I filtrati dolci. Giuseppe De-Astis. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Giuseppe De-Astis
Издательство: Bookwire
Серия:
Жанр произведения: Языкознание
Год издания: 0
isbn: 4064066068691
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       Giuseppe De-Astis

      I filtrati dolci

      Monografia della filtrazione dei mosti e della preparazione dei cosidetti "filtrati dolci" e "lambiccati"

      Pubblicato da Good Press, 2020

       [email protected]

      EAN 4064066068691

       Capitolo I. Definizione e classificazione dei filtrati. Cenno storico dell'industria dei filtrati dolci in Italia.

       Cenno storico dell'industria dei filtrati dolci in Italia

       Capitolo II. Materie prime per la preparazione dei filtrati dolci.

       a) Le uve.

       b) Il mosto grezzo delle uve rosse.

       Capitolo III. Preparazione dei filtrati rossi. Processi e pratiche speciali di vinificazione.

       Capitolo IV. Preparazione dei filtrati bianchi.

       Capitolo V. La filtrazione del mosto. — Filtri e filtrerie.

       Capitolo VI. Conservazione e trasporto dei filtrati.

       Trasporto dei filtrati.

       Capitolo VII. Commercio dei filtrati dolci.

       Capitolo VIII Impiego dei filtrati dolci.

       Capitolo IX. Analisi e composizione chimica dei filtrati.

       Composizione chimica dei filtrati.

       Filtrati bianchi.

       Filtrati rossi.

       Capitolo X. Residui dei filtrati.

       Indice

      Nel linguaggio enotecnico e commerciale chiamasi oggi in Italia filtrato dolce o semplicemente filtrato o lambiccato, il mosto di uva fresca, appena spremuto, ovvero già fermentato in parte, da solo o a contatto delle buccie, il quale sia stato sottoposto alla filtrazione per conservarne intatto, durante un certo tempo, il principio dolce, eliminando le cellule del fermento.

      Dagli studi geniali del Pasteur ci fu dato apprendere che la fermentazione del mosto d'uva, come in genere di tutti i liquidi zuccherini, devesi alla vita di esseri organizzati, infinitamente piccoli, o fermenti, visibili soltanto al microscopio, i quali, in condizioni adatte di ambiente e di temperatura (20° — 25° C.) hanno la preziosa facoltà di scomporre il principio dolce (glucosio) disciolto nel mosto, in alcool, acido carbonico e in altri prodotti meno importanti, come la glicerina, l'acido succinico, ecc., che pure si riscontrano nel vino.

      Il fermento tipico o predominante nel succo d'uva, come si sa, è il saccharomyces ellipsoideus, composto di cellule ellittiche, i cui germi (spore) si trovano diffusi, assieme a quelli delle muffe, dei bacterii, ecc., abbondantemente nel pulvisco atmosferico, nel terreno e accumulati, per opera del vento o degli insetti, specialmente sugli acini dell'uva matura, d'onde passano poi nel mosto al momento della pigiatura, si sviluppano, si moltiplicano rapidamente per gemmazione e trasformano il succo dolce in vino.

      Ora, è chiaro che uccidendo queste cellule con un mezzo qualsiasi (calore, antisettici) oppure separandole completamente dalla massa liquida con un apparecchio filtrante, il mosto cessa di fermentare e potrà conservarsi dolce per un tempo anche indefinito, sino a quando nuovi microorganismi uguali ai primi o di altra specie, non intervengano ad intaccare il principio zuccherino rimasto indecomposto, la qual cosa del resto si potrà impedire con opportune cure di conservazione.

      Con la filtrazione però, anche la più accurata e ripetuta, eseguita specialmente cogli ordinari filtri da cantina, non si riesce mai a separare rigorosamente dal mosto tutte le cellule del fermento e dei bacterii che vi si possono trovare sospese; un certo numero di queste passano col liquido limpido a traverso i meati del filtro, onde spesso avviene che, o per questa ragione, o per l'inquinamento prodotto dai germi esistenti nell'aria e nei recipienti, la fermentazione finisce per riattivarsi ed il filtrato torna a intorbidirsi dopo un certo tempo più o meno breve, secondo le condizioni propizie all'attività fisiologica del fermento.

      Ma, d'altro canto, per le osservazioni del Dumas, sappiamo che la rapidità di scomposizione dello zucchero, a parità di altre condizioni, è proporzionale al numero delle cellule del fermento, per cui, tanto maggiore sarà la quantità dei fermenti sottratta al mosto con la filtrazione e tanto più si attenuerà il moto fermentativo, o si allungherà il periodo di conservazione del filtrato allo stato dolce. Esso potrà così venire trasportato a grandi distanze, perchè, se anche durante il viaggio dovesse rimettersi, come di solito avviene, in fermentazione, questa procederà sempre assai lenta e difficilmente arriverà a far perdere al filtrato le qualità che presentava al luogo di partenza, semprechè s'intende, siano osservate le volute cure nella preparazione e nel trasporto.

      La filtrazione quindi, quantunque non arrivi da sola a sterilizzare il mosto, rende tuttavia un grande servigio alla industria enologica, perchè permette di utilizzare in modo molto razionale nel nord una materia prima importantissima qual'è quella rappresentata dai mosti meridionali ad alta gradazione zuccherina.

      Quando il filtrato si prepara dalle uve bianche, raramente si fa subire al mosto un principio di fermentazione, ma non appena esso scorre dal pigiatoio si mette a defecare per alcune ore, praticandovi anche la collatura e quindi si filtra. Il filtrato rosso invece proviene sempre da un mosto già fermentato in parte a contatto delle bucce, in modo da fargli acquistare una certa gradazione alcoolica 1 a 6% ed una sufficiente intensità di colore. La durata della fermentazione varia secondo i climi da 12 a 48 ore.

      Chimicamente il lambiccato è da ritenersi identico al filtrato; la distinzione consiste soltanto nella forma degli apparecchi filtranti usati nella preparazione.

      La parola lambiccato deriva appunto da ciò, o, più precisamente, dalla somiglianza che presenta il gocciolìo del mosto limpido quando scorre dalla punta del caratteristico sacchetto a cappuccio (specie di mollettone) adoperato a Torre del Greco, allo stillicidio dell'alambicco da spirito: per cui, con linguaggio figurato si disse lambiccare o lammiccare