Senza esitare Kyra si girò e lo calò proprio mentre il ragno le piombava addosso. Il bastone improvvisamente si trasformò in una lama e tagliò a metà l’enorme tela.
Il ragno, stridendo, cadde a terra, chiaramente sorpreso.
Kyra si girò e tagliò di nuovo la tela, liberandosi completamente e atterrando in piedi. Teneva il bastone con entrambe le mani sollevato sopra la testa, aspettando che il ragno attaccasse. Lo affrontò coraggiosamente, facendosi avanti e colpendolo con il Bastone della Verità, usando tutta la sua forza. Sentì che il bastone tagliava il corpo spesso del ragno. La bestia lanciò uno stridio orrendo mentre veniva tagliato a metà.
Denso sangue nero sgorgò dalla bestia, mentre cadeva ai suoi piedi morta.
Kyra rimase lì con il bastone in mano, le braccia tremanti, sentendo un’ondata di energia mai provata prima. Sentì di essere cambiata in quel momento. Sentì di essere diventata più potente, che non sarebbe mai più stata la stessa. Sentì tutte le porte che aveva aperto e che ora ogni cosa era possibile.
In alto il cielo si rannuvolò e tuonò, illuminato da un lampo. Luce scarlatta si fece strada tra le nuvole, striandole come se stessero eruttando lava. Seguì un tremendo ruggito e Kyra fu felicissima di vedere Theon che sfrecciava tra le nubi. Capì che la barriera era stata abbassata quando aveva stretto il bastone. Per la prima volta capiva che era lei la predestinata a cambiare ogni cosa.
Theon atterrò ai suoi piedi e senza aspettare un solo secondo lei si issò sulla sua schiena ed entrambi si levarono in aria. I tuoni rombavano tutt’attorno a loro mentre volavano in cielo, diretti verso sud, lontano da Marda e verso Escalon. Kyra sapeva di essere scesa ai livelli più profondi e di aver vinto. Aveva superato la prova finale.
E ora, con il Bastone della Verità in mano, aveva una guerra da scatenare.
CAPITOLO SEI
Mentre navigavano via, Lorna guardava l’isola di Knosso che ancora ardeva e scompariva all’orizzonte. Aveva il cuore spezzato. Stava sulla prua della nave, le mani strette attorno al corrimano, Merk al suo fianco e la flotta delle Isole Perdute dietro di lei. Si sentiva tutti gli occhi addosso. Quell’isola adorata, casa dei Sorveglianti e dei coraggiosi guerrieri di Knosso, non esisteva più. Completamente in fiamme, il suo glorioso forte distrutto, anche gli amati guerrieri che vi avevano tenuto guardia per migliaia di anni erano ora tutti morti, uccisi dall’ondata di troll e finiti dal branco di draghi.
Lorna sentì del movimento e si voltò a guardare. Vide Alec che le si avvicinava, il ragazzo che aveva ucciso i draghi, che aveva finalmente fatto calare il silenzio sulla Baia della Morte. Se ne stava lì, frastornato quanto lei, con la spada in mano. Provava gratitudine nei suoi confronti, e nei confronti dell’arma che aveva in mano. La osservò, la Spada Incompleta, un oggetto bellissimo, e poté sentire l’intensa energia che ne proveniva. Ricordò la morte dei draghi e capì che quel ragazzo teneva in mano il destino di Escalon.
Lorna era grata di essere viva. Sapeva che lei e Merk avrebbero incontrato una morte fatale nella Baia della Morte se non fossero arrivati quegli uomini delle Isole Perdute. Eppure provava anche un’ondata di senso di colpa per coloro che non erano sopravvissuti. La cosa che le faceva più male era di non averlo previsto. Per tutta la sua vita aveva sempre previsto tutto, tutti i cambiamenti e le svolte del destino nella sua vita solitaria, a guardia della Torre di Kos. Aveva previsto l’arrivo dei troll, aveva previsto l’arrivo di Merk, e aveva persino previsto che la Spada di Fuoco sarebbe andata distrutta. Aveva previsto la grandiosa battaglia sull’isola di Knosso, ma non il suo esito. Non aveva previsto le fiamme, e neanche i draghi. Ora dubitava dei suoi stessi poteri e questo le faceva più male di qualsiasi altra cosa.
