Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 7. Edward Gibbon. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Edward Gibbon
Издательство: Public Domain
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Жанр произведения: Зарубежная классика
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i Servi del Re alla guerra: la Monarchia de' Britanni, ch'ei celebrava col canto, alla testa della battaglia, eccitava il loro coraggio, e giustificava le loro prede; ed il cantore aveva per suo legittimo premio la più bella vitella della spoglie. I ministri, subordinati al medesimo, ch'erano i maestri, e gli scolari della musica sì vocale che istrumentale, visitavano ne' respettivi loro distretti le case del Re, dei Nobili e de' Plebei, e la pubblica povertà, quasi esausta dal Clero, era oppressa dalle importune domande de' Bardi. Si fissava il grado ed il merito loro per mezzo di solenni esperimenti, e la forte credenza d'una ispirazione soprannaturale esaltava la fantasia del poeta, e della sua udienza297. Gli ultimi nascondigli della libertà Celtica, vale a dire i territori più remoti della Gallia e della Brettagna, eran meno adattati alla coltivazione, che alla pastura: la ricchezza de' Brettoni consisteva ne' loro greggi ed armenti; il latte e la carne erano l'ordinario lor cibo; ed il pane talvolta era stimato, o rigettato, come un lusso straniero. La libertà avea popolato le montagne di Galles e le paludi dell'Armorica; ma la popolazione loro si è maliziosamente attribuita alla libera pratica della poligamia; ed è stato supposto, che le case di questi licenziosi Barbari contenessero dieci mogli, e forse cinquanta figli298. Essi erano d'indole impetuosa, e collerica, audaci nelle azioni e nelle parole299; e siccome ignoravano le arti della pace, soddisfacevano a vicenda le loro passioni nelle guerre straniere e domestiche. La cavalleria dell'Armorica, i lancieri di Gwent, e gli arcieri di Merioneth erano ugualmente formidabili; ma la lor povertà rade volte poteva provvedergli di scudi o di elmi: e l'incomodo peso di questi avrebbe ritardato la velocità e l'agilità delle subitanee loro operazioni. La curiosità d'un Imperator Greco fece delle ricerche ad uno de' più grandi fra' Monarchi Inglesi intorno allo stato della Brettagna; ed Enrico II potè asserire, per la propria personal esperienza, che la provincia di Galles era abitata da una razza di guerrieri nudi, che affrontavan senza timore le armi difensive de' loro nemici300.

      Per la rivoluzione della Brettagna si ristrinsero i limiti della scienza, ugualmente che quelli dell'Impero. L'oscura nuvola, ch'era stata rischiarata dalle scoperte Fenicie, ed affatto sgombrata dalle armi di Cesare, si posò di nuovo su' lidi dell'Atlantico, ed una provincia Romana si perdè nuovamente fra le isole favolose dell'Oceano. Cento cinquant'anni dopo il regno d'Onorio, il più grave Istorico di que' tempi301 descrive le meraviglie d'un isola remota, le cui parti Orientale ed Occidentale son divise da una antica muraglia, limite della vita e della morte, o piuttosto della verità e della finzione. L'Orientale contiene una bella campagna abitata da un Popolo culto; l'aria è salubre, le acque pure ed abbondanti, e la terra dà regolarmente i suoi frutti. Nell'Occidentale oltre la muraglia, l'aria è infetta e mortale, la terra è coperta di serpenti; e quell'arida solitudine è l'abitazione di ombre di morti, che vi sono trasportati dagli opposti lidi, in solidi battelli, e per opera di rematori viventi. Alcune famiglie di pescatori, sottoposte ai Franchi, sono esenti da' tributi, a riguardo del misterioso ufizio, che si fa da questi Caronti dell'Oceano. Ciascheduno di essi a vicenda è chiamato, nell'orror di mezza notte, ad ascoltar le voci, ed anche i nomi degli spiriti: ei sente il loro peso, e si trova spinto da un'ignota, ma irresistibil forza. Dopo questo sogno di fantasia, leggiamo con stupore, che il nome di quest'isola è Brittia, ch'essa giace nell'Oceano, in faccia all'imboccatura del Reno, e distante meno di trenta miglia dal continente; ch'essa è posseduta da tre nazioni, da' Frisj, dagli Angli e da' Brettoni, e che alcuni Angli eran comparsi a Costantinopoli nel seguito degli Ambasciatori francesi. Da questi Ambasciatori potè forse Procopio essere informato d'una singolare, quantunque non improbabile, avventura, che indica lo spirito piuttosto, che la delicatezza d'una Eroina Inglese. Essa era stata promessa a Radigero, Re de' Varni, Tribù di Germani, che confinava coll'Oceano, e col Reno; ma il perfido amante fu indotto, da motivi di politica, preferirle la vedova di suo padre, sorella di Teodeberto Re de' Franchi302. L'abbandonata Principessa degli Angli, in vece di deplorare la sua disgrazia, pensò a vendicarla. Si dice, che i bellicosi di lei sudditi non conoscessero l'uso e neppur la forma del cavallo, ma essa, partendo audacemente dalla Brettagna, approdò alla bocca del Reno, con una flotta di quattrocento navi, ed un esercito di centomila uomini. Dopo la perdita d'una battaglia Radigero, fatto prigione, implorò la pietà della vittoriosa sua sposa, che generosamente gli perdonò l'ingiuria, lasciò in libertà la sua rivale, e costrinse il Re de' Varni a soddisfare con onore e con fedeltà i doveri di marito303. Sembra che questa galante impresa fosse l'ultima guerra navale degli Anglo-Sassoni. L'arte della navigazione, mediante la quale avevano essi acquistato l'Impero della Brettagna e del mare, fu tosto negletta dagl'indolenti Barbari, che rinunziarono scioccamente a tutti i vantaggi del commercio, che la loro isolare situazione somministrava. I sette loro indipendenti regni erano agitati da perpetue discordie; ed il Mondo Britannico rade volte si trovava connesso in pace o in guerra, con le nazioni del continente304.

