Devo mantenere la calma, ripeteva fra sé, Sono ancora in pubblico. Non posso crollare.
Riuscì a nascondere il tremore delle mani e il sudore freddo. Sorrise, parlò ancora un po’ e, pochi minuti dopo, Sandro la chiamò per andare via.
Salita in macchina, prese di nuovo il suo cellulare e digitò ancora una volta l’indirizzo del portale. Quando la pagina si caricò, rimase sorpresa dalle notizie che non erano state ancora pubblicate quando aveva eseguito l’accesso l’ultima volta.
Al momento in Brasile i casi confermati di coronavirus sono 77
Rio conferma la prima trasmissione
Il governo crea un ufficio anti—crisi per contrastare il virus
Il governatore sospende gli eventi pubblici in città
Mentre la macchina accelerava, dirigendosi verso il suo appartamento, Babi accedeva a tutti i link sull’argomento e leggeva gli articoli, avvertendo che la paura stava prendendo il sopravvento. Smise di leggere, respirò profondamente e chiuse gli occhi.
— Siamo arrivati — sussurrò Sandro, risvegliandola dai suoi pensieri. Lei lo guardò, annuì e, mentre stava per scendere dall’auto, vide Renata e Sandro muoversi per seguirla e quindi li fermò.
— No. Voglio stare da sola. — Vide Renata aprire la bocca per parlare, ma Babi scosse la testa. – Ti prego, vai a casa. È tardi. Parleremo domani…
Si voltò ed entrò nell’edificio, salutò il portiere che si stava pulendo le mani con il gel disinfettante. Aggrottò la fronte. I dipendenti del palazzo non erano mai stati così attenti. Entrò nell’ascensore e premette il pulsante dell’undicesimo piano, pensando a quanto fosse strano tutto ciò. Non riusciva a capire bene cosa stesse succedendo… come potesse accadere. Tutto sembrava così surreale.
Entrò nel suo appartamento e la prima cosa che fece fu togliersi i vestiti e le scarpe che indossava. Ancora in mutande, accese la TV sul canale del notiziario e si diresse verso la doccia. Sapeva cosa doveva fare. Aveva guardato più serie e documentari sui medici e sulle malattie di quanto dovrebbe chiunque, ma non era riuscita a fermarsi. Fin da piccola, quando aveva sentito sua madre dire a un vicino che suo padre era morto dopo aver contratto un terribile batterio, aveva sviluppato una paura incontrollabile delle malattie. Questo l’aveva portata a fare cose che una persona normale solitamente non fa, come lavarsi le mani innumerevoli volte durante il giorno.
Quando sua madre si rese conto che Babi si allarmava facilmente quando avvertiva qualcosa di strano nel suo corpo, la portò dal medico che le diagnosticò un disturbo d’ansia, noto anche come ipocondria. La terapia e i farmaci l’avevano aiutata a stare meglio, ma ogni tanto quell’ansia causata dalla paura di ammalarsi la attanagliava come una morsa. Allungava i suoi artigli.
Dopo la doccia, si sedette sul letto davanti alla televisione, indossando l’accappatoio e un asciugamano avvolto intorno ai capelli e iniziò a fare zapping tra i canali che ripetevano incessantemente le stesse informazioni sul virus che stava prendendo il sopravvento in tutto il mondo. E se lo contraessi? E se fossi già malata?
— Mio Dio, stasera in quell’arena c’erano migliaia di persone, — mormorò, angosciata.
In TV un medico stava rilasciando un’intervista.
— I pazienti infetti possono manifestare fiato corto, tosse, febbre… — Babi si passò una mano sulla fronte. Non sembrava calda. Non aveva la tosse ma…, sicuramente, aveva il fiato corto. Vedeva il suo petto sollevarsi e abbassarsi con difficoltà e si agitò di più. Le sudavano le mani e iniziò a tremare. Fino a quando, in un lampo di lucidità, sentì risuonare nella sua testa: calmati, è solo l’ansia che cerca di controllarti. Non sei malata. Non morirai. Calmati.
Spense la TV. Sentire tutti quegli esperti e i giornalisti, non le sarebbe servito a nulla. In altre circostanze, avrebbe aperto i suoi social, avrebbe fatto un video, parlato del concerto e delle persone che aveva incontrato, pubblicato foto e guardato le reazioni. Ma in quel momento, tutto quello che voleva fare, era raggomitolarsi e andare a dormire.
