– Birbante! Briccone! – disse ancora la voce.
– Chi ha parlato? Sarà stato certo quel poco di buono di Mastro Uvetta, – concluse Pomodoro, e direttosi verso la bottega del ciabattino picchiò con la sua mazza sulla saracinesca, dicendo:
– Lo so, lo so, Mastro Uvetta, che nella vostra bottega si fanno discorsi proibiti contro di me e contro le nobili Contesse del Ciliegio. Non avete alcun rispetto per quelle due poverine, vedove, orfane di padre e di madre e senza neanche uno zio. Ma verrà anche la vostra volta.[27] E allora vedremo chi riderà.
– Verrà anche la tua volta, Pomodoro, e allora scoppierai, – disse di nuovo la voce.
E il padrone della voce, ossia Cipollino, si avvicinò con le mani in tasca al terribile Cavaliere, il quale non sospettò nemmeno per un minuto che fosse stato quel ragazzotto a dirgli il fatto suo.
– Di dove sbuchi tu? Perché non sei al lavoro?
– Io non lavoro, – disse Cipollino, – io studio.
– E che cosa studi? Dove sono i libri?
– Studio i furfanti, Eccellenza. Giusto adesso me n'è capitato uno sotto il naso, e non voglio perdere l'occasione di studiarlo per vedere com'è fatto.
– Un furfante? Qui tutti dal più al meno sono furfanti. Ma se ne hai trovato uno che non conosco, fammelo vedere.
– Certo, Eccellenza, – rispose Cipollino, strizzandogli l'occhio. Affondò ancora di più la mano nella tasca sinistra e ne trasse uno specchietto che adoperava per andare a caccia di allodole. Andò a mettersi davanti al muso di Pomodoro e gli ficcò lo specchio sotto il naso.
– Eccolo, Eccellenza: se lo guardi con comodo.
Pomodoro guardò con curiosità nello specchio. Chissà cosa credeva di vederci! Naturalmente, invece, ci vide la sua faccia, rossa di fuoco, con gli occhietti piccoli, con la bocca cattiva.
Finalmente capì che Cipollino lo stava prendendo per il naso:[28] allora divenne addirittura furibondo. Lo afferrò per i capelli a due mani e cominciò a tirare.
– Ahi! Ahi! – strillava Cipollino, senza perdere l'allegria. – Troppa forza per un furfante solo: Vostra Eccellenza vale addirittura un battaglione di furfanti.
– Ti farò vedere io,[29] – strillava Pomodoro. E tirò così forte che una ciocca di capelli gli restò in mano.
E capitò quello che doveva capitare, trattandosi dei capelli di Cipollino.
Che è, che non è, ad un tratto il feroce Cavaliere si sentì un tremendo pizzicore agli occhi e cominciò a piangere a ruscelli. Le lacrime gli scorrevano giù per le guance a sette a sette[30]. La strada fu subito bagnata come se fosse passato lo spazzino con la pompa.
«Questa non mi era mai capitata!» – rifletteva stralunatoPomodoro.
Infatti, siccome non aveva cuore, non gli era mai capitato di piangere, e poi non aveva mai sbucciato le cipolle. Il fenomeno gli parve così strano che balzò sul calesse, frustò il cavallo e scappò via a gran velocità.[31] Mentre fuggiva, però si voltò indietro a gridare:
– Zucchina, sei avvisato… E tu, piccolo malandrino, pagherai salate queste lagrime.[32]
Cipollino si buttò per terra a ridere e il sor Zucchina si asciugava il sudore.
Una dopo l'altra le porte e le finestre si spalancavano, tranne quella del sor Pisello. Mastro Uvetta rialzò la saracinesca e venne fuori grattandosi la testa con entusiasmo:
– Per tutto lo spago dell'universo! – esclamava, – Ecco uno capace di far piangere[33] il Cavalier Pomodoro. Di dove vieni, ragazzo?
E Cipollino dovette raccontare a tutti la sua storia, che voi conoscete già.
Rispondete alle domande:
1. Da quando il sor Zucchina voleva avere una casa di sua proprietà?
2. In che modo il sor Zucchina si procurava mattoni e li risparmiava?
3. A chi si rivolgeva il sor Zucchina pregando di fargli il conto dei suoi mattoni raccolti?
4. Perché lo faceva?
5. Come era la casetta del sor Zucchina?
6. Chi potrebbe starci?
7. In che maniera il sor Zucchina poteva accomodarsi nella sua casetta?
8. Che girotondo ballò un monellino sul tetto della casetta?
9. Cosa faceva il sor Zucchina per rabbonire una schiera di ragazzi?
10. Mentre il sor Zucchina stava parlando con Cipollino, chi arrivò in carozza tirata da quattro cavalli?
11. Descrivi questo personaggio imponente e ne elenca tutti i suoi titoli.
12. Cosa non piacque al Cavalier Pomodoro?
13. Di che cosa era sdegnato?
14. Di che cosa fu incolpato il sor Zucchina dal Cavalier Pomodoro?
15. Chi rispondeva alle domande del Cavalier Pomodoro, rivolte al sor Zucchina?
16. Perchè il Cavaliere diventò furibondo?
17. Come mai il Cavalier Pomodoro si mise a piangere?
18. Cosa fece Cipollino dopo la partenza del Cavalier Pomodoro?
Capitolo III
Un Millepiedi pensa: che guaio portare i figli dal calzolaio!
Cipollino cominciò a lavorare nella bottega di Mastro Uvetta, e faceva molti progressi nell'arte del ciabattino: dava la pece allo spago, batteva le suole, piantava i chiodi negli scarponi, prendeva le misure[34] ai clienti.
Mastro Uvetta era contento e gli affari andavano bene. Molta gente veniva nella sua bottega solo per dare un'occhiata[35] a quello straordinario ragazzetto che aveva fatto piangere il Cavalier Pomodoro.
Così Cipollino fece molte nuove conoscenze.
Venne prima di tutti il professor Pero Pera, maestro di musica, con il violino sotto il braccio. Lo seguiva un codazzo di mosconi e di vespe, perché il violino di Pero Pera era una mezza pera profumata e burrosa, e si sa che i mosconi perdono facilmente la testa[36] per le pere.
Più di una volta, quando Pero Pera dava concerto, gli spettatori si alzavano e davano l'allarme[37]:
– Professore, faccia attenzione: sul violino c'è un moscone.
Pero Pera interrompeva il concerto e con l'archetto dava la caccia[38] al moscone. Qualche volta un bacherozzo riusciva a introdursi nel violino e vi scavava delle lunghe gallerie: così lo strumento era rovinato, e il professore doveva procurarsene un altro.
Poi venne Pirro Porro, che faceva l'ortolano: aveva un gran ciuffo sulla fronte e un paio di bafi che non finivano mai.
– Questi bafi – raccontò Pirro Porro a Cipollino – sono la mia disperazione. Quando mia moglie deve stendere il bucato ad asciugare, mi fa sedere sul balcone, attacca i miei bafi a due chiodi, uno a destra e uno a sinistra, e ci appende i panni. E a me tocca starmene tutto il tempo al sole, fin che siano asciutti. Guarda i segni delle mollette.
Difatti sui bafi, a distanze regolari, si vedevano i segni delle mollette.