“L’hai fatto,” disse Kyle, pieno di ammirazione e gratitudine. “Hai fermato l’intera nazione di troll.”
Alva scosse la testa.
“No,” rispose ponderatamente, con voce misurata e antica. “Li ho solo rallentati. Una grande e terribile distruzione sta venendo verso di noi.”
“Ma come?” insistette Kyle. “Il crepaccio, non potrebbero mai attraversarlo. Ne hai uccisi a migliaia. Non siamo salvi?”
Alva scosse la testa tristemente.
“Non hai iniziato a vedere neanche la punta di questa nazione. Ne devono arrivare ancora a milioni. La grande battaglia ha avuto inizio. La battaglia che deciderà il fato di Escalon.”
Alva camminava tra le macerie della Torre di Ur, facendosi strada con il bastone, e Kyle lo osservava, confuso come sempre da quell’enigma. Alla fine Alva si rivolse a Dierdre e Marco.
“Voi desiderate tornare a Ur, vero?” chiese loro.
Dierdre e Marco annuirono, con la speranza negli occhi.
“Andate,” ordinò.
Loro lo fissarono, chiaramente confusi.
“Ma lì non è rimasto nulla,” disse. “La città è stata distrutta. Inondata. La governano i Pandesiani adesso.”
“Tornare lì vorrebbe dire tornare verso la nostra morte,” si intromise Marco.
“Per ora,” rispose Alva. “Ma presto ci sarà bisogno di voi lì, quando la grande battaglia arriverà.”
Dierdre e Marco, non avendo bisogno di essere incitati ulteriormente, si voltarono e salirono insieme in groppa ad Andor e galopparono via, verso sud, attraverso il bosco, diretti di nuovo verso la città di Ur.
Leo rimase indietro, al fianco di Kyle, che gli accarezzò la testa.
“Pensi a me e pensi a Kyra, vero amico?” chiese Kyle a Leo.
Leo mugolò affettuosamente e Kyle capì che sarebbe rimasto al suo fianco per proteggerlo come se fosse Kyra. Lo sentì come un valoroso compagno di battaglia.
Kyle guardò pieno di dubbi Alva che si era girato e fissava i boschi a nord.
“E noi, mio maestro,” chiese Kyle. “Dove c’è bisogno di noi?”
“Proprio qui,” disse Alva.
Kyle fissò l’orizzonte e si unì a lui guardando verso nord, verso Marda.
“Stanno arrivando,” aggiunse Alva. “E noi tre siamo l’ultima e definitiva speranza.”
CAPITOLO CINQUE
Kyra era invasa dal panico mentre lottava nella tela del ragno, dimenandosi, volendo disperatamente liberarsi mentre l’enorme creatura strisciava verso di lei. Non voleva guardare, ma non riuscì a farne a meno. Si girò e si sentì ancora più terrorizzata vedendo il grosso ragno sibilante che incombeva su di lei avanzando e muovendo una lunga zampa alla volta. La fissava con i suoi grandi occhi rossi, sollevò le sue lunghe zampe pelose e nere e aprì la bocca mostrando delle zanne gialle che gocciolavano saliva. Kyra sapeva che le erano rimasti solo degli attimi in vita e che quello sarebbe stato un modo orribile per morire.
Mentre si dimenava, sentiva tutt’attorno a sé un ticchettio di ossa. Guardò oltre e vide i resti di tutte le vittime che erano morte prima di lei. Capì quindi che le sue possibilità di sopravvivenza erano veramente minime. Era bloccata in quella tela e non c’era niente che potesse fare.
Chiuse gli occhi sapendo che non c’era altra scelta. Non poteva fare affidamento sul mondo esterno. Doveva guardare dentro di sé. Sapeva che la risposta non giaceva nella forza esterna e nelle armi. Se si fosse affidata al mondo esterno, sarebbe morta.
Ma sentiva che internamente il suo potere era grande, infinito. Doveva andare a scomodare la sua forza interiore e raccogliere i poteri che aveva paura di affrontare. Doveva finalmente capire cosa la guidava, capire il risultato di tutto il suo allenamento spirituale.