Come poteva accadere, si chiedeva? L’unica risposta poteva essere che il destino di Escalon stesse cambiando di momento in momento. Ciò che era stato scritto per migliaia di anni ora non era più scritto. Sentiva che il fato di Escalon era in equilibrio e in quel momento non aveva forma.
Lorna sentiva addosso gli occhi di tutti sulla nave, tutti in attesa di sapere dove sarebbero andati, quale destino ci fosse in serbo per loro, mentre si allontanavano dall’isola in fiamme. Con il mondo che ardeva nel caos, tutti la guardavano per una risposta.
Mentre Lorna stava lì, chiuse gli occhi e lentamente poté sentire la risposta che le saliva dentro, dicendole dove c’era più bisogno di loro. C’era qualcosa che oscurava la sua visione, però. Con un sussulto ricordò. Thurn.
Lorna aprì gli occhi e scrutò le acque sotto di loro, guardando ogni corpo che galleggiava e che passava vicino all’imbarcazione, un mare di corpi che andava a sbattere contro lo scafo. Anche gli altri marinai stavano osservando da ore, controllando i volti insieme a lei, ma fino ad ora non c’erano riusciti.
“Mia signora, la nave aspetta un tuo comando,” le disse gentilmente Merk.
“Stiamo controllando le acque da ore,” aggiunse Sovos. “Thurn è morto. Dobbiamo lasciar perdere.”
Lorna scosse la testa
“Sento che non è morto,” ribatté.
“Più di chiunque altro vorrei che non fosse così,” rispose Merk. “Gli devo la mia vita. Ci ha salvati dal fuoco del drago. Però l’abbiamo visto prendere fuoco e precipitare in mare.”
“Ma non lo abbiamo visto morire,” rispose Lorna.
Sovos sospirò.
“Anche se in qualche modo fosse sopravvissuto alla caduta, mia signora,” aggiunse Sovos, “non può essere anche sopravvissuto a queste acque. Dobbiamo lasciar perdere. La nostra flotta ha bisogno di una direzione.”
“No,” disse lei con tono decisivo, la voce squillante e autoritaria. La sentiva sorgere dentro di sé, una premonizione, un formicolio tra gli occhi. Le stava dicendo che Thurn era vivo là sotto, da qualche parte in mezzo ai resti del naufragio, in mezzo alle migliaia di corpi galleggianti.
Lorna scrutò le acque, aspettando e sperando, ascoltando. Gli doveva moltissimo e non aveva mai voltato le spalle a un amico. La Baia della Morte era lugubremente silenziosa, con tutti i troll morti, i draghi fuggiti, eppure aveva un suo suono: l’incessante ululare del vento, lo sciabordio di mille onde, gli scricchiolii della loro nave che ondeggiava senza sosta. Mentre ascoltava, udì le folate di vento più forti.
“C’è tempesta in arrivo, mia signora,” disse infine Sovos. “Abbiamo bisogno di una direzione.”
Sapeva che avevano ragione, ma non poteva lasciar perdere.
Proprio mentre Sovos apriva la bocca per parlare, improvvisamente Lorna provò un’ondata di eccitazione. Si chinò in avanti e adocchiò qualcosa in lontananza, qualcosa che galleggiava tra le acque, trasportato dalla corrente verso la nave. Provò un formicolio alle viscere e capì che era lui.
“LÌ!” gridò
Gli uomini corsero al parapetto e guardarono oltre il bordo, vedendolo anche loro: era Thurn che galleggiava in acqua. Lorna non sprecò tempo. Fece due grandi passi, balzò oltre il parapetto e si tuffò di testa, cadendo di quasi dieci metri in aria verso l’acqua gelata della baia.
“Lorna!” gridò Merk dietro di lei, con voce preoccupata.
Lorna vide gli squali rossi che nuotavano di sotto e capì la sua preoccupazione. Stavano accerchiando Thurn, ma mentre lo pungolavano, vide che non erano stati ancora capaci di perforare la sua armatura. Thurn era stato fortunato ad avere ancora l’armatura addosso, l’unica cosa che lo tenesse ancora in vita. E ancora più fortunato ad aver afferrato una tavola di legno che lo teneva a galla. Ma gli squali adesso stavano attaccando con maggior forza, diventando più impetuosi. Capì che il loro tempo era limitato.
Sapeva che gli squali sarebbero venuto anche addosso a lei, ma non esitò, non con la vita di Thurn in pericolo. Gli