Il viso di Bianca era sereno e rilassato e non aveva tic, mentre si concentrava sul cavallo, comunicando con lei in quel suo modo silenzioso e che rafforzava ogni giorno di più il loro legame. Clay continuò a guardarla, apprezzando il modo aggraziato con cui si muoveva, la sicurezza nel trattare con la puledra. Era così carina quando il suo viso non si contraeva in quelle orribili smorfie! Era un vero peccato che avesse quella malattia, altrimenti sarebbe stata una donna meravigliosa.
Bianca alzò lo sguardo e si accorse che lui la stava guardando; lui le sorrise, ma lei non rispose. Si limitò a girare di scatto la faccia, per poi voltarsi a guardarlo di nuovo dopo qualche secondo, con un’espressione accigliata sul viso.
"Non guardarmi.” Lo pregò in un sussurro, ma lui riuscì a sentirla lo stesso.
"Perché no? Dovresti essere abituata agli sguardi dei maschi!” rispose lui.
“Oh, certo! Mi guardano, eccome! Anche le ragazze. A tutti piace guardarmi per prendermi in giro!” La sua voce era amara, triste e malinconica, e lui si rese immediatamente conto di avere fatto una gaffe.
“Aspetta, non intendevo questo!” protestò, ma ormai era tardi. Capì che, per la frustrazione, Bianca stava lottando contro un altro tic. Evidentemente le sue parole l’avevano sconvolta. Idiota! Si disse.
"Quello che volevo dire è che sei bellissima! Dovrebbero dirtelo più spesso!”
Lei sbuffò e scosse la testa, ma Clay notò il mezzo sorriso che stava cercando di nascondere. "Nessuno me lo dice mai."
"Non ci credo.”
"Non lo fanno, credimi." Rivolse la sua attenzione al cavallo.
"Io invece voglio dirtelo."
Bianca si voltò e lo guardò con aria sorpresa. "E perché?"
"Te l’ho detto: sei bellissima." La sua voce era dolce mentre glielo diceva, e non mentiva: la trovava davvero bellissima. I suoi occhi erano sempre così tristi, sembrava così fragile... forse erano proprio queste le cose che lo attiravano di più in lei, e che scatenavano la sua voglia di proteggerla.
"Sono un mostro." Bianca pronunciò queste parole con voce ferma, come se ne fosse fermamente convinta.
Il cuore di Clay si spezzò. "Non sei affatto un mostro."
"Sì, lo sono." Poi si voltò di nuovo verso Rose, ordinando silenziosamente al cavallo di abbassarsi sui quarti posteriori.
Clay continuò a fissarla intensamente, impressionato dalle tecniche naturali di equitazione che Bianca stava usando per costruire il legame con la cavalla e rendere il suo corpo forte ed elastico come una volta. Anche se la puledra non era ancora al massimo della forma fisica, ora che Bianca la cavalcava tutti i giorni ben presto sarebbe tornata perfetta.
Più rimaneva a guardarla, più si sentiva attratto da lei. Doveva essere rimasto affascinato per un bel po’, perché quando tornò in sé la vide accanto a lui che armeggiava con il chiavistello del cancello, tenendo in mano le redini di Rose. Cogliendo l’occasione al volo, lui allungò una mano e le toccò delicatamente la spalla, guardandola fisso negli occhi. All'inizio Bianca evitò di guardarlo, ma lui mantenne lo sguardo fisso, fino a che lei non alzò i bellissimi occhi. Lui le lanciò uno sguardo di sfida.
"Non sei un mostro.- le disse Clay dolcemente ma con fermezza - Se tu fossi mia, ti sculaccerei solo per averlo pensato.” le disse.
Lei sorrise appena. "Meno male che non sono tua, allora. Perché io invece non faccio che ripetermelo. Sono un mostro, è così.”
Le tenne una mano sulla spalla, tenendola ferma. "No." esclamò.
“Invece sì!” quasi gridò lei, scrollandosi la sua mano da dosso. “Posso andare adesso? Ho del lavoro da fare!”
