Checchè si pensi teoricamente di codesta controversia, è certo che corre l'obbligo di dichiarare in confessione, se l'incesto avvenne fra affini o consanguinei, in linea retta o collaterale, ed in quale grado; senza di che la peccaminosità di questo atto non sarebbe sufficientemente chiarita. Infatti, chi può credere che il commercio venereo colla madre, colla sorella, ecc., sia abbastanza qualificato colla generale denominazione di incesto? Devono essere ben determinati i gradi di parentela, nei quali non è permesso il matrimonio.
Nonpertanto, parecchi teologi pensano con ragione, non doversi sollecitare il penitente a svelare i gradi più remoti delle linee collaterali, come per esempio, il terzo e quarto grado di consanguineità o affinità, imperocchè questa circostanza non si ritiene mortalmente aggravata.
Vi sono poi gli incesti fra gradi proibiti di parentela spirituale o legale; e non solo differiscono specialmente fra loro, ma diversificano eziandio dall'incesto fra consanguinei e affini; la loro difformità e evidente. L'incesto nella cognizione spirituale è un oltraggio al sacramento del battesimo o a quello della cresima, mentre l'incesto nella parentela legale non ha che una mera somiglianza con quell'oltraggio ai genitori che si rinviene nell'incesto fra gradi proibiti di consanguineità o affinità. Si equipara all'incesto l'accoppiamento carnale fra persone che per impedimento di onestà pubblica non possono congiungersi in matrimonio.
Alcuni vogliono che il peccato carnale d'un confessore colla sua penitente si identifichi all'incesto, altri ciò negano. Ma qualunque sia in proposito il giudizio, è certo che questa circostanza è molto aggravante e che è necessario perciò dichiararla in confessione, sopratutto se il confessore abbia sedotto una giovane (od anche un giovane) amministrando il Sacramento: è questo un orrendo delitto contro il proprio sacro ufficio. Ma un peccato ancor più grave e più oltraggioso alla giustizia egli commetterebbe, se traesse in peccato una sua parrocchiana, della quale gli fosse affidata la cura e la salute dell'anima. Una tale azione è così mostruosa nell'ordine morale delle cose, che, non solo è paragonabile al parricidio, ma lo supera.
Un tutore che corrompesse la sua pupilla, commetterebbe una specie d'incesto, e avrebbe l'obbligo di specificare il caso in confessione.
Finaimente partecipano all'incesto tutti gli atti venerei fra persone dello stesso sesso, collegate da consanguineità, affinità o in altro modo; e le circostanze d'un tale commercio carnale devono essere dichiarate.
Qui giova notare che l'incesto consumato, sia in primo, sia in secondo grado di consanguineità e affinità, è un caso, per la nostra diocesi, riservato, come consta dall'Enckirid p. 7. Di più egli produce affinità.
ARTICOLO VI.—Del sacrilegio.—Il sacrilegio, in quanto si riferisce a lussuria, è la violazione d'una cosa sacra con atto carnale. Non c'è dubbio: esso è una specie distinta di lussuria, perocchè oltre un peccato contro la castità, ne contiene evidentemente un altro contro il rispetto dovuto a Dio.
Per cosa sacra s'intende una persona a Dio consacrata, un luogo destinato al culto divino, ed altri oggetti specialmente santificati.
1. Una persona a Dio consacrata: si consacra una persona a Dio con un voto solenne emesso in una professione religiosa, col ricevimento dell'ordine sacro, o col semplice voto di castità. Quegli dunque che si è così consacrato a Dio, si fa reo di sacrilegio ogniqualvolta, esternamente o internamente, commette un peccato contro la castità: dicasi lo stesso di chi pecca con una persona sacra, ovvero desidera di possederla. Se poi entrambl sono persone sacre, il sacrilegio è doppio, perchè si viola doppiamente il dovece religioso.
I teologi non sono punto unanimi sulla questione, se ci sacerdote che ha fatto anche solenne professione religiosa, commetta doppio peccato di sacrilegio, delinquendo lontro la castità. Molti negano, e dicono che questo religioso viola bensì due voti, ma aventi ciascuno uno stesso scopo, e perciò egli non verrebbe a peccare che contro una sola virtù. Altri non pochi invece affermano che, a seconda appunto di quei voti, egli è obbligato a conservare la castità tanto pel voto solenne quanto per le prescrizioni della Chiesa: Per ciò, se lede con qualche peccato questa virtù, viola contemporaneamente la duplice sua obbigazione e per conseguenza commette doppio peccato. Ciascuna di queste opinioni è probabile: dunque si adotti in pratica quella che sembra meno incerta.
