Della scienza militare. Blanch Luigi. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Blanch Luigi
Издательство: Bookwire
Серия:
Жанр произведения: Математика
Год издания: 0
isbn: 4064066069827
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poteva uguagliar quella dei persiani e dei barbari, e dal numero delle macchine che dovevano supplire al vigore delle truppe. I fuochi greci furono il solo spediente contro il valore dei saraceni e dei franchi.

      Dalla natura degli uomini, degli ordini e delle armi dei greci può dedursi lo stato di una societá della quale un illustre storico ha detto che «i greci, contenti al minuto commercio ed alle manifatture le quali non dimandano l'uso di alcuna facultá, si abbandonavano fuori di queste due professioni ad una infingarda mollezza»; per cui — soggiunge l'autore — quantunque conservassero tutte le cognizioni pratiche della civiltá, nondimeno perché privi della vita la quale solo le anima, non potevano resistere a popoli ad essi inferiori in ricchezza, in potenza, in scienza ed in arte militare. Possiamo quindi conchiudere che quanto abbiam detto nel precedente discorso sull'impero romano nel suo periodo di decadimento è applicabile al basso impero nella sua lunga epoca d'ingloriosa carriera.

      I saraceni offrono uno spettacolo opposto a quello de' greci, mentre la loro maggior possa stava nel vigor fisico, nell'entusiasmo degli uomini, nella loro individuale destrezza a maneggiare le armi da getto e da ferir dappresso e nella facilitá con la quale guidavano i loro cavalli. La parte piú debole erano gli ordini che, secondo gl'istorici contemporanei, possono ridursi per le battaglie ad un parallelogrammo di due linee profonde e solide, l'una d'arcieri e l'altra di cavalieri, che dovevano dar preludio e fine al combattimento, adoperando successivamente la prima e poi la seconda linea. Inferiori ai greci rispetto agli ordini ed al meccanismo, superiori come individui, erano vani i loro assalti, non avendo di che riordinarsi e ritornare alla mischia. In tutto ciò che riguardava la guerra di assedio e le macchine corrispondenti erano inferiori ai greci pel loro stato di civiltá: avevano però il merito d'imitare con sagacitá ciò che non potevano creare per princípi.

      I franchi come rappresentanti principali dei popoli barbari formavano una societá tutta guerriera, il cui viver civile era subordinato allo scopo militare: da ciò risultava che gli uomini erano di una rara intrepidezza ed erano spinti alla guerra dalla inclinazione e dall'abitudine. Le loro armi essendo ridotte alla «francisca», ad una lunga spada e ad un pesante scudo, e non venendo perciò conceduto loro l'uso delle picche e delle armi da getto, non potevano combattere né alla spicciolata né in massa, e però lor mancavano tutti i vantaggi di un ordine tattico; difetto che bilanciava il poter superiore delle individuali qualitá. Forniti appena di cavalleria, era questa un'altra inferioritá per le battaglie e pei loro risultamenti. La mancanza di macchine d'assedio si rileva da questo stato imperfetto dell'arte militare come sua natural conseguenza. Tra i barbari i goti erano i piú avanzati in ordinamento militare. Le loro armi erano piú compiute, i loro ordini piú regolari e la parte che riguardava le macchine piú fornita; e ciò provava il loro stato di civiltá inoltrata. I vandali, i borgognoni ed i longobardi occupavano un posto intermedio nella scala dell'incivilimento relativo. Tra i franchi ed i goti, gli uni i piú rozzi e gli altri i piú inciviliti tra i barbari, si osserva la stessa proporzione nell'arte militare. Gli unni che non ebbero certa sede nel mezzo dell'Europa ma vi fecero soltanto incursioni, differivano nel combattere a cavallo dagli altri barbari, come facemmo osservare.

      Da questo breve cenno sullo stato della scienza bellica nel periodo che abbiamo additato si deduce facilmente che l'arte militare seguiva la decadenza rapida ed universale di tutte le scienze e di tutte le istituzioni che costituivano la civiltá dell'antico mondo, e che in conseguenza né le grandi combinazioni della guerra né i gran capitani potevano sorgere per mancanza di tutt'i mezzi ausiliari, che abbiamo mostrati nei nostri precedenti discorsi essere indispensabili condizioni. La societá romana, dominata da' suoi invasori, era da essi per l'interesse della loro conservazione allontanata dall'uso delle armi, le quali non poteva impugnare per difendere un ordine di cose tutto a suo svantaggio: circostanza che concentrando in una sola classe l'esercizio delle armi, faceva presagire che ogni rilassatezza nell'ordinamento di questo dovea produrre necessariamente la debolezza. Questi effetti furono prodotti presso i barbari piú segnatamente dopo la rovina dell'impero goto in Italia e piú compiutamente dopo la morte di Carlo Magno, il quale fece sostituire il principio feudale alla unitá amministrativa che quel grand'uomo si era sforzato di stabilire nel suo governo. I greci dopo le vittorie di Belisario e di Narsete, che chiusero la gloria delle legioni romane non ostante i vizi che vi si erano introdotti, perdettero per la loro decadenza morale ed intellettuale tutti i vantaggi che dovevano al meccanismo, alle pratiche ed alle tradizioni ereditate dalla potenza da cui traevano l'origine. È un curioso fenomeno il vedere coincidere cronologicamente l'ultime vittorie di Giustiniano con l'abolizione da questo principe decretata delle scuole d'Atene. Gli arabi trovarono nei loro prosperi successi, nell'estensione smisurata delle loro conquiste e nella loro imperfetta civiltá che non si prestava al progresso costante, quella decadenza militare che abbiamo segnalata nelle barbare nazioni e nel basso impero, ma che procedette fra loro con piú lentezza. Per la quale conservarono prima superioritá, poi eguaglianza con gli europei, finché la civiltá progressiva di questi ultimi non decise la loro superioritá.

