.... com'ella, spiccato un salto, si precipitasse nel fiume;.... Cap. VI, pag. 159.
Una voce lontana penetrò nel corpo di guardia, che chiamava:
«Lena! Annalena!»
«Silenzio!»
«Lena!»
«Ah! padre, padre, padre!...»
E tutti uscirono dalla porta a gola spiegata gridando:
«Qua. — Da questa parte. — Venite oltre. — Qui è vostra figlia.» Cessa la voce, — s'intendono passi precipitati; arriva un vecchio ansante, si slancia con giovanile leggierezza fra le braccia della vergine, — ella di lui; e piangendo, mormorando parole slegate, alternando baci e carezze, godono piena la gioia umana, — la cessazione del dolore!
Alcuno dei circostanti piegava altrove il volto, vergognando mostrarlo lacrimoso; Lupo rideva, non capiva in sè dalla contentezza.
Poichè si furono alquanto rimesse quelle calde dimostranze di affetto, il vecchio con labbra ridenti e cuore devoto rendeva mercede agli ospiti della figlia.
«Oh!» rispondeva Lupo, «qui non ci capiscono grazie; noi non abbiamo fatto altro che dirle buone parole... e queste costano tanto poco, e tante ne sprechiamo invano e per male che davvero non meritano pregio le pochissime proferite per bene. Io ve l'ho conservata, come padre; e sebbene la presenza vostra mi tolga la dolcezza di questo nome, siate ben venuto, buon uomo. Se però non vi offendesse la proposta, e voi voleste accoglierla con quell'animo col quale ve la offeriamo noi, starebbe a voi renderci gli uomini più lieti di questa terra (perdonate il rozzo dire alla sincerità delle intenzioni)... accettando parte delli nostri danari...»
«Lupo ci vince in valore, in magnanimità, in anni, in tutto», esclamarono i giovani.
«Per gli anni, sta pur troppo e, mio malgrado, bene; pel rimanente, e nasca quello che sa nascerne, voi mentite per la gola.»
«Gente dabbene, la vostra cortesia supera la parola: io ve ne rendo con l'animo quelle grazie che so e posso maggiori. Dal naufragio della fortuna tanto ancora mi avanza da sostentare me e la mia figliuola finchè il nemico duri nelle nostre contrade. Allora spero che Dio vorrà concedermi tanto di vita da restituire in lieto stato le mie terre, rialzare la casa...»
«Amen!» risposero i circostanti.
«Però», disse Lupo, «vecchio come siete, era meglio che riparaste a Lucca o a Siena e vi toglieste ai disagi dell'assedio, come hanno fatto i nostri più doviziosi mercatanti.»
«Il mercante non conosce patria; — i suoi affetti e le sue memorie stanno nel forziere. — Agevole cosa è pertanto trasportare un forziere. L'agricoltore pone nei campi l'amore, le fatiche, le ricordanze o liete o triste della vita; nè i campi possono da un luogo all'altro trasferirsi. A me bisogna rimanere in patria o morto o vivo.
«Già non intendeva io consigliarvi ad abbandonarla, sibbene rimanervi lontano finchè durano i pericoli della guerra.»
«Lontano o vicino, i pericoli della patria mi riuscirebbero del pari dolorosi e forse più gravi stando lontano, perchè accresciuti dall'ansia, dall'incertezza e dal timore. E che? Manca forse vigore a queste braccia per adoperarle in difesa del mio paese? Quella guerra è invincibile dove combattono per soldati il vecchio di sessant'anni e il giovanetto di quindici. Me avventuroso se potrò dare al dolce loco natio gli estremi giorni di questa mia vita angustiata per mille dolori! Scaverò ai fossi, porterò terra ai bastioni, porgerò le armi ai combattenti; — e, ogni via di salute disperata, precipitando dall'alto apporterò con la mia la morte di qualche nemico. Se, come spero, le ragioni della patria prevarranno, mi sarà di conforto nel morire il pensiero che la mia diletta figliuola sia commessa alla fede di madre amantissima, — voglio dire Fiorenza. — Se invece, (disperda Cristo l'augurio); rimane spenta la libertà, il vivere che monta? Tra morire e vivere da schiavo la differenza è questa: i morti non sentono nulla, i vivi si consumano sotto il peso delle catene. Lena mia, ti faccio manifesto il mio testamento alla presenza di questi valenti uomini; dove il lione coronato rimanga insegna della Repubblica, tu vivi, serbati agli affetti di sposa, — alle santissime cure di madre; se le palle trionfano... eccoti... prendi questo coltello... comunque corto egli sia, può sciogliere un'anima dai legami del corpo.
Ludovico si muove all'improvviso e ponendosi di faccia al vecchio lo interroga:
«Messere Lucantonio, mi ravvisate voi?
«Oh! se vi ravviso», rispose tosto il vecchio andandogli incontro e abbracciandolo, «messere Ludovico, vi siete fatto fiero e gagliardo, la Dio mercede. Vedete un po' come siete cresciuto, si può dire, a giorni. Il vostro signor padre (scusate se vi rinnovo il dolore) ci ha lasciato; — povero uomo! meritava vivere più lunga vita; ma Dio sa quello che fa: — io però non me nè darò mai pace; non isperavo nè desideravo sopravvivergli. Duri tempi, figliuolo mio, ma non affatto sfortunati a chi, come voi, eredò tanta copia di domestiche virtù.»
«Messer Lucantonio, profferendovi grazie delle cortesi vostre parole per ora, favelleremo a bell'agio intorno a siffatto argomento. — Volevo dirvi un'altra cosa: — l'incomodo della via, i travagli sofferti devono rendere al vostro corpo necessario il riposo. Qui presso nel popolo di Santa Felicita è la casa del vostro amico defunto; — mia madre e i miei fratelli abitano Pisa da molto tempo, e il modo del ritorno è loro tolto. — Venite ed accettate ospitalità...»
«Io non consentirò...»
«Pensate che il figliuolo del vostro amico non merita rifiuto e che l'alterezza, quando è troppa, diventa superba.»
«Sicuro, eh! il soverchio rompe il coperchio», veniva approvando Lupo.
«Sia come volete. Messeri, amici da un istante, noi lo saremo per la vita: — porgetemi la mano; così come le mani, si uniscano le anime nostre. Lupo, io per me nulla sono... ma se voleste essere pagato col mio cuore, io ve lo manderei