Lia. Delio Zinoni. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Delio Zinoni
Издательство: Tektime S.r.l.s.
Серия:
Жанр произведения: Научная фантастика
Год издания: 0
isbn: 9788885356016
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duetto proseguiva, mi resi conto di una particolare che aumentò il mio rispetto per l’attore: insensibilmente, il tiranno non era più tiranno. Padre affettuoso, ancorché severo. Monarca inflessibile, ma giusto. Guerriero coraggioso, seppure spietato. Tutto questo espresso mediante l’inflessione della voce, la scelta delle parole, la mimica: minime alterazioni rispetto al canovaccio corrente, ma sufficienti.

      Gli sforzi di Baran non furono spesi invano. Gli applausi scattavano nei momenti giusti. Anche se, come potei constatare dopo essere scivolato giù dal carro-palcoscenico per poter meglio osservare il pubblico, l’iniziativa veniva sempre presa da un gruppetto di spettatori in prima fila: personaggi dall’aspetto dignitoso, vestiti riccamente, e seduti su seggi che dovevano essersi fatti portare appositamente dai servi, perché di sicuro non erano saltati fuori dal nostro carro.

      Il primo atto si concluse felicemente, come testimoniarono anche le facce distese degli attori. Gost Baran arrivò a sorridermi e a darmi un colpetto di approvazione sulla spalla.

      Il secondo atto si apriva nel castello del re Karmak di Freija, interpretato da un Astrix Palemon cui la magrezza conferiva una subdola malignità.

      Ma, sorpresa! Al suo apparire, dal fondo della piazza, vicino all’imboccatura di un vicolo, si udì uno scroscio di applausi. Costernazione fra il pubblico, soprattutto della prima fila. I dignitari si voltarono corrucciati. Uno di loro, dotato di una pesante catena d’argento intorno al collo, si alzò in fretta e furia e si allontanò.

      Io mi arrampicai sulla sponda del carro per vedere meglio. Il dignitario che si era alzato faceva grandi gesti, mentre gli applausi continuavano. La zona da cui provenivano era scarsamente illuminata, ma il gruppetto non poteva comprendere più di una dozzina di persone. Da qualche parte, forse richiamate dal gesticolare dell’uomo con la catena d’argento, giunsero delle guardie, che accorsero con un tintinnio di armi verso il vicolo buio. Prima che potessero agguantarli, i dissidenti si erano dati alla fuga. Evidentemente il piano era stato preparato con cura.

      Per tutta la durata dell’incidente, Astrix non perse una battuta, né tradì esitazione alcuna.

      Il dignitario con la catena tornò verso la fine dell’atto, con un’espressione scornata. Anch’io tornai al mio posto, e trovai un Gost Baran con un’aria molto meno soddisfatta di prima, benché gli applausi a Grendel, forse per fare dimenticare quelli tributati a Karmak, fossero stati abbondanti e insistenti.

      Sentii il nostro capocomico consigliare agli altri di tagliare certe scene.

      L’atmosfera di tensione si allentò solo alla fine, quando Myrtilla (cioè Ergrid) morì. Forse per caso, o forse per calcolo, nel lasciarsi cadere la veste le si aprì lungo un fianco, e la fanciulla rimasse stesa sul palco con le gambe scoperte. Questa volta gli applausi mi parvero spontanei. Del resto il monologo finale era stato recitato in maniera quasi perfetta, con la giusta dose di strazio e rassegnazione, quantunque mancasse delle espressioni di perdono per l’ex-sposo, e di ogni accenno ad un amore non ancora spento, come nell'originale (ma quale poteva dirsi l'originale?).

      Calai il sipario. Mentre gli attori si apprestavano a ringraziare il pubblico, io uscii con un piattino per intercettare quelli che cercavano di svignarsela in anticipo. Non avevo modo di fare paragoni, ma non mi parve che le offerte fossero particolarmente generose.

      Intravidi Gost Baran che parlava con i notabili, e Dumpy Dum che a sua volta raccoglieva l’obolo.

      Quando tornai, Gost neppure guardò il denaro. Lo infilò in una borsa e disse: – Partiamo.

      Gli altri si stavano già togliendo i costumi.

      Mi toccò andare a prendere i cavalli, che erano stati messi in una stalla non lontana.

