Lia. Delio Zinoni. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Delio Zinoni
Издательство: Tektime S.r.l.s.
Серия:
Жанр произведения: Научная фантастика
Год издания: 0
isbn: 9788885356016
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può che essere negativa, e noi sorridiamo giustamente dei banali e ingenui tentativi di giovani che credono basti essere, o immaginarsi, innamorati per scrivere poesie.

      â€œDunque, se nessuna delle due qualità da sola consente di raggiungere la vetta, o anche le pendici, di questa ardua montagna che assicura un ricordo più perenne del bronzo, e una terza via non è mai stata suggerita, non ci resta che concludere che la misteriosa essenza di cui andiamo in cerca nasca da una qualche commistione delle due. E fin qui siamo nell’ambito del semplice.

      â€œIl difficile, e l’inutile, arrivano ora. Io vi chiedo – (qui Baran si alzò, per dare maggior enfasi alle sue dichiarazioni. Devo dire che la sua mole oscillava leggermente, ma forse era l’effetto dell’unica candela.) – Forse che qualche poeta, o un adepto in qualsivoglia delle Sette Arti Maggiori, ha mai calcolato prima di accingersi a comporre la proporzione fra ispirazione e istruzione, fra sogno e ragione, fra ciò che gli dicono le sue viscere e ciò che gli consiglia il suo cervello? Nossignore! Si mettesse a calcolare queste cose, non scriverebbe mai un rigo!

      Soddisfatto delle sue conclusioni, Baran si permise un piccolo rutto, soffocandolo per rispetto a madama Blanche.

      â€“ Ma una volta completata l’opera, essa diventa oggetto pubblico – osservò il falso tiranno.

      Baran aggrottò la fronte.

      â€“ Voglio dire, diventa oggetto di lettura. Cioè di un esame, più o meno approfondito. In cui non è illegittimo distinguere proporzioni e componenti. Come un esperto di vini sa distinguere l’annata, la qualità, la provenienza, la mescolanza eventuale. – Non so se ci fosse una qualche ironia in questa similitudine, del resto non del tutto appropriata, di Ly.

      Baran forse preferì non cogliere l’ironia, ma non si lasciò sfuggire l’inconsistenza dell’argomento.

      â€“ Verissimo! Se, come nel caso degli esperti di vini, fosse acquisita la concordanza, e verificabile l’esattezza delle diagnosi. Ma vi è mai capitato di trovare due di questi vostri lettori esperti che vadano d’accordo fra loro? O che vi abbiano mai fornito una riprova delle loro affermazioni?

      A questo, Lektos Ly non ebbe nulla da ribattere.

      â€“ Tuttavia, riflettere sulle proprie creazioni è prerogativa di questo essere razionale che chiamiamo uomo, e ciò che lo differenzia dagli animali.

      Ci crediate o no, questa obiezione fui io ad avanzarla.

      Baran mi guardò con accigliato stupore. Poi sorrise.

      â€“ Il nostro Arquin è un ragazzo sveglio. Del resto già me n’ero accorto. Lo sapete che conosce ben nove stili di scrittura? Ha studiato.

      â€“ E dove, posso chiedere? – volle sapere Lektos Ly.

      Questo, con mio grande imbarazzo, mi aveva portato al centro dell’attenzione.

      â€“ Qua e là... – farfugliai.

      â€“ Arquin legge molto – disse Myrtilla.

      â€“ La strada e i libri sono la scuola migliore che esista – sentenziò Baran.

      Lusingato da questi complimenti, non insistetti per ottenere una risposta alla mia domanda. Blanche, del resto, dava evidenti segni di stanchezza.

      Così, dopo che Baran si fu versato ciò che restava nel boccale, ci disponemmo a dormire.

      (28) GYENNA

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      E infine giungemmo al mare.

       Ventre immenso della creazione, utero insaziabile

      come dice non so più quale poeta.

      Il mare, per me, fu Gyenna.

