«Non vale la pena. Le onde ce li porterebbero via prima di lasciarci approdare. La selvaggina non ci mancherà sotto quei boschi.»
Cominciarono a calare tavole, barili e casse badando di non farsi portare via dalle onde e scesero sulla prima fila degli scogli i quali emergevano ancora di qualche metro.
L’acqua era bassa in quel luogo, ma più innanzi appariva profonda a giudicare dal grande movimento della risacca.
I due bretoni ed i due assiani, immersi fino ai fianchi, raccolsero strettamente i loro galleggianti e, dopo una lotta accanita contro le onde che cercavano di disperderli, formarono alla meglio una zattera.
Come vi erano riusciti coll’uragano che imperversava senza tregua non avrebbero potuto dirlo nemmeno loro.
Si erano appena allungati sulle tavole legate sopra le casse ed i barili, onde non farsi portare via dalle ondate che incalzavano, quando una luce sinistra brillò sulla fusta, seguita da un gran rombo che si ripercosse perfino sotto gli alberi della costa.
«Ah, canaglie!…» gridò Testa di Pietra. «Volevano le nostre povere ossa. Quel canadese, che è scomparso così misteriosamente, doveva aver preparato una specie di mina. Davis, non avendo potuto ottenere da me le lettere, ci aveva condannati a morte quando ormai si era veduto vinto.»
Una luce vivissima si diffondeva sulle scogliere, alzandosi al di sopra della fusta che l’esplosione aveva completamente sgangherata. Malgrado i continui assalti delle onde, l’incendio divampava con rapidità spaventosa.
Le fiamme, se soffocate dalle acque in un luogo, erompevano da altre parti, poiché quasi tutta la coperta della barca era stata squarciata dalla violenza dell’esplosione e offriva molti passaggi.
«Corpo della mia pipa di famiglia!…» rispose Testa di Pietra, il quale già non poteva rimanere zitto solo un momento. «C’è da rabbrividire a pensare al brutto tiro che ci avevano preparato quegli antropofagi. Erano peggiori degl’indiani.»
«Parla meno e bada di non farti portar via,» disse Piccolo Flocco.
«Ho sempre chiacchierato io, anche in mezzo alle più grosse tempeste. Noi di Batz non possiamo frenare la nostra lingua.»
«Siamo sopra la seconda fila di scogli e la risacca diventa violentissima.»
«Corpo d’una fregata sventrata!… Mi credi sempre mezzo cieco? E poi con quella magnifica torcia che ci illumina anche un cieco avrebbe già scorti questi ostacoli.»
«Non andrà all’aria la zattera?»
«Speriamo di no. Qualche barile e qualche cassa si sfonderanno ma la massa resisterà vittoriosamente all’urto delle onde. Ehi, Hulrik, come va?»
«Penissimo, patre,» rispose l’assiano, «essere però tutto bagnato.»
«Non lo sarà meno tuo fratello ed anche noi non siamo asciutti.»
Il galleggiante, sempre danzando disordinatamente, era stato spinto sulla seconda fila di scogli i quali però lasciavano delle larghe aperture, tali da permettere il passaggio anche ad una grossa barca.
«Ma se tutto va benissimo,» disse Testa di Pietra che non si spaventava affatto dei soprassalti terribili che subiva la zattera. «Fra mezz’ora noi saremo alla costa e andremo a far visita a quei signori che hanno acceso quel fuoco. Ohé!… Tenetevi saldi!… Ecco il passaggio più difficile!…»
Il galleggiante, sollevato da una grossa ondata che l’assaliva muggendo sinistramente, varcò felicemente la seconda scogliera senza che i barili e le casse si fracassassero.
In quel momento il fuoco che ardeva sulla fusta si spense quasi di colpo, ed una profonda oscurità avvolse i naufraghi.
Quel fuoco misterioso, però, che ardeva dentro la spaccatura, bastava a guidarli. La risacca per un caso strano li spingeva appunto in quella direzione.