      Quando tornai il carro era già stato caricato, in qualche maniera.

      Aggiogammo i cavalli e partimmo. Le strade erano deserte e buie. Una lanterna accanto alla cassetta e una luna incerta ci aiutarono a ritrovare la strada. Due volte incontrammo una ronda. Baran mostrò loro una carta, che le guardie fecero finta di esaminare: forse non sapevano leggere, ma riconobbero il sigillo.

      Raggiungemmo la porta opposta a quella da cui eravamo entrati. L’ufficiale di servizio lesse con attenzione, volle ispezionare il carro, ma rinunziò ben presto ad addentrarsi nella massa disordinata degli attrezzi di scena. Io osservavo tutto con un’ansia che non sapevo spiegarmi, se non che la respiravo nell’aria.

      Due guardie sollevarono la sbarra, che era di rovere largo un palmo. La porta si aprì lamentosamente. Uscimmo.

      Solo quando la porta si fu richiusa alle nostre spalle, mi sentii di chiedere: – Perché tanta fretta? – (ma pur sempre con un sussurro) a Dumpy Dum, che camminava vicino a me.

      Poi Baran, che sedeva a cassetta, sferzò i cavalli e noi tutti che seguivamo a piedi, perché a causa del disordine non c’era posto sul carro, fummo costretti ad affrettare il passo fin quasi a correre, e la mia risposta dovette attendere.

      Per la seconda volta lasciavo una città di notte.

      (24) I CACCIATORI

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      â€“ Ma noi che colpa potevamo avere?

      â€“ Si erano preparati, non ti pare? Dovevano saperlo in anticipo.

      â€“ Avevamo attaccato manifesti per tutta la città! – Dumpy Dum alzò le spalle, o immagino che lo facesse, nel buio.

      â€“ I nuovi regimi sono sempre sospettosi. – Dopo un istante aggiunse: – E anche quelli vecchi.

      Sebbene fosse trascorsa da tempo la mezzanotte, il carro non si era ancora fermato. Procedeva lento sulla strada tortuosa e in salita, in una notte appena rischiarata dalle stelle, fra le colline a sud di Larissa.

      â€“ Gost ha paura che ci inseguano?

      â€“ Che ci ripensino – rispose laconico il nano.

      Ad una lega dalla città, il nostro impresario aveva abbandonato la strada maestra, quella che conduceva ad oriente, verso il regno di Ichomene, per imboccare un viottolo che, sospettavo, neppure lui conosceva bene, perché ad ogni bivio o incrocio si fermava, e poi aveva l’aria di riprendere il cammino a caso.

      â€“ Dove stiamo andando?

      â€“ Credo che voglia trovare la strada per il mare.

      Il mare!

      All’alba, ci eravamo appena svegliati, ricevemmo la visita di due cacciatori. Apparvero nel nostro campo come un lento manifestarsi di ombre e di foglie e di rocce, finché non assunsero forma umana. Uno era anziano e piccolo e nodoso. L’altro giovane e piccolo e magro. Non dissero una parola. Il primo ci porse una sorta di collana: uccelli infilati per il collo in un giunco, già spennati.

      Gost Baran, con notevole prontezza di spirito, li ringraziò e fece segno a Myrtilla di tirare fuori le nostre provviste, quel poco che c’era. Invitò i due cacciatori a sedersi. Il più giovane, con poche mosse, risveglio di muovo le fiamme dalle ceneri della notte. Myrtilla infilò gli uccelli in uno spiedo, insieme a dei pezzi di lardo, e li pose sul fuoco; poi tagliò il pane e del formaggio che aveva acquistato a Larissa la sera prima. Baran cavò da un nascondiglio del carro una bottiglia di vino e la stappò con sussiego, come avevo visto a fare da certi camerieri nelle locande dei cortili ricchi di Morraine.

      I due non dissero nulla, mentre gli uccelli rosolavano. Ringraziarono con cenni del capo per il vino e il pane, bevvero, aspettarono. Avvolti nei loro mantelli grigio-verdi, assomigliavano a quei cacciatori che venivano a Morraine nei giorni di mercato.

      Risposero ad una sola domanda: i loro nomi. Riskrill il vecchio, Paradin il giovane. Ben presto, anche la loquacità di Baran