Lui si scostò per lasciarla passare, ma fece in tempo a vederle sulla faccia un mezzo sorriso. Allora, gradiva le sue attenzioni? Bene, questo la rendeva ancora più attraente. Clay non aveva mai incontrato una donna più forte e coraggiosa di lei, indomita e decisa ma anche così fragile dentro. Il suo cuore si strinse al pensiero di quanto dolore dovesse sopportare. Sospirò frustrato, desiderava intensamente farla sua.
* * *
Ancora! – pensò Bianca, eccitata – Ha di nuovo tirato fuori la sculacciata! Tuttavia, oltre le chiacchiere, non si era spinto oltre. Se era così ansioso di sculacciarla, perché non lo faceva?
Ogni giorno, Annie le chiedeva se aveva fatto progressi con Rose. Poi cominciò a informarsi dei suoi progressi con Clay. Immancabilmente, la risposta era sempre la stessa: no. Clay la trattava gentilmente; tutti i fratelli erano cordiali con lei. Come la maggior parte delle persone alle scuderie. Ma a parte le chiacchiere banali tra colleghi, nessuno aveva mai mostrato desiderio di conoscerla e quindi, per quanto la riguardava, era come se non esistesse per loro.
Annie. Il suo cuore si strinse al pensiero di sua sorella. Anche non volendo, l'immagine della sua fragile sorella le balenò nella mente. Annie aveva combattuto coraggiosamente - stava ancora combattendo coraggiosamente - ma aveva perso la sua battaglia. Contro il cancro, non c'erano mai vincitori. O almeno, raramente. In pratica, c'erano solo vittime. Vittime dei danni della chemioterapia e delle radiazioni, vittime della orrenda malattia che le divorava da dentro. E poi c’erano le altre vittime, padri, madri, sorelle, che avrebbero pianto per la morte dei loro cari. Il tempo di Annie stava scadendo e, invece di starle accanto per godere di quegli ultimi giorni, Bianca aveva scelto di stare con un cavallo. Quando il pensiero la trafisse, si sentì riempire gli occhi di lacrime per un profondo senso di colpa. Doveva riordinare le sue priorità: trascorrere del tempo con sua sorella era troppo importante.
"Oh, Bianca! - gridò Clay, mentre lei guidava la puledra nella stalla e chiudeva la porta - I proprietari di Rose verranno domani per vederti correre: vogliono cronometrarti, vedere quanto è veloce la puledra. Se è sono soddisfatti lei rimane. Altrimenti ... "La voce di Clay si spense. Non aveva bisogno di finire la frase. Entrambi sapevano quale destino attendeva la puledra se non fosse stata abbastanza veloce. I proprietari avevano già investito così tanti soldi per salvare quel cavallo, evidentemente non erano disposti a continuare a pagare per lei senza un adeguato ritorno.
"Fidati, è veloce. - rispose Bianca – Ormai mi sono chiare le sue potenzialità. E’ una campionessa.”
Clay annuì semplicemente. "Vedremo."
* * *
"Sei in ritardo!" La voce accusatrice fu la prima cosa che Bianca sentì mentre apriva la porta d'ingresso. "Tuo padre è ancora al pub, ubriaco come al solito, e oggi non sei nemmeno tornata a casa per pranzo. Annie mi ha detto che negli ultimi tempi torni a casa solo la sera. Tua sorella non conta proprio niente, per te? "
Bianca si voltò di scatto, con la faccia in fiamme, per affrontare la donna che le aveva abbandonate per rifarsi una vita e che ora cercava prepotentemente di imporsi nella loro.
"Come?" gridò, non appena la sua faccia ebbe finito di contrarsi per un violento tic. "Sono stata io a prendermi cura di Annie per anni mentre tu te ne andavi in giro per il mondo dimenticandoti che avevi due figlie! Come osi tornare qui da padrona e accusarmi di non amare mia sorella? Annie è sempre stata la persona più importante della mia vita e lo sarà sempre! "
Le due donne rimasero nell'atrio a urlarsi addosso per diversi minuti, lanciandosi insulti di ogni tipo. Strillavano così forte da coprire il rumore dell’auto che si fermava nel vialetto, finché la porta d'ingresso non si aprì e il padre di Bianca rimase lì, a fissare in silenzio le due donne che urlavano. La madre di Bianca si girò a guardarlo, e Bianca ne approfittò per scappare, fuggendo lungo il corridoio verso la camera da letto di sua sorella.
Annie