Aaron gemette e prese fiato. “Fammi un favore,” sbottò. “Evita di raccontare tutto per filo e per segno.”
“D'accordo,” gli assicurò Silas. Dopodiché tenne la bocca chiusa. Le sue dita erano scivolose, ma non appiccicose come quelle di Ralph. Le sue mani erano calde e decise, ma ancora gentili. Non era invasivo né brusco. Se Aaron sussultava, si fermava per un paio di secondi prima di continuare. L'intero esame durò più o meno cinque minuti.
“L'apertura è un po' lacerata,” disse Silas. “Guarirà da sola, ma vorrei applicare una pomata per alleviare il dolore e prevenire un'infezione.”
“Va bene,” rispose Aaron. Aveva il viso girato nell'altra direzione e guardava i cuscini azzurri del divano. Se ne tirò uno vicino al petto, come per proteggersi.
“Vorrei anche applicare una crema sulle natiche dove Ralph ti ha colpito. La pelle non è ferita ma molto arrossata. La crema ti aiuterà col dolore.”
“Va bene,” ripeté Aaron.
Sentì Silas toccargli il culo, poi allargargli di nuovo le natiche e sfregargli qualcosa di fresco contro l'apertura. Impiegò meno di trenta secondi per fare tutto.
Silas si tolse i guanti. “Puoi voltarti lentamente, adesso.”
Aaron si girò e trovò Silas pronto a coprirlo con un asciugamano tiepido.
“Devo controllare anche la presenza di lividi e segni di traumi sul pene e sui testicoli,” gli disse l'uomo.
Aaron fissò il cuscino.
“Te lo ripeto, la comunicazione è fondamentale.”
“Va bene,” bofonchiò allora Aaron.
Silas si infilò un altro paio di guanti e sollevò l'asciugamano dal suo inguine. Aprì delicatamente le ginocchia di Aaron, in modo molto simile a come aveva fatto quando si erano incontrati per la prima volta quel pomeriggio, quando era stato “Padrone” e non “Silas”.
Aaron era vagamente consapevole che le sue ginocchia stavano tremando.
“Quanti anni hai?” domandò Silas.
“Ventuno.”
“Da quanto tempo possiedi quell'auto?” chiese, mentre sollevava il pene di Aaron.
Aaron cercò di non sussultare. “Papà me l'ha regalata lo scorso anno.”
“Da quanto tempo vivi in città?” Premette delicatamente i polpastrelli sulla base.
“Abbiamo vissuto qui di tanto in tanto. Dopo un paio d'anni ce ne andiamo e dopo un altro paio ritorniamo.”
“Hai altri familiari nelle vicinanze?”
“Mio fratello minore,” rispose Aaron.
Silas gli alzò le ginocchia, facendogli cenno di rilassare di nuovo le gambe. “Quanti anni ha?”
“Diciassette,” rispose Aaron. “Andrà al college il prossimo autunno.”
Annuendo, Silas gli coprì di nuovo l'inguine con l'asciugamano e si tolse i guanti. “Ha già deciso che cosa studierà?”
“Legge,” rispose. Abbassò lo sguardo su Silas, che si era seduto sul bordo del divano.
“Deve essere bello avere un futuro avvocato in famiglia,” commentò.
“Sì. È anche molto intelligente. Non ho proprio idea da chi abbia preso quel cervello. Deve essere una eredità della famiglia di mamma.” Prese aria bruscamente appena la parola mamma ebbe lasciato le sue labbra.
Per fortuna Silas non insistette oltre. “Devi essere molto orgoglioso di lui.”
“Lo sono.”
“Vado a prenderti dei vestiti. Credi di poter mangiare qualcosa, adesso?”
Lo stomaco di Aaron rispose al posto suo, quasi ruggendo.
Silas sorrise e si alzò. Tornò pochi secondi dopo con i vestiti che avevano lasciato in bagno. “Vado a scaldare un po' di minestra. Hai qualche allergia?”
