Torneremo sullâargomento della trasformazione secondo san Paolo. Intanto, avendo stabilito tale concetto e sgombrato lâequivoco che con risurrezione sâintenda nel Cristianesimo un corpo di carne e sangue che rivive tal quale, vediamo come il Nuovo testamento, che per i credenti è Parola di Dio, presenta il corpo umano vivente su questa terra.
Il corpo umano materiale psichico
Che su questa terra una persona, oltre al proprio corpo dotato di io o anima â psyché â, abbia un individuale animo, o spirito o pneuma â pneyma â creato sostanzialmente immortale non è stato provato né da metafisiche e religioni orientali né, in occidente, dai pitagorici, da Platone e dai platonici e neppure è stato dimostrato dal Padre della Chiesa santâAgostino (354-430) il quale, influenzato dalla lettura delle Enneadi del neoplatonico Plotino, su di una tradizione spiritualista ormai stabile nella teologia dei suoi tempi, semplicemente, assunse che lâanima umana è pneumatica e immortale, divenendo coi suoi scritti il tramite più importante nella Chiesa fra le idee platoniche e il Cristianesimo. Che ogni essere umano abbia un pensiero personale, una personalità , non può essere sufficiente perché si possa parlare senzâaltro di suo pneuma particolare. à sperimentale il fatto che siamo corpi umani con una psiche la quale muta e sâaccresce con lâesperienza â la cultura â grazie alle sinapsi del cervello che consentono alle cellule nervose del cerebro stesso, i neuroni, dâinteragire con lâambiente. à in altri termini sperimentale che abbiamo un corpo materiale-animale psichico, proprio come afferma, nella neotestamentaria prima lettera ai Corinzi, lâebreo convertito a Cristo Saulo-Paolo: siamo in uno dei primissimi anni 50 del I secolo e la Chiesa è solo alle origini e dalla predicazione orale apostolica stanno cominciando a nascere i libri del Nuovo testamento; siamo a molti secoli prima della nascita dello spiritualista Agostino dâIppona. Non si può intendere San Paolo se lo si consideri uno spiritualista, egli non è platonico, non parla affatto di pneuma personale dellâessere umano su questa terra; e anche per gli altri ebrei ogni uomo è solo il proprio corpo, che ha sì anima, ma nel senso di psiche, di io, cioè è un corpo umano pensante, mentre spirito o pneuma â ruach, a volte traslitterato come ruà h â è solo Jahvè il Creatore. Peraltro lâuomo è diversificato dagli altri viventi dal fatto dâessere creato a immagine e somiglianza di Dio (Gen 1,26): importano meno di tale espressione gli altri vocaboli e concetti dellâantropologia religiosa ebraica, vale a dire che ogni uomo è unione inseparabile di nefesh, vita o vitalità , (psyché nelle traduzioni in greco, psiche o anima in italiano) e di bashar (sarx nelle traduzioni in greco, da non confondere, come vedremo, con soma che nelle lettere di san Paolo è il corpo della persona in grazia di Dio): bashar è la carne viva dellâuomo, cioè il suo corpo materiale-animale.
NellâAntico testamento troviamo questi concetti e le parole che li descrivono nei testi della Torah (Pentateuco per i cristiani), scritti fra il VII e il IV secolo a.C. e, più precisamente, fra il V e il IV i libri Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, mentre il Deuteronomio, parola che dignifica Seconda Legge, è forse situabile nel VII secolo in una prima stesura perduta detta âlibro dellâAlleanzaâ, ne parla il successivo libro 2 Re (22, 3-20), e sicuramente è scritto nel V secolo il testo giunto a noi. Troppo lungo sarebbe parlare qui della formazione e della datazione dei libri veterotestamentari, ma volendo approfondire si può vedere il saggio divulgativo di Guido Pagliarino âIl Vento dell'Amoreâ, Tektime Editore, 2018.
La nefesh o anima non è dunque per la Bibbia qualcosa di separabile dal corpo e capace di sopravvivere senza di esso.
