“Sei nervoso solo perché sei stato tu ad accompagnare l’ambasciatore al confine,” intervenne Mautlice. Era figlio di un conte, ed era sempre positivo portarlo a caccia data la sua destrezza.
“Non gli permetterò di farvi qualcosa di male,” replicò Rodry. “Gli ho già detto che ho fatto tutto da solo.”
“Non ce n’era bisogno,” affermò Seris. Il suo corpo grassottello era ricoperto da strati di velluto e come sempre aveva la lingua lesta, ma la usava solo per dare man forte a Rodry.
“Lo apprezzo,” replicò Rodry. “Ho due fratelli che girano sempre intorno a ciò che vogliono dire. Io apprezzo chi dice quello che sente.”
“Sembrate piuttosto arrabbiato riguardo tutto questo,” disse Kay.
Non era una parola potente abbastanza da esprimere ciò che stava provando Rodry in quel momento. Si sentiva umiliato, forse. Era frustrato, senz’altro, perché non sembrava mai fare la cosa giusta. Lo era a causa di suo padre, che aveva già cacciato Nerra, che sembrava essere arrabbiato con lui, nonostante avesse fatto l’unica cosa rispettabile nei confronti dell’ambasciatore, e che appariva determinato ad assecondare Finnal e la sua famiglia, nonostante le voci che giravano sul suo conto.
C’erano giorni in cui Rodry era convinto che non avrebbe mai compreso la politica. Perché avrebbe mai dovuto farlo, però? Un uomo avrebbe dovuto fare la cosa giusta, quella onorevole, e sperare che coloro attorno a lui facessero lo stesso. Avrebbe dovuto essere forte abbastanza da proteggere i suoi amici e sconfiggere il male. Qualsiasi altra cosa era… erano solo giochetti.
Si diresse verso i suoi alloggi, attraversando il labirinto di corridoi che percorreva il castello, mentre gli altri seguivano la sua scia. Risalirono una galleria di finestre colorate, ciascuna distorceva la luce in modo diverso, poi superarono un’ampia stanza dei ricevimenti dotata di mobili in quercia massiccia. Rodry spinse un tavolo da parte e continuò a procedere.
Attorno a lui il castello era in fermento, ma il principe era abbastanza arrabbiato da ignorare tutto. Pensava che avesse semplicemente a che fare con le nozze. Da quando suo padre aveva anticipato la partenza per il raccolto nuziale, l’intero castello era stato in trepidazione per restare al passo.
Raggiunse i suoi alloggi. Erano decisamente più funzionali di quelli dei suoi fratelli, con bauli e casse lungo una parete. La sua armatura giaceva su un supporto, lustrata in modo impeccabile, tenuta con le massime cura e precisione che aveva appreso nel tempo trascorso fra i Cavalieri dello Sperone.
Il pensiero dell’ordine richiamò quello di Erin, dato che il Comandante Harr aveva recapitato il messaggio per rendere noto a corte dove si trovasse. Rodry avrebbe dovuto immaginarsi che la sua sorella minore avrebbe tentato di raggiungere lo Sperone prima o poi, ma non l’aveva fatto, semplicemente perché non era il genere di cose che facevano le ragazze.
Forse sarebbe dovuto andare a cercarla per riportarla indietro. In quanto Cavaliere dello Sperone, aveva tutto il diritto di accedere alla loro roccaforte. In quanto fratellastro di Erin, sarebbe forse riuscito a convincerla, o quantomeno a riportarla al castello con la forza. Allo stesso tempo però, Rodry era felice che almeno uno dei membri della sua famiglia potesse fare ciò che desiderava.
“Andremo alla Casa delle Armi,” disse agli altri. “Passeremo un po’ di tempo sui campi d’addestramento laggiù.”
“Di nuovo?” chiese Kay. “Preferirei andare a caccia.”
