Cristoforo Colombo non si era apposto al vero, immaginando la sua famosa dichiarazione dello strano fenomeno. Ma lì per lì quella dichiarazione faceva buon giuoco; ed anche, nello stato delle cognizioni fisiche ed astronomiche del tempo suo, poteva passare per una divinazione. Oggi, con tante ipotesi sui poli magnetici, sul loro numero e sulla loro distribuzione, non ne sappiamo più di lui. Conosciamo le deviazioni dell'ago calamitato in tutte le regioni del globo, ne abbiamo anche delineate esattissime tavole; ma la causa del fenomeno costantemente ci sfugge. Per possedere il segreto di tutti i congegni che fanno muovere due sottili lancette sopra un quadrante di porcellana, un fanciullo non dubiterebbe di disfare l'orologio. Ma noi non siamo più fanciulli, pur troppo!
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Capitolo II
Getta l'àncora e spera in Dio.
La calma ritornava negli animi sbigottiti. Ma era la calma tenue del soldato, che tra una battaglia e l'altra gode il riposo dell'avamposto, mettendo a guadagno tutte le ore di quiete, pure avendo sempre nello spirito una vaga inquietudine, che gli leva la voglia di pensare alle cose lontane nello spazio o nel tempo. Certamente, regna la quiete intorno a lui, ma è quiete che precede la tempesta. Il sentiero è sgombro, davanti a lui, ma l'insidia è vicina; la morte può stare in agguato dietro quel canto di strada che verdeggia là in fondo. E verso quel fondo: si guarda mal volentieri, anche dai più coraggiosi. Chi è di servizio, ci pensi.
Anche laggiù, sull'Oceano, erano calme le vie. Il sole splendeva, senza arrostire i cervelli; l'aria era dolce, mitissima; un aprile di Andalusia, per usare una frase dell'Almirante, un aprile d'Andalusia, a cui non mancava che il canto del rosignuolo, per far l'illusione compiuta.
Cristoforo Colombo ebbe sempre una gran tenerezza per il canto del rosignuolo. Il ricordo del cantore dei boschi ritornava spesso nelle sue relazioni [pg!17] di viaggio e nel suo giornale di bordo. Ma se per allora mancava il rosignuolo, una rondinella di mare e una cingallegra erano venute a svolazzare intorno alle caravelle. Passi per la rondinella di mare; è suo uffizio di volare sulle acque. Ma la presenza di una cingallegra non s'intendeva egualmente laggiù, se non immaginando molto vicina la terra.
E terra vicina immaginavano i marinai, argomentando dalla presenza di quel grazioso uccello silvano in una così lontana latitudine marina. Ma non tutti la pensavano a quel modo; particolarmente i nostri due genovesi.
—Ahimè, povera parissòla,—diceva uno di essi al suo fedele compagno.—Bisognerebbe conoscere per quali traversie abbia dovuto sperdersi da queste parti, e che raffiche indiavolate l'abbiano gittata in alto mare. Da principio si sarà rifugiata sulla gabbia di qualche naviglio. Poi, seguitando questo vento di levante....
—Avrà perduta la tramontana;—interruppe l'altro, che era anche il più faceto dei due.—E un bel giorno, veduto questo gran verde, l'avrà scambiato per una prateria. Ci starà grassa, ci starà!
—Così noi, sperduti per il mondo!—mormorò l'altro, sospirando.
Ma al compagno non garbavano questi sospiri.
—Ohè, Cosma!—esclamò.—Vogliamo intenerirci un pochino? Bada che il tuo Damiano da quest'orecchio non ci sente, e come è vero Dio ti pianta sulla palmara.—
Voleva dire: ti pianta in asso. Palmara, dicono i genovesi quel cavo che lega i battelli alla spiaggia.
—E piantami!—rispose Cosma, sforzandosi di sorridere.—Tanto, so bene che andresti poco lontano.