Un poâ come nella Grecia del IV secolo avanti Cristo è per Aristotele (384-322 a.C.) anche se câè chi, richiamandosi alla Metafisica aristotelica, libro XII, 3, 1070, ritiene che questo filosofo non escluda la sopravvivenza dello spirito intellettivo individuale, e lo vedremo un poâ meglio qualche rigo oltre. Intanto si consideri che per lo Stagirita lâEssere non è il Dio-Amore incarnato e umanissimo dei cristiani e nemmeno è lâebraico Jahvè, sollecito e paterno verso il suo popolo eletto anche se, come tutti i padri dellâantichità , può punire assai severamente; il Dio aristotelico pensa solo a ciò che è perfetto, cioè pensa solo sé stesso, dunque ignora il mondo anche se questo, dopotutto, muove perché câè lui; dunque, il Dio dâAristotele non considera gli uomini e men che mai li ama, mentre sono essi a doverlo amare proprio perché è perfetto, e difatti lâanima umana è attratta dallâEssere senza châegli si muova verso di essa. Però la stessa anima tende allâEssere solo durante la propria vita terrena perché, come sâè detto, non sopravvive al proprio corpo. Comâè noto, lâanima è contemplata in modo specifico da Aristotele nei tre libri del trattato intitolato appunto DellâAnima; il filosofo si chiede se corpo e anima siano tra loro separabili e se la seconda abbia la potenzialità di passare, reincarnandosi, da corpo a corpo come pensavano Platone e prima di lui i Pitagorici, oppure se, finendo il corpo dâesistere, cessi anche la sua anima. Per Aristotele quelle che chiama affezioni o attività dellâanima non possono esserci senza il relativo corpo, ad esempio lâira, che per la scienza del suo tempo deriva dal bollire del sangue, non può esserci senza il medesimo plasma, e il corpo devâessere fornito di strumenti di senso per poterli esercitare sulla realtà , cioè devâessere dotato di organi affinché possa esserci unâanima che intende la realtà : senza gli orecchi, ad esempio, lâanima non sente, e però per lo Stagirita noi sentiamo non perché abbiamo gli orecchi, ché se questi per ipotesi fossero staccati dal corpo non udiremmo, ad esempio il cadavere fresco ha ancora orecchi non decomposti ma non sente più, bensì perché attraverso gli orecchi è lâanima che ode (la moderna fisiologia sa bene che non è lâapparato uditivo in sé che sente e che esso è solo strumento, però la stessa fisiologia afferma che lâapparato uditivo è strumento del cervello e non dellâanima). Insomma, per Aristotele lâuomo vive in quanto ha corpo e anima, perché egli è il loro insieme, sinolo, e dunque, in opposizione a Platone, in DellâAnima Aristotele giunge a negare la sopravvivenza della stessa anima umana. Si diceva poco sopra che questo filosofo può anche dare lâimpressione dâavere una sia pur debole speranza di vita eterna. Parrebbe preferibile lâidea opposta, anche se questo non appare in DellâAnima ma nella Metafisica: Aristotele scrive nel XII libro della stessa: âSe, poi, rimanga qualcosa anche dopo, è problema che resta da esaminare. Per alcuni esseri nulla lo vieta: per esempio, per lâanima: non tutta lâanima, ma solo lâanima intellettiva; tutta sarebbe impossibileâ (Metafisica, libro XII, 3, 1070, traduzione di Giovanni Reale, Milano, 1978). Ebbene (cfr. Guido Pagliarino, à Uomo, Pozzuoli (Na), 2007): âSi deve però notare châegli aggiunge, il che non sempre è notato e citato da coloro che sostengono che Aristotele credesse allâimmortalità dellâanima: âComunque, è chiaro che non occorre affatto, per questo, ammettere lâesistenza delle Idee: lâuomo genera lâuomo e lâindividuo un altro individuoâ (ibid). Dunque, se lâanima intera non è separabile dal corpo, tuttavia la sua parte più alta potrebbe esserlo? Intanto, devâessere chiaro che, comunque, per lo Stagirita lâintelletto