“Dite tutti che volete diventare dei cavalieri un giorno,” replicò Rodry. “Beh, perché questo si realizzi, dovete migliorare nel combattimento. Un altro paio di lezioni con il Maestro di Spada Wendros e magari riuscirete persino a battermi.”
Quello avrebbe richiesto molte lezioni, ma non c’era motivo di negare loro un po’ di speranze.
“Coraggio,” aggiunse. “Quella domestica di mia sorella per cui sembri avere un debole ne resterà impressionata.”
“Lo pensate davvero?” chiese Kay.
“Beh, gli serve qualcosa con cui impressionarla,” intervenne Seris, e gli altri risero.
Il gruppo pareva sul punto di cedere di nuovo a tutte le battute amichevoli e al cameratismo, non proprio come accadeva con i veri cavalieri con cui Rodry trascorreva il tempo, ma l’atmosfera era abbastanza simile per ora e comunque pressoché sufficiente a tenere sotto controllo la sua rabbia.
Poi un domestico entrò correndo.
“Vostra altezza,” disse l’uomo. “Sono stato mandato a cercarvi, si tratta della Principessa Lenore.”
D’improvviso, Rodry si girò verso l’uomo. “Cosa le è successo? Cosa c’è che non va?”
Il solo tono del domestico diceva che c’era qualcosa e, qualsiasi cosa fosse, era negativa.
“È stata aggredita,” disse il domestico. “La gente di Re Ravin… Vogliono portarla a sud attraverso uno dei ponti. Il re sta radunando tutti i cavalieri; ha recapitato il messaggio allo Sperone.”
“Radunare i cavalieri?” ribatté Rodry, precipitandosi al supporto dove giaceva la sua armatura. “E quanto tempo ci vorrà?”
Troppo; la risposta era ovvia. Suo padre era un re e dunque avrebbe proceduto lentamente, radunando gli assenti, raggruppando le truppe e preparandosi a oltranza, senza mai agire; come aveva fatto con l’ambasciatore.
“Mio padre ci metterà troppo tempo,” disse Rodry. “Permetterà loro di dileguarsi e, se raggiungeranno il sud, mia sorella sarà perduta.” Guardò il domestico. “Come hanno fatto ad attaccare Lenore? Dov’erano Vars e i suoi uomini?”
“Io… nessuno lo sa per certo, vostra altezza,” rispose il domestico.
Significava che Vars non era stato dove avrebbe dovuto essere. La rabbia attraversò il volto di Rodry a quella realizzazione, ma anche il senso di colpa. Avrebbe dovuto opporsi con maggiore tenacia quando suo padre aveva deciso di dare a Vars il compito di scortare Lenore, avrebbe dovuto insistere per essere lui stesso a proteggerla. Avrebbe dovuto essere lì con lei.
Beh, avrebbe rimediato subito. Rodry guardò i suoi amici. Non erano i Cavalieri dello Sperone, ma erano usciti spesso a caccia e si erano allenati tanto con le armi. Loro erano lì ed erano tutto quello che aveva.
“Seris, trova gli altri, quanti più possibile e nel minor tempo possibile. Spiega loro l’accaduto e dì loro che ho bisogno che mi seguano. Mautlice, prepara i cavalli. Corrompi gli stallieri se serve. Kay, raggruppa le armi.”
“Ci uniremo alle truppe di vostro padre?” chiese Kay.
Rodry non riuscì a contenere la sua rabbia a quel punto; colpì con il pugno la parete accanto a lui e gli altri scattarono indietro.
“Mio padre non sarà abbastanza veloce!” gridò. “Un piccolo gruppo può muoversi più in fretta; quindi no, lo farò da solo. Ho intenzione di andare a prendere mia sorella, di riportarla indietro e di metterla al sicuro. Kay, se quella ragazza che ti piace è una delle sue domestiche, sarà in pericolo anche lei. Non vuoi aiutarla?”
“Io…” Kay annuì.
“Tutti voi,” disse Rodry. “Dite