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—Ah bravo!—replicò Damiano.—Ho piacere che tu te ne ricordi, che siamo tutt'e due nello stesso guscio di noce. Per la vita e per la morte non abbiamo giurato di stare insieme? Tu piangi, io rido; e tra buon vento e cattivo la barca va. Tu vorresti il mondo rifatto a modo tuo, caro amico; io lo accetto com'è; per intanto andiamo tutt'e due a cercarne un altro. Ci sarà? e se c'è, sarà migliore del vecchio?
—Mistero!
—Con che aria lo dici? A me non fa nè caldo nè freddo. Mi par di giuocarla a croce e grifo; quel che sarà sarà. E spero,—soggiunse Damiano,—che tu ammirerai la mia filosofia, molto adatta per un viaggio di scoperta come questo.
—Perchè?
—Perchè si piglia il nuovo mondo come viene.
—Matto!—esclamò Cosma.—E così, tu non hai neanche bisogno di fede, per conservare il tuo buon umore!
—Chi te lo dice? Ho la mia fede ancor io; incomincio ad averne molta nell'almirante. Ed è naturale. Io vado a mano a mano raccattando quella che pèrdono gli altri. Non ti nascondo che questo nostro concittadino mi piace. Ed è nato lanaiuolo! Dunque fuori di porta Soprana, nella strada che mette al ponticello di Rivo Torbido. I lanaiuoli abitano tutti da quelle parti. E lanaiuolo com'è di origine, e marinaio di professione, ci ha un'aria di gentiluomo che consola.
—Non dei nostri, per altro.
—Ah sì, di un'altra stirpe, davvero. Ma vedi.... Cosma? Io mi son fatto un giudizio tutto mio, in questa faccenda. L'uomo fa l'aspetto secondo le passioni che lo muovono. Metti per dieci, venti, cinquanta e cent'anni una famiglia contro l'altra, tutte [pg!19] disposte a mangiarsi il naso, e vedrai che facce ti vengon fuori. È certamente per questo che gli Adorni e i Fregosi, da un pezzo in qua, son tutte facce proibite. Anche i Fieschi, sai, anche i Fieschi;—soggiunse Damiano, ridendo.—E frattanto, che avviene? Che le facce serene e piacevoli, da veri gentiluomini, bisogna cercarsele altrove.
—Tra i lanaiuoli, allora?
—Sicuramente; e tra quelli, più facilmente che nelle altre professioni. Quelli, a buon conto, devono esser nati nel soffice.—
Il colloquio dei due marinai genovesi fu interrotto dal suono della campana, che dal castello di poppa chiamava l'equipaggio alla preghiera serale. Era quell'ora che il nostro maggior poeta ha cantata con versi tanto soavemente malinconici nelle celebri terzine del Purgatorio:
Era già l'ora che volge 'l desio
A' naviganti e 'ntenerisce il core
Lo dì ch'han detto ai dolci amici addio;
E che lo novo peregrin d'amore
Punge, se ode squilla di lontano
Che paia 'l giorno pianger che si more.
Tutti inginocchiati in coperta, e fattosi umilmente il segno della croce, i marinai della Santa Maria mormoravano con l'Almirante, che la proferiva ad alta voce, la preghiera dell'Angelus Domini, istituita nell'anno 1095 da papa Urbano II, al concilio di Clermont, pei crociati che andavano in Palestina, e rimessa in vigore un secolo dopo, da Gregorio IX, per tutto l'orbe cattolico. Mai, fino a quel giorno, squilla vespertina e preghiera di cristiani s'erano udite più lontano nell'aria. Le navi di Cristoforo Colombo erano allora a trecento leghe di là dai confini d'Europa.
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La preghiera dell'Angelus era finita da poco, e tutti i marinai che non erano di guardia alle vele, in vedetta sulla gabbia, o al timone, si disponevano a scendere nei ranci sotto coperta, quando una strana luce apparì davanti a loro, quattro o cinque leghe, lontana sul mare. Una striscia luminosa e rossastra si dipingeva nel cielo, solcandolo ad arco, e facendo sentire un alto fragore, come di artiglierie sparate in distanza. Pareva di vedere una palla di ferro rovente, o parecchie, vomitate