Ma Ciliegino, quando passava vicino ai cartelli, si toglieva gli occhiali, così non vedeva quel che c'era scritto e poteva continuare tranquillamente a pensare ai casi suoi.
Mentre dunque Ciliegino passeggiava nel parco, si sentì chiamare da due voci squillanti come campanelli.
– Signor Visconte! Signor Visconte!
Si mise gli occhiali e vide un ragazzo della sua età, piuttosto malvestito ma dal viso chiaro e simpatico, e una ragazzina di forse dieci anni, coi capelli raccolti in un codino che le stava sempre in piedi sulla testa.[106]
Ciliegino si inchinò cerimoniosamente e disse:
– Buongiorno, signori. Io non ho l'onore di conoscerli, ma farei volentieri la loro conoscenza.[107]
– Allora perché non vieni più vicino?
– Non posso. Don Prezzemolo non vuole che io parli con i ragazzi del villaggio.
– Ma ormai abbiamo già parlato.
– Quand'è così, vengo subito.
Ciliegino era timido e bene educato, ma nei momenti decisivi sapeva prendere decisioni eroiche. Entrò decisamente nell'erba, calpestandola con tutta la forza delle sue gambette e si avvicinò all'inferriata.
– Io mi chiamo Ravanella, – si presentò la bambina. – E questo è Cipollino.
– Molto piacere, signorina. Molto piacere, signor Cipollino. Ho già sentito parlare di lei dal Cavalier Pomodoro.
– Ecco uno che mi mangerebbe senza neanche condirmi.[108]
– Proprio così. Appunto per questo mi sono figurato che lei doveva essere una simpaticissima persona. E vedo che non mi sono sbagliato.
Cipollino sorrise:
– Benissimo. Allora perché stai facendo tanti salamelecchi e mi dai del lei come se fossi un vecchio cortigiano in parrucca? Diamoci del tu.[109] Ciliegino si ricordò improvvisamente di un cartello che stava sulla porta del pollaio, e dove don Prezzemolo aveva fatto scrivere «Non si deve dar del tu a nessuno», perché aveva sorpreso una volta Ciliegino a conversare confidenzialmente con le galline. Tuttavia decise di passar sopra anche a quel cartello, com'era passato sopra l'erba e rispose:
– D'accordo. Diamoci del tu. Chissà come gli fischieranno le orecchie, a don Prezzemolo.
Risero tutti e tre allegramente. Sulle prime Ciliegino rideva appena appena con un angolo della bocca, ricordandosi di un cartello di don Prezzemolo che diceva – «E' vietato ridere il lunedì, il martedì, il mercoledì, il giovedì, il venerdì, il sabato e la domenica ». Ma poi, vedendo Cipollino e Ravanella che ridevano senza ritegno, si lasciò andare e rise a pieni polmoni.
Una risata così lunga e così allegra, al Castello del Ciliegio non si era mai sentita. Le nobili Contesse, in quel momento, sedevano nella veranda a bere il té.
Donna Prima udì la risata ed osservò:
– Sento uno strano rumore.
Donna Seconda accennò col capo:
– Lo sento anch'io. Dev'essere la pioggia.
– Ti faccio notare che non piove affatto – disse Donna Prima, con aria sentenziosa.
– Se non piove, pioverà, – ribattè Donna Seconda con decisione, alzando il capo per trovare conferma nel cielo. Il cielo però era limpido come se fosse stato scopato e lavato dalla nettezza urbana cinque minuti prima: non si vedeva una nuvola per scommessa.
– Io dico che è la fontana, – ricominciò Donna Prima.
– La fontana non può essere: è rotta e non dà acqua.
– Si vede che il giardiniere l'ha riparata.
Ma il giardiniere non si era nemmeno accorto[110] che la fontana era rotta.
Anche Pomodoro aveva udito quello strano rumore, e non era per niente tranquillo.
– Nelle prigioni del castello, – pensava, – ci sono molti prigionieri. Bisogna vigilare, se non vogliamo avere sorprese.
Decise di fare un giretto d'ispezione[111] nel parco e dietro il Castello, dove passava la strada del villaggio, scoprì i tre ragazzi in allegra conversazione.
Se il cielo si fosse aperto, e gli angeli fossero rotolati giù l'uno sull'altro, la sorpresa di Pomodoro non sarebbe stata maggiore. Ciliegino che calpestava l'erba! Ciliegino che parlava con due straccioni!
In uno di quei due straccioni, poi, Pomodoro ravvisò addirittura il monello che lo aveva fatto piangere abbondantemente. Montò in furore[112] e diventò così rosso che se fossero passati di lì i pompieri avrebbero dato mano alle pompe per spegnerlo.
– Signor Visconte! – chiamò con voce terribile. Ciliegino si volse, impallidì, si strinse all'inferriata.[113]
– Amici, – bisbigliò, – scappate, prima che Pomodoro possa farvi del male.
Cipollino e Ravanella scapparono, senza smettere di ridere.
– Per questa volta,[114] – osservò Ravanella, – la nostra spedizione non è riuscita.
Ma Cipollino non la pensava così:[115]
– E chi te l'ha detto? Abbiamo conquistato un amico, e questo non è poco.
Il loro nuovo amico, intanto, si preparava a subire le lavate di capo di Pomodoro, di don Prezzemolo, di Donna Prima, di Donna Seconda e di tutto il parentado. Il povero ragazzo si sentiva infelice come non mai.
Per la prima volta egli aveva trovato due amici, per la prima volta in vita sua aveva riso di cuore, ed ecco che doveva perdere tutto di nuovo: Cipollino e Ravanella erano scappati giù per la collina e forse non li avrebbe più rivisti. Quanto avrebbe dato[116] per essere con loro, là fuori, dove non c'erano cartelli, dove si potevano calpestare i prati e cogliere i fiori!
Per la prima volta nel cuore di Ciliegino c'era quella cosa strana e terribile che si chiama dolore. Era una cosa troppo grande per lui, e Ciliegino sentì che non l'avrebbe potuta sopportare. Si gettò a terra e cominciò a singhiozzare disperatamente.
Pomodoro lo raccolse, se lo mise sotto il braccio come un fagottello[117], e si avviò su per il viale.
Capitolo VII
Ciliegino, per una volta, a don Prezzemolo si rivolta
Il Castello era un po’ in cima alla collina ed era circondato da un gran parco. C’era un cartello che da una parte diceva: «Vietato l'ingresso» – e dall'altra parte diceva invece: «Vietata l'uscita ».
Una parte era destinata ai ragazzi del villaggio, perché non gli venisse la tentazione di scavalcare l'inferriata per andare a giocare sotto gli alberi del parco; l'altra era per Ciliegino, perché non gli venisse la tentazione di scappare nel villaggio a imbrancarsi con i figli dei poveri.
Ciliegino passeggiava solo soletto, stando bene attento a non