      Ho terminato adesso la faticosa narrazione della decadenza, e caduta del Romano Impero dalla fortunata età di Traiano e degli Antonini fino alla sua total estinzione in Occidente, circa cinque secoli dopo l'Era Cristiana. In quell'infelice tempo i Sassoni fieramente contrastavano pel possesso della Brettagna co' nativi di essa: la Gallia e la Spagna eran divise fra le potenti Monarchie de' Franchi e de' Visigoti, ed i regni dipendenti degli Svevi e de' Borgognoni: l'Affrica era esposta alla crudel persecuzione de' Vandali, ed a' Selvaggi insulti de' Mori: Roma e l'Italia fino alle rive del Danubio, veniva angustiata da un esercito di Barbari mercenari, all'arbitraria tirannia de' quali successe il regno di Teodorico l'Ostrogoto. Tutti i sudditi dell'Impero, che per l'uso che facevano della lingua Latina, meritavano più specialmente il nome ed i privilegi di Romani, eran oppressi dalla vergogna e dalle calamità d'una straniera conquista; e le vittoriose nazioni della Germania stabilirono un nuovo sistema di costumi, e di governo nell'Occidentali regioni d'Europa. Debolmente rappresentavasi da' Principi di Costantinopoli, languidi ed immaginari successori d'Augusto, la maestà di Roma. Pure continuarono a regnare sull'Oriente, dal Danubio sino al Nilo ed al Tigri; dalle armi di Giustiniano si rovesciarono i regni Gotico e Vandalo dell'Italia e dell'Affrica; e l'Istoria degl'Imperatori Greci può sempre somministrare una lunga serie di istruttive lezioni e di rivoluzioni interessanti.

      OSSERVAZIONI GENERALI

      Sulla caduta del Romano Impero dell'Occidente

      I Greci, poscia che il loro paese fu ridotto a Provincia, attribuivano i trionfi di Roma, non al merito, ma alla Fortuna della Repubblica. Quell'incostante Dea, che distribuisce e riprende sì ciecamente i suoi favori, aveva allora acconsentito (tal era il linguaggio dell'invidiosa adulazione) di piegar le ali, di scendere dal suo globo, e di collocare il fermo ed immutabil suo trono sulle rive del Tevere305. Un Greco più saggio, che ha composto con filosofico spirito la memorabile istoria de' suoi tempi, privò i suoi compatriotti di questo vano ed ingannevol conforto, scuoprendo a' lor'occhi gli alti fondamenti della grandezza di Roma306. La fedeltà de' cittadini l'uno verso dell'altro, e verso lo Stato, era confermata dall'abitudine dell'educazione, e da' pregiudizi della Religione. L'onore, ugualmente che la virtù, era il principio della Repubblica: gli ambiziosi cittadini cercavano di meritare la solenne gloria d'un trionfo; e l'ardore della gioventù Romana s'accendeva ad un'attiva emulazione ogni volta che vedevano le domestiche immagini de' loro maggiori307. Le contese temperate dei Patrizi e de' Plebei avevan finalmente fissato la stabile, ed ugual bilancia della costituzione, che riuniva la libertà delle assemblee popolari, coll'autorità e saviezza d'un Senato, e coll'esecutiva potenza d'un Magistrato Reale. Quando il Console spiegava la bandiera della Repubblica, ogni Cittadino si legava, mediante l'obbligazione d'un giuramento, ad impiegar la sua spada nella causa della Patria, finattantochè non avesse soddisfatto a questo sacro dovere con un servizio militare di dieci anni. Questo savio istituto continuamente versava nel campo nuove generazioni di uomini liberi e di soldati: e se ne rinforzava il numero da' guerrieri e popolati Stati d'Italia, che dopo una forte resistenza, avevan ceduto al valore, ed abbracciato l'alleanza de' Romani. Il savio