      Gyenna era la città più grande che avessi mai visto, e la più sporca. Da allora ho appreso che tutte le città di mare, quale più quale meno, lo sono. Sporche voglio dire. Vi arrivammo dopo inesauribili ed estenuanti salite e discese, valichi che erano solo preludio a valichi successivi, polvere e sassi. Lungo le salite, tutti a piedi a spingere il carro. Nelle discese, a piedi per impedire che rotolasse giù. Solo Blanche veniva risparmiata.

      Ed ecco, dalla cima di un crinale come tanti (nessuno mi aveva avvertito, suppongo per sorprendermi), in un limpido pomeriggio, con un sole arancione quasi davanti agli occhi... il mare.

      Ciò che distingue un mare da un deserto, lo dico per voi che non l’avete mai visto, non è l’infinita vicinanza dell’orizzonte, né l’equanime diffondersi della luce. No: è il movimento.

      Anche quando il mare è calmo, come lo era quella prima sera che lo vidi dalle montagne, il suo respiro è visibile, come quello di un bambino addormentato. Nella tempesta, il suo ansare è terribile, come antiche divinità che fanno l’amore.

      Il deserto è polvere. È morto, non fosse che per il vento che da lontano viene a riscuoterlo.

      Questo mi apparve da qual valico di cui ho dimenticato il nome: il respiro del mare, che si rivelava attraverso l’infinitesimo frangersi delle onde. Il respiro della nostra grande madre

      Gyenna, adesso. Che è una delle città più belle che abbia mai visto.

      Gyenna si protende verso il mare su un lungo promontorio ricurvo, che lo abbraccia quasi tornando su se stesso. Non contenta, Gyenna conficca pali nell’acqua, vi getta sopra pontili e passerelle, su cui poi costruisce stravaganti architetture lignee, che a loro volta cedono il posto a barconi, chiatte, semplici zattere, spesso indissolubilmente unite ai pontili, altre volte ormeggiate come se immaginassero ancora di poter salpare.

      Su una di queste prendemmo alloggio.

      â€“ Costa meno – spiegò Baran.

      La Gyenna acquatica è costruita in legno di ibix. Questo legno, mi informò Baran, ha la proprietà di indurire nell’acqua di mare, assumendo al contempo un colore quasi nero, che alla luce della luna diventa argenteo. Gli spioventi dei tetti sono adorni di draghi intagliati e altri animali fantastici, che hanno lo scopo di tenere lontani gli spiriti maligni.

      Lasciammo il carro in un deposito, una cavernosa struttura per metà sulla terra e metà sul mare, che odorava di spezie, pesce affumicato e altre cose che non riconobbi. Baran pagò un ometto dalla carnagione giallastra, seduto in una specie di gabbia sospesa al soffitto, da cui poteva dominare tutto il deposito, o almeno quanto si scorgeva di esso alla luce delle lampade ad olio disposte apparentemente a caso. Il guardiano prese i soldi e restituì la ricevuta mediante un cestino calato con una corda.

      Percorremmo pontili e passerelle scricchiolanti. Io mi tenevo in mezzo al gruppo, perché non c’erano balaustre e non sapevo nuotare. Era peggio che camminare sui tetti di Morraine, per me.

      Lanterne di vari colori punteggiavano l’intrico dei moli. Porte di locande rovesciavano nella notte luci giallastre e suoni di strumenti. L’aria era gonfia di odori: pesce marcio, frittura, incensi. E la salsedine del mare

      Nella notte, si aggiravano marinai e prostitute, viaggiatori e mercanti. Indossavano vestiti dalle fogge più strane, parlavano lingue sconosciute.

      Il nostro alloggio si chiamava Sirena australe, e costei era rappresentata piuttosto rozzamente con i seni nudi su un’insegna di legno.

      Baran, che era conosciuto all’oste, ordinò una cena di pesce per tutti. Il padrone lo invitò in cucina a scegliere. Li seguii. In una grande cesta posata per terra c’erano gli animali più strani che avessi mai visto in vita mia. Alcuni muovevano ancora le branchie, altri le chele; uno di questi venne afferrato e sventrato dal cuoco; altri, più piccoli,