«Ma se l’ho detto io che tutto sarebbe finito bene,» disse Testa di Pietra, il quale si era impadronito di un mezzo pennone onde servirsene come timone. «Il peggio, purtroppo, verrà poi. Un naufragio, per marinai della nostra razza, è nulla, quasi uno scherzo che si accetta volentieri. È bensì vero che questi scherzi, a lupi di mare poco navigati, talvolta costano cari. Ehi, Piccolo Flocco!…»
«Che il diavolo ti porti un po’, mastro,» rispose il giovane il quale si affannava, insieme ai due assiani, a stringere le funi che di quando in quando, per la scomparsa di qualche barile o di qualche cassa, si allentavano.
«Siamo passati?»
«Sì, la scogliera è ormai dietro di noi a tre o quattrocento metri.»
«Peccato che la fusta si sia spenta troppo presto, ma noi giungeremo, più o meno fracassati, egualmente alla costa. La scorgi tu?»
«Non vedo che quel lume, mastro. L’oscurità è così profonda in questo momento che non distinguo più nemmeno i grandi pini.»
«È la nebbia che si abbatte sul lago.»
«La vedo anch’io, mastro, e si avanza con furia.»
«Dovrebbe rallentare un po’.»
«Sì, per far piacere alle nostre pelli marine.»
In quel momento, verso la costa, si alzò un razzo azzurro il quale salì tentennando e scoppiò con fragore, spandendo intorno a sé, ad una cinquantina di metri, un turbinio di scintille variopinte.
«Ci fanno dei segnali!…» gridò Testa di Pietra. «Né gl’indiani né i canadesi possiedono razzi, dunque speriamo di trovare finalmente un galantuomo che ci accordi un po’ di ospitalità. Abbiamo bisogno di un buon fuoco.»
Aveva appena terminato di parlare quando si udirono due grossi spari.
«Un altro segnale,» disse Piccolo Flocco. «Si direbbe che siamo aspettati sulla costa.»
«L’uomo che ha acceso quel fuoco deve ben aver veduto la fusta ardere. Ci sono scogli ancora dinanzi a noi?»
«Non ne vedo.»
«Chi ha le armi e le munizioni?»
«Hulrik.»
«Bada Hulrik di non fartele portar via.»
«Non afer questo timore, patre,» rispose il tedesco.
La zattera intanto continuava ad avanzare a grandi sbalzi, spinta dai movimenti delle acque e dai venti scatenati.
I barili e le casse non cessavano di cozzare rumorosamente, nondimeno ben pochi erano quelli che si fracassavano.
Una gigantesca ondata prese il galleggiante, lo sollevò con grande impeto e con mille ruggiti e poi lo scagliò proprio dinanzi alla spaccatura.
La risacca se ne impadronì, lo fece oscillare vivamente, poi lo depose, quasi senza violenza, su una costa sabbiosa coperta di giganteschi alberi.
«Gambe!…» gridò Testa di Pietra. «Se giunge un’altra onda verremo riportati al largo!…»
I quattro uomini, così miracolosamente sfuggiti alle furie del Champlain, presero le loro armi e si slanciarono a terra.
Avevano percorso appena cento passi e stavano dirigendosi verso la luce misteriosa, quando una voce grossa, rauca, gridò:
«Chi siete e dove andate?»
Un uomo, di forme massicce, armato di due grossi archibugi, era improvvisamente comparso dinanzi ai naufraghi, i quali, non potendo per il momento servirsi delle armi da fuoco, avevano impugnato le asce.
Testa di Pietra finse di arrabbiarsi.
«Come!… Con i vostri segnali e con il vostro fuoco ci fate naufragare e ci chiedete subito chi siamo come se fossimo dei ladri. Siamo marinai francesi e tedeschi sperduti su questo lago e che la tempesta ha gettato alla costa.»
«Da dove venivate?»
«Da Montreal.»
«Ah!… Scesi lungo la grande riviera,» disse lo sconosciuto. «E andavate?…»
«Signore,» disse Testa