<p>297</p>

Il giro di Pennant in Galles (p. 426, 449) mi ha somministrato un curioso ed interessante ragguaglio de' Bardi di Galles. Nell'anno 1568 fu tenuta una sessione a Caerwys per ispecial comando della Regina Elisabetta, e furono conferiti regolarmente i gradi nella musica vocale ed istrumentale a cinquantacinque suonatori. Il premio (ch'era un'arpa d'argento) fu aggiudicato dalla famiglia Mostyn.

<p>298</p>

Regio longe lateque diffusa, milite, magis quam credibile sit, referta. Partibus equidem in illis miles unus quinquaginta generat, sortitus more barbaro denas, aut amplius uxores. Questo rimprovero di Guglielmo di Poitiers (negli Storici di Francia Tom. XI. p. 88) vien contraddetto dagli Editori Benedettini.

<p>299</p>

Giraldo Cambrense ristringe questo dono d'ardita e facile eloquenza a' Romani, a' Francesi, ed a' Britanni. Il malizioso Gallese vuol far credere, che la taciturnità Inglese potrebb'esser forse l'effetto della lor servitù sotto i Normanni.

<p>300</p>

La pittura de' costumi di Galles e dell'Armorica è tratta da Giraldo (Descript. Cambriae c. 6, 15 inter Scriptor. Cambden p. 886, 891), e dagli autori, che cita l'Abbate di Vertot (Hist. crit. Tom. II. p. 259, 266).

<p>301</p>

Vedi Procopio De bell. Gothic. L. IV. c. 20, p. 620, 625. L'Istorico Greco stesso è così confuso dalle maraviglie ch'ei riferisce, che appena tenta di distinguer le isole di Brittia, e di Brettagna, ch'egli ha identificato per mezzo di tante inseparabili circostanze.

<p>302</p>

Teodeberto, nipote di Clodoveo, e Re d'Austrasia, era il più potente e guerriero Principe del suo tempo; e questa notabile avventura si può collocare fra gli anni 534 e 547 che furono gli estremi termini del suo regno. Teudechilde, sua sorella si ritirò a Sens, dove fondò Monasteri, e distribuì elemosine (Vedi le note degli Editori Benedettini in Tom. II. p. 216). Se prestiamo fede alle lodi di Fortunato (L. VI. Carm. 5. in Tom. II. p. 507) Radigero restò privo di una moglie molto stimabile.

<p>303</p>

Era forse sorella d'uno de' Principi, o Capi degli Angli, che nel 527 e ne' seguenti anni sbarcarono fra l'Umber ed il Tamigi, ed appoco appoco fondarono i regni dell'Inghilterra Orientale e della Mercia. Agli scrittori Inglesi è ignoto il nome e l'esistenza di essa: ma Procopio può avere somministrato a Rowe il carattere e la situazione di Rodoguna nella tragedia del Convertito reale.

<p>304</p>

Nella copiosa storia di Gregorio di Tours non possiamo trovare alcuna traccia d'ostile o amichevol commercio fra la Francia e l'Inghilterra, eccettuato il matrimonio della figlia di Cariberto Re di Parigi, quam Regis cujusdam in Cantia filius matrimonio copulavit (l. IX. c. 26 in Tom. II. p. 348). Il Vescovo di Tours finì la sua storia, e la vita quasi immediatamente prima della conversione di Kent.

<p>305</p>

Tali sono le figurate espressioni di Plutarco (Oper. Tom. II. p. 318 edit. Wechel) a cui, sull'autorità di Lampria suo figlio (Fabric., Biblioth Graec. Tom. III p. 341), attribuirò francamente la maliziosa declamazione περι τμς Ρωμαηον τυχης sopra la fortuna de' Romani. Era prevalsa la medesima opinione fra' Greci dugento cinquant'anni prima di Plutarco; e Polibio espressamente si propone di confutarla (Hist. L. I p. 90 Edit. Gronov. Amstel. 1670).

<p>306</p>

Vedansi i preziosi residui del santo libro di Polibio, e molte altre parti della sua storia generale, specialmente una digressione nel libro 170, in cui paragona la falange, e la legione.

<p>307</p>

Sallust., De Bell. Jugurtin. cap. 4. Tali erano le generose proteste di P. Scipione e di Q. Massimo. L'Istorico latino avea letto, e probabilissimamente trascrisse Polibio, loro contemporaneo ed amico.