!…»

      «Voi mentite!… Arnold è troppo popolare in America e perfino i negri saprebbero dirmi chi è.»

      «Eppure, mastro Davis,» disse Testa di Pietra, facendo intanto un altro passo avanti, «ti assicuro che non lo conosco.»

      Il meticcio sembrava sconcertato dalla grande calma del bretone e lanciava delle fugaci occhiate ai suoi uomini come per chiedere loro un pronto aiuto.

      «Quando la finiremo con questa conversazione?» disse finalmente. «Di chiacchiere ne abbiamo fatte già troppe.»

      «Niente affatto,» rispose il bretone, il quale si preparava ad un furioso attacco. «Sono appena sonate le dodici all’orologio di Piccolo Flocco, il quale possiede una magnifica macchina a ripetizione. La notte è abbastanza chiara, il lago non è poi tanto cattivo da spaventarci, nessuno, almeno per il momento, ci minaccia, quindi possiamo…»

      Con un salto da orso nero il bretone si era gettato improvvisamente sul traditore tentando di rompergli il cranio con il calcio del fucile.

      Rimbombò uno sparo proprio nel momento in cui una terza ondata, più alta delle altre, si rovesciava sulla fusta mandando a gambe levate i canadesi i quali non avevano i piedi dei marinai.

      Davis aveva fatto fuoco nel momento in cui cadeva e la palla si era perduta lontana.

      «Arrendetevi!…» urlò Testa di Pietra. «Siete in nostro potere!»

      I tre canadesi che seguivano Davis si erano provati a sparare, ma le loro armi, bagnate da quell’ondata, non avevano preso fuoco ed essi erano fuggiti sulla prua della fusta, impugnando rapidamente le asce.

      Già Testa di Pietra credeva di tenere il bandito, quando questi, per la seconda volta, gli sfuggì slanciandosi sulle sartie e spingendosi fino alla cima del grande albero, sopra la crocetta.

      «Per centomila balene sventrate!…» gridò il bretone. «Mi è scappato e non abbiamo niente per fucilarlo. Quell’uomo è più agile di certe scimmie che ho veduto nei miei numerosi viaggi sulle coste africane. Ehi, Piccolo Flocco, che cosa ne dici tu di questa bella sorpresa?»

      «Bada ai canadesi, Testa di Pietra,» rispose il giovanotto. «Hanno gettato i fucili per impugnare le asce d’arrembaggio e sembra che aspettino qualche comando dal loro capo.»

      «Ma quella gente non oserà nemmeno avvicinarci,» rispose il bretone, il quale si era pure armato di un’ascia. «Attaccare noi marinai!… Ah!… Ah!… Questi uomini ci avevano proprio presi per dei veri merli.»

      «Guarda di non fare la fine di un merlo o di qualche uccello marino,» disse Piccolo Flocco. «Mentre tu chiacchieri come le pescatrici di Batz, quel brigante che si è rifugiato sull’albero sta cambiando la carica del suo archibugio.»

      «Quel pappagallo?»

      «È un canadese e tu sai che le genti che abitano questi laghi sono sempre stati famosi cacciatori.»

      «Corpo di una balena!… Che io invecchi davvero?»

      Poi, alzandosi tutto, gridò con voce tonante:

      «In ritirata sul castello di poppa!… Improvvisate una barricata coi barili pieni di farina e di lardo che ci sono nella stiva. Su, desti!…»

      «Ora comandi come un ammiraglio.»

      «Ora lo sono,» rispose il bretone, serio serio. «Non è questo il momento di commettere delle imprudenze. Sgombrate!…»

      Balzarono attraverso il ponte, lesti ancora come scoiattoli, e si rifugiarono a poppa, la quale si alzava di più della prora.

      I due assiani che, se parlavano poco, agivano molto, si precipitarono nel quadro e cominciarono a portare in coperta dei barili che contenevano dei viveri, improvvisando rapidamente una barricata.