Quegli che ha riconfermato più volte il suo voto di castità, o che ha aggiunto un voto semplice a un voto solenne, non commette, violando, un peccato multiplo, imperocchè l'obbligazione è una sola. Nonpertanto, quegli che emise voto solenne, non si accusa sufficientemente, dicendo di aver fatto voto di castità; per la ragione che la circostanza della solennità del voto, se non muta specie al peccato, l'aggrava però notevolmente. Tale è l'opinione probabile di molti teologi.
Quegli che, direttamente o indirettamente, per esempio, col consiglio, colla persuasione, coi discorsi lascivi o coi perversi esempî induce una persona consacrata a Dio a peccare contro la castità, si fa reo di sacrilegio, benchè con questa persona egli non compia atto di libidine. La commessa violazione del voto viene imputata ad esso, che scandalosamente la provocò: così Dens, t. 4, p. 418.
Se poi una persona sacra fosse la causa per cui una persona libera si è macchiata con peccato di lussuria, essa sarebbe rea di scandalo, ma non di sacrilegio, imperocchè fece voto della propria e non dell'altrui castità. Così Billuart, Dens, ecc.
2. Luogo destinato al culto divino, che dicesi luogo sacro. Per luogo sacro s'intende quel luogo che per autorità pubblica è destinato ai divini uffici o alla sepoltura dei fedeli, come sono le chiese e i cimiteri benedetti.
In questa designazione si comprendono, tutto l'interno delle chiese, come cappelle, confessionali, tribune, ecc., ma non le parti esterne, come le mura, il tetto, le gradinate d'ingresso, i campanili se sono separati dalle chiese o dai cimiteri, e il coro dei frati se è pure separato dalla chiesa: ordinariamente si fa una eccezione per le sagrestie, benchè qualcuno sia di diversa opinione.
Disputano i teologi se gli oratorii debbansi o no annoverare fra i luoghi sacri. Se essi sono pubblicamente destinati alla celebrazione dei divini uffici, se i fedeli al suono delle campane o in altro modo chiamati vi convengono indistintamente, o se non appartengono a privati cittadini, il caso non sembra presentare difficoltà alcuna: devono essere reputati sacri. Così pensano generalmente gli Autori da noi consultati. Altri ancora professano che gli oratorii privati non devono essere annoverati fra i luoghi sacri, perchè:
1. Non sono compresi nella denominazione di chiese;
2. Non godono dei privilegi ecclesiastici;
3. La sola volontà dei loro proprietarî può convertirli ad usi profani.
Cionondimeno, non è facile certamente il concepire come un atto venereo compiuto in uno di questi luoghi non implichi una maliziosità speciale; e noi siamo del parere di Concina, l. 15, p. 287, che una tale circostanza debba essere confessata.
Non devono ritenersi luoghi sacri, relativamente al sacrilegio, di cui or parliamo, altri luoghi benedetti, ma non destinati alla celebrazione degli uffici o alla sepoltura dei fedeli, come abitazioni, monasteri, certi oratorii, ecc.
Ogni atto venereo compiuto volontariamente in luogo sacro, anche in modo occulto, implica la malizia del sacrilegio, perchè, giusta il comune parere degli uomini, è un atto irreverente verso il luogo e quindi verso Dio.
Sarebbe egualmente profanato il luogo da un atto di libidine noto al pubblico, e consumato emettendo l'umore seminale, ancorchè lo sperma non sia caduto sul pavimento del luogo sacro: Decret. tit. 68, c. 3, e della Consacr. tit. I, c. 20. Ciò che in questo caso dà luogo alla profanazione non è la pubblicità del sito, ma la notorietà che da essa pubblicità deriva e che obbliga a tenersi lontani da quel luogo fino a che non sia purificato. Billuart, t. 13, p. 404.
Molti dicono che gli sguardi, i baci, le parole oscene, i contatti impudichi in un luogo sacro, ancorchè non v'abbia pericolo di polluzione, implicano la malizia del sacrilegio[4], tanto