“No,” rispose Aaron.
“Sei vegano o vegetariano?”
Aaron rise. “No.”
“Bene. Vestiti mentre vado a prendere due piatti.”
Aaron non era sicuro del perché Silas fosse rimasto nella modalità medico sicuro di sé invece di tornare a quella di chioccia iperprotettiva, ma accolse con favore quel comportamento. Forse aveva qualcosa a che vedere col modo in cui aveva lanciato oggetti contro il muro poco prima.
Si alzò dal divano e si infilò un paio di boxer di Silas. Udì un suono raschiante nel corridoio e si sentì un po' in colpa. Probabilmente stava pulendo il casino che aveva combinato.
I pantaloni della tuta erano morbidi e consunti. Si adattarono perfettamente ai fianchi di Aaron, che poté solo immaginare come pendessero da quelli più magri di Silas. Era snello e di poco più basso di Aaron. La maglietta era un po' aderente, ma anche morbida. Aaron osservò il cappotto appeso all'attaccapanni nell'ingresso. Sentì uno strano bisogno di avvolgerselo intorno al corpo.
Fallo e basta. Ti ha messo della crema sul culo come se fossi un bambino. Se questo non ha attraversato la linea del 'e che cazzo', dubito che lo farà indossare il suo cappotto.
Aaron si sentiva un po' intontito mentre si avvicinava all'appendiabiti, ma non ci fece caso.
Forse era lo Xanax a parlare. Qualunque cosa fosse, gli piaceva. Si infilò il cappotto e se lo avvolse stretto intorno al petto, stringendolo così tanto da rischiare di non respirare. Come i pantaloni, anche il cappotto si adattava meglio alla figura di Aaron che a quella di Silas. Dovevano piacergli gli abiti comodi.
Ovviamente Silas scelse proprio quel momento per tornare.
“Ho del manzo con le verdure oppure dei noodle di… oh,” disse Silas, inclinando la testa di lato.
Aaron stava per spiegargli la situazione, ma Silas lo anticipò.
“O dei noodle di pollo,” concluse. “Lo ammetto, non ho mai imparato a fare molto altro oltre a uova e toast, e il più delle volte bruciacchio anche quelli. Spero che la zuppa in scatola vada bene.”
“Non sono schizzinoso,” rispose Aaron, ancora avvolto completamente dal cappotto.
“Vuoi mangiare sul divano oppure in cucina?” chiese Silas. “Se posso darti un consiglio, ti suggerisco il divano, è più morbido.”
“Uh, sì… va bene il divano,” disse Aaron. “Ecco… avrei dovuto chiederti il permesso.” Fece un mezzo gesto verso il cappotto. “Io… non ho… non so perché l'ho fatto.”
“Non hai bisogno di dire niente. Per quanto mi riguarda, questo è il tuo spazio sicuro e puoi fare quello che vuoi. Ciò che è mio è anche tuo.” Le sue guance si colorarono all'improvviso di un rosa acceso. “Sono felice di possedere qualcosa che ti dia un po' di conforto.”
Aaron sentì l'impulso irrefrenabile di correre verso di lui e seppellire il viso nel suo collo, di abbracciarlo e farsi abbracciare. Invece, strinse più forte il cappotto. “Oggi mi hai salvato,” disse con calma. “Spero tu te ne renda conto.”
Le sopracciglia di Silas si aggrottarono e le sue mani iniziarono a tremare. “Vorrei tanto abbracciarti, adesso, ma non voglio metterti a disagio o spaventarti in qualche modo.”
“Oh,” esclamò Aaron. “Puoi… sì, dovresti farlo. La cosa dell'abbraccio, intendo.”
Silas ridusse la distanza tra loro in due rapidi passi e lo prese tra le braccia. Aaron gli nascose il viso nell'incavo del collo. Silas gli appoggiò il palmo aperto sulla schiena, facendo scorrere la mano in un rilassante movimento circolare.
E,