***
I giorni seguenti, tutti i discorsi nel paese vertevano sulla terribile pandemia. Il numero dei contagi era aumentato, così come i decessi. Babi era rimasta isolata, al chiuso, come raccomandato dalle autorità sanitarie, ma si sentiva sempre più sola. Contrariamente a quanto immaginasse, aveva firmato più contratti pubblicitari. Aveva deciso di licenziare Renata per quello che aveva fatto, ma Sandro l’aveva convinta a ripensarci. Era una persona di fiducia e in quel momento aveva cercato di proteggerla. Anche se con i mezzi sbagliati.
E quella paura che lei provava, e che la gente diceva fosse infondata, sembrava essersi impadronita di tutti a giudicare da quello che vedeva in TV e che leggeva su internet. Sui social media, l’hashtag #stayhome era diventato virale. Si chiedeva a tutti coloro che non avevano bisogno di non uscire da casa per evitare affollamenti.
Ovviamente, Babi non sarebbe uscita per nessun motivo. Il frigorifero era pieno e, per il momento, non aveva bisogno di nulla. Da sola nell’appartamento, trascorreva le sue giornate a guardare programmi televisivi sul coronavirus. Non riusciva a smettere di guardare tutto quello che veniva detto a riguardo. Gli unici post che scriveva sui suoi social erano quelli relativi al lavoro. Renata le aveva fatto un programma di video da registrare e per farlo le aveva organizzato un pomeriggio intero. Aveva lasciato tutto pronto e i post programmati in modo da non doverli fare tutti i giorni.
Fino al momento in cui Babi iniziò ad avvertire dolori alla schiena e un forte mal di testa. Poi comparve la mancanza di respiro. La difficoltà a respirare divenne tale che dovette chiamare il dottor Luiz e chiedergli aiuto.
Tennero una visita in videoconferenza e lui le consigliò di sottoporsi al tampone per sapere se fosse stata contagiata. Non lo disse a nessuno. Sapeva che se ne avesse parlato con qualcuno del suo team, l’informazione sarebbe trapelata alla stampa e non era pronta a vedere sui giornali la notizia che era malata. Fissò un appuntamento a domicilio con il laboratorio consigliato dal suo medico e fece il tampone.
Quelli furono i due giorni peggiori della sua vita. Quando ricevette il risultato e vide che era negativo, che non era malata, fu come se qualcuno le avesse rimosso un peso enorme dalla schiena. Ma i sintomi erano ancora presenti. Sempre più intensi.
Attacchi di ansia, le diagnosticò il medico. Di nuovo.
Non riusciva a gestire tutto. La malattia. Le persone che soffrivano. I morti. La perdita della libertà. La solitudine. Sapeva quanto fosse privilegiata sotto molti aspetti, ma quel dolore che provava nell’anima era troppo da sopportare.
Quella sera, prima di andare a letto, parlò con sua madre e con suo fratello. Stavano bene e in salute. La madre viveva temporaneamente con il figlio maggiore a Belo Horizonte per non restare da sola. Dopo aver riattaccato, Babi pianse tutte le lacrime che aveva trattenuto fino a quel momento. Cercava di essere forte, di rispettare un programma e di affrontare l’isolamento, ma tutto a spese del suo cuore spezzato. Non riusciva a capire come potesse accadere tutto ciò. Era il 2020, dopotutto. Era inimmaginabile una cosa del genere.
Seduta in salotto, si guardò intorno nella stanza ammobiliata con gusto. Era come se tutto fosse immutato. Come se il suo mondo – e probabilmente quello di milioni di persone – non fosse cambiato. Come se continuasse come sempre.
Ma tutto era cambiato.
Guardandosi di nuovo intorno, sentì come se le pareti si stessero richiudendo lentamente su di lei. Fu in quel momento che le venne in mente uno dei sogni ricorrenti delle sue notti trascorse quasi insonne. Chiudendo gli occhi, ricordò chiaramente la casetta alla periferia della città in cui era nata, nelle campagne del Minas Gerais, dove lei, sua madre e suo fratello maggiore erano soliti trascorrere le serate di Capodanno.
Nella sua mente iniziò a prendere forma un’idea. Dovrei…?
Con gli occhi chiusi, poteva quasi sentire il profumo dei fiori del giardino di casa, che veniva curato dal signor Antonio, il custode