      Ci resta ora ad esaminare nel secondo periodo l'istesso andamento, additarne i princípi e le conseguenze, segnalandone le cause, gli effetti e la loro correlazione.

      Il secondo periodo che ci facciamo ad esaminare offre due epoche diverse che debbono essere segnalate pe' tratti caratteristici che presentano. La prima si rannoda al periodo antecedente e corrisponde alla formazione del governo feudale; la seconda al suo insensibile decadimento e alla lenta formazione dell'unitá nazionale e di un governo centrale. Che cosa poteva essere l'esercito ove non vi era Stato? Che cosa erano gli uomini, le armi e gli ordini in una federazione imperfetta di dominatori che vivevano ed esercitavano tutti i dritti dell'individuale sovranitá sulle loro possessioni? Tali sono le prime e piú naturali quistioni che si presentano in questa epoca, in cui la societá pare disciogliersi nei suoi ultimi elementi per ricomporsi indi con essi sotto altra forma. È ben semplice rispondere che in questa epoca tutta d'individualitá l'arte doveva finire, perché essa suppone una aggregazione d'individui ordinata ad uno scopo, ed il ben indirizzarvela è il suo fine. Non vi resta dunque altro che gli uomini. Or la societá allora si componeva dei dominatori e de' loro vassalli. Fra le armi sceglievansi quelle che si confacevano col comodo e con la sicurezza; per cui cavalli ed armi difensive. Ordini non ci potevano essere e si trasformavano nell'individuale destrezza, come si vede dagli esercizi militari, immagine della guerra. Essi erano ridotti alle giostre, e ciò dimostra che gli scontri altro non potevano essere che una serie di singolari combattimenti, il cui risultamento era il frutto del valore, della destrezza, della bontá delle armi e dei cavalli e non degli ordini. Quindi la distruzione di ogni scienza bellica. Ciò si desume chiaramente in primo luogo dalla composizione dei drappelli che non erano il frutto di un calcolo militare ma bensí delle possessioni territoriali de' baroni, secondariamente dall'assenza di ogni fanteria che costituisce il nerbo degli eserciti, e finalmente dall'inespugnabilitá delle castella, perché mancava ciò che forma il materiale di guerra per gli assedi, il che ne rendeva facile la difesa. È inutile il far osservare che non vi era alcun segno che facesse presumere nulla di trascendente nell'arte della guerra, e che dopo Carlo Magno che teneva e doveva muovere masse riunite, queste dileguaronsi in Europa all'elevazione della terza razza in Francia.

      In Ispagna si lottava tra gl'indigeni ed i saraceni, e tale stato di guerra permanente manteneva la necessitá di riunire masse numerose per aggredire o difendere. Perciò non dovea mancare alcuna pratica d'ordini militari; ma la poca conoscenza che abbiamo degli scrittori arabi e la poetica esagerazione degli autori spagnuoli ne' loro racconti non ci ha lasciato di che formarci un'idea del metodo di guerra allora usato. Vi si osserva però che le qualitá individuali costituivano l'eroe, il quale dovea la vittoria non alle sue disposizioni, ma al proprio valore, alle proprie armi, al terrore che metteva il solo suo nome ne' nemici ed alla fiducia che ispirava ne' suoi. Il gran Cid del pari che gli altri eroi contemporanei appalesano questo carattere, e i loro piú caldi panegiristi non notano mai tratto alcuno della loro intelligenza, ma sí bene della loro ferrea volontá.

      Nel basso impero si osserva l'istesso sistema che nel periodo antecedente, ma sempre in decadenza, secondo che piú si discostava dalla sua origine e che le forze dell'impero diminuivano con essere ristrette nei loro limiti materiali.

       Negli arabi alcun cambiamento positivo non vi era e conservavano tuttavia sui greci i vantaggi che enunciammo.

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