Energia. Questo era ciò che Alva le aveva insegnato. Quando facciamo affidamento su noi stessi, usiamo solo una frazione della nostra energia, una frazione del nostro potenziale. Vai a bussare all’energia del mondo. L’intero universo sta aspettando di aiutarti.
Le stava scorrendo nelle vene, lo sentiva. Era quella cosa speciale con la quale era nata, che sua madre le aveva passato. Era il potere che scorreva in ogni cosa, come un fiume che strisciava sottoterra. Era lo stesso potere di cui aveva sempre avuto difficolta a fidarsi. Era la parte più profonda di se stessa, quella di cui ancora non si fidava completamente. Era la parte di cui aveva più paura, più che di un nemico. Avrebbe voluto chiamare sua madre, desiderando disperatamente il suo aiuto. Eppure sapeva che non la poteva raggiungere lì, in quella terra di Marda. Era completamente sola. Forse questo, il suo essere totalmente da sola, il fatto di non dipendere da nessun altro, era l’ultimo tassello dell’allenamento.
Kyra chiuse gli occhi, sapendo che doveva agire adesso o mai più. Sentiva di essere diventata più grande di se stessa, più grande di quel mondo che vedeva davanti a sé. Si sforzò di concentrarsi sull’energia interiore e poi su quella attorno a lei.
Lentamente si concentrò. Sentì l’energia della tela, del ragno, li poteva sentire scorrere in lei. Permise loro, lentamente, di divenire parte di lei. Smise di combatterci contro. Si concesse invece di diventare un tutt’uno con essi.
Kyra si sentì rallentare, sentì che il tempo rallentava. Si sintonizzò sul minimo dettaglio, udì ogni cosa, percepì ogni cosa attorno a sé.
Improvvisamente sentì un lampo di energia e capì, per la prima volta, che tutto l’universo era uno. Sentì cadere le pareti che lo separavano da lei, sentì che le barriere tra mondo interno ed esterno si dissolvevano. Sentì che la stessa distinzione tra i due mondi era falsa.
Subito sentì una spinta di energia, come se dentro di lei fosse stata alzata una diga. Le sue mani ardevano come se fossero in fiamme.
Kyra aprì gli occhi e vide il ragno, ora così vicino, che la guardava e si preparava a morderla. Si girò e vide il suo bastone a pochi metri, incastrato nella tela. Si allungò, senza più dubitare di sé. Richiamò il bastone e subito quello volò in aria finendole dritto in mano. Lo strinse.
Kyra usò il suo potere, sapendo di essere più forte di ciò che vedeva davanti a sé e fidandosi di se stessa. Subito sollevò il braccio che teneva il bastone e quello si liberò dalla tela.
Ruotò e non appena il ragno fu sul punto di chiudere le fauci su di lei, allungò il braccio e gli piantò il bastone in bocca.
Il ragno lanciò un tremendo grido e Kyra gli spinse il bastone in profondità nella bocca, girandolo di lato. La bestia cercò di chiudere la mandibola, ma non ci riuscì, dato che il bastone gliela teneva aperta.
Ma poi, con stupore di Kyra, chiuse la bocca e spezzò l’antico bastone a metà. Ruppe ciò che non poteva essere rotto, frantumandolo tra i denti come uno stuzzicadenti. Quella bestia era più potente di quanto avesse immaginato.
Il ragno si preparò ad attaccarla e subito il tempo rallentò. Kyra sentì che ogni cosa veniva messa a fuoco. Sentì dentro di sé che poteva liberarsi, che poteva essere più veloce del ragno e del tempo.
Scattò in avanti liberandosi e rotolò nella tela. Quando le fauci del ragno si abbassarono, lacerarono la tela invece di colpire lei.
Mentre Kyra si concentrava, sentì per la prima volta una debole vibrazione nell’aria, sentì qualcosa che la chiamava. Si voltò e fissò quello che, dalla parte opposta della tela, era l’oggetto per cui aveva compiuto quel viaggio a Marda: il Bastone della Verità. Si trovava lì, conficcato in un blocco di granito, etereo, scintillante sotto il cielo notturno.
Kyra sentì un’intensa connessione con il bastone, sentì un formicolio alle mani mentre allungava la destra. Lanciò il grido di battaglia più forte della sua vita e capì che quel bastone le avrebbe obbedito.
Improvvisamente