      Piccolo Flocco si era intanto gettato sulla barra del timone poiché la fusta andava alla deriva rapidamente, come se fosse trasportata da qualche corrente, e le onde si succedevano alle onde sempre più impetuose, mentre un vento freddissimo si scatenava, cacciando dinanzi enormi ammassi di nebbia assai folta.

      Una tempesta pareva che fosse lì lì per scoppiare e mettere a soqquadro le acque del Champlain.

      Testa di Pietra aveva rovesciato l’abitacolo di poppa, sradicandolo con una poderosa strappata, e vi si era nascosto dietro per sorvegliare il suo «pappagallo».

      Il «pappagallo», si capisce, era Davis il quale era l’uomo più pericoloso per tutti, avendo potuto mettere in salvo il suo grosso archibugio prima che l’ondata glielo bagnasse.

      Il miserabile, con le gambe ben strette intorno alla crocetta, onde resistere ai colpi di rollio e di beccheggio che si alternavano, stava appunto ricaricando la sua arma.

      Non era un’operazione facile da compiersi lassù, a dodici metri di altezza, con le grandi oscillazioni che descriveva l’albero, la cui vela era stata sventrata da un colpo di coltello.

      Però non poteva tardare a riuscirvi e, essendo un canadese, ossia un abilissimo tiratore, poteva ammazzare qualcuno.

      Testa di Pietra fece spingere tre o quattro barili dietro la ribolla del timone per mettere al coperto Piccolo Flocco che aveva preso, per il momento, la direzione della fusta, e si rannicchiò dietro la seconda barricata che era stata pure rinforzata con rapidità prodigiosa dai due robustissimi tedeschi.

      «Mastro Davis!…» gridò allora. «Hai finito di caricare il tuo catenaccio?»

      «È quasi pronto,» grugnì il bandito.

      «E chi vuoi ammazzare prima di tutti?»

      «Voi, per prendervi le lettere.»

      «Tu sei diventato pazzo.»

      «No, mastro, il mio cervello è ben solido e chiuso con sessanta chiavarde.»

      «Bum!… Trombone!… Ma tu devi avere indosso una le… le… le… aiutami, Piccolo Flocco, che hai studiato più di me. Come si direbbe?»

      «Una letterite acuta,» rispose il giovane dando un colpo di barra alla fusta per portarla fuori da un grosso cavallone che veniva dal largo.

      «Bravo, per tutti i campanili della Bretagna! I curati di Pontiguen dovevano essere ben più istruiti di quelli di Batz. Ti farò dare un dieci quando torneremo laggiù, un giorno, dal tuo insegnante se sarà ancora vivo.»

      «Uhm!… Era troppo vecchio.»

      «Mastro Testa di Pietra!…» gridò Davis il quale aveva finito di caricare il suo archibugio. «Vi siete deciso ad arrendervi?»

      «Era la domanda che stavo per rivolgere a te,» disse il bretone.

      «Come!… Col fucile che ho fra le mani?»

      «Caricato troppo tardi, mio caro. Ormai siamo dietro due barricate che saranno sufficienti ad arrestare le tue palle di mollica di pane. Stai lassù, in alto, come un pappagallo e non ti sei accorto che noi ormai ci siamo protetti.»

      «Siete stati troppo lesti.»

      «Sfido io!… Siamo marinai e non già canottieri dei laghi o camminatori dei boschi.»

      «Vi ucciderò egualmente!…» urlò Davis, il quale si agitava furiosamente sopra la crocetta, puntando e ripuntando il suo vecchio fucile. «Io ne ho abbastanza!»

      «E io più di te, amico.»

      «Sparo!…»

      «Spara.»

      «Poi vi prenderò le lettere.»

      «Letterite acuta!… Letterite acuta!…»

      «Badate che avrete da fare i conti coi miei canadesi, uomini che non hanno mai avuto paura di misurarsi anche in un corpo a corpo.»

      «Corpo della taverna delle <Trenta Corna di Bisonte>, di Boston. Quel pappagallo, se continua così, diventerà meraviglioso, vero, Piccolo Flocco?»

      «Diventerà un canarino,» rispose il giovane timoniere, il quale teneva pure lui d’occhio il