– Invitalo pure, – rispose sprezzante Donna Prima, – quello non mangia nemmeno quanto un pulcino. Il tuo povero marito, pace al suo nocciolo, aveva parenti piccoli e magri, che quasi non si vedono a occhio nudo. Il mio povero marito invece, pace al suo nocciolone, aveva parenti grandi e grossi, visibili a grande distanza.[77]
Il barone Melarancia era davvero visibile a grande distanza: a distanza di un chilometro si poteva scambiarlo per una collina.
Si dovette subito provvedere per un aiutante[78] che lo aiutasse a portare la pancia, perché da solo non ce la faceva più.[79] Pomodoro mandò a chiamare il cenciaiolo del paese, ossia Fagiolone, perché portasse il suo carretto. Fagiolone non trovò il carretto, perché lo aveva preso suo figlio Fagiolino, come sapete, e così si portò dietro una carriola a mano, di quelle che adoperano i muratori per portare la calcina.
Pomodoro diede una mano al barone a sistemare la sua pancia dentro la carriola, poi gridò:
– Arri, là!
Fagiolone afferrò le stanghe della carriola e tirò con tutte le sue forze, ma non la spostò di un centimetro.
Furono chiamati altri due servitori e tutti insieme riuscirono a far fare al barone[80] una passeggiata nei viali del Castello. Da principio non stavano attenti ai sassi:[81] la ruota della carriola andava a cercare i sassi più grossi e puntuti del viale, come se lo facesse apposta,[82] e il povero barone riceveva nella pancia certi colpi che lo facevano sudare.
– State attenti ai sassi! – si raccomandava giungendo le mani.
Fagiolone e i due servitori stavano attenti ai sassi e la carriola andava a finire nelle buche.
– State attenti alle buche, per l'amor del cielo! – supplicava il barone.
Mentre lo portavano a spasso[83], però, non dimenticava la sua occupazione preferita e sgranocchiava un tacchino arrosto che Donna Prima gli aveva fatto preparare come antipasto.
Anche il Duchino Mandarino diede un bel da fare[84] al Castello.
La povera Fragoletta – cameriera personale di Donna Seconda – non finiva mai di stirargli le camicie. Quando gliele riportava, il Duchino torceva il naso, si metteva a piangere e balzava in cima all'armadio, gridando:
– Aiuto! Aiuto!
Accorreva Donna Seconda con le mani nei capelli:
– Mandarino, che cosa ti fanno?
– Non mi stirano bene le camicie, e io voglio morire!
Per convincerlo a restare in vita[85] Donna Seconda gli regalò tutte le camicie di seta del suo povero marito.
Il duchino Mandarino saltò giù dall'armadio e cominciò a provarsi le camicie.[86]
Dopo un poco lo si udì nuovamente gridare:
– Aiuto! Aiuto!
Donna Seconda accorse con il batticuore:
– Cugino Mandarino, che cosa ti fanno?
– Ho perso il bottone del colletto e non voglio più stare al mondo!
Questa volta si era arrampicato in cima allo specchio e minacciava di buttarsi a capofitto[87] sul pavimento.
Per farlo chetare Donna Seconda gli regalò tutti i bottoni del suo povero marito, che erano d'oro, d'argento e di pietre preziose.
Prima di sera, Donna Seconda non aveva più gioielli, il Duchino Mandarino aveva ammassato parecchi bauli di roba e si fregava le mani soddisfatto.
Le Contesse cominciavano ad essere molto preoccupate per quei loro parenti così voraci, e sfogavano l'irritazione[88] sul povero Ciliegino, il loro nipotino, orfano di padre e di madre.
– Mangiapane a tradimento![89] – lo sgridava Donna Prima, – vai subito a fare i compiti.
– Li ho già fatti.
– Fanne degli altri! – ordinava severamente Donna Seconda.
Ciliegino, ubbidiente, andava a fare degli altri compiti: ogni giorno ne faceva dei quaderni intieri, in una settimana ne faceva una montagna di quaderni.
Quel giorno, le Contesse non finivano mai di fargli fare dei nuovi compiti.
– Che cosa fai in giro[90], bighellone?
– Vorrei fare una passeggiata nel parco.
– Nel parco ci passeggia il barone Melarancia, non c'è posto per i fannulloni come te. Va' subito a studiare la lezione.
– L'ho già studiata.
– Studiane un'altra.
Ciliegino, ubbidiente, andò a studiare un'altra lezione: ogni giorno ne studiava centinaia e centinaia. Aveva già letto tutti i libri della biblioteca del Castello.
Ma se le Contesse lo vedevano con in mano un libro subito prendevano a sgridarlo:
– Posa quei libri, incosciente. Non vedi che li consumi?
– Ma come posso studiare le lezioni senza toccare i libri?
– Studiale a memoria.[91]
Ciliegino si chiudeva in camera sua e studiava, studiava, studiava. Sempre senza libri, si capisce. Aveva tutto nel cervello e continuava a pensare nuove cose. A pensare gli veniva il mal di testa e le Contesse lo sgridavano:
– Sei sempre ammalato perché pensi troppo. Non pensare e ci farai risparmiare i soldi delle medicine.
Insomma, tutto quello che faceva Ciliegino per le Contesse era malfatto.
Ciliegino non sapeva da che parte voltarsi[92] per non prendersi dei rabbufi e si sentiva veramente infelice.
In tutto il Castello aveva un solo amico, ed era Fragoletta, la servetta di Donna Seconda. Fragoletta aveva compassione di quel povero piccolo ragazzo con gli occhiali, a cui nessuno voleva bene: era gentile con lui e di sera, quando andava a letto, gli portava qualche pezzo di dolce.
Ma quella sera, a tavola, il dolce se lo mangiò il barone Melarancia.
Il duchino Mandarino ne voleva un pezzo anche lui. Per farselo dare saltò in cima alla credenza e cominciò a strillare:
– Aiuto! Aiuto! Tenetemi, se no mi butto!
Ma ebbe un bello strillare[93]: il barone mandò giù il dolce intero senza dargli retta.
Donna Seconda, in ginocchio davanti alla credenza, pregava il suo cuginetto di non ammazzarsi. Per convincerlo a scendere a terra gli doveva promettere qualcosa, ma non aveva più niente.
Del resto, quando comprese che non c'era più niente da arraffare, il duchino Mandarino calò a terra da solo, sbuffando.
Proprio in quel momento Pomodoro fu avvertito che la casa del sor Zucchina era scomparsa. Il Cavaliere non ci pensò su due volte:[94] mandò un messaggio al Governatore e gli chiese in prestito una ventina di poliziotti, ossia di Limoncini.
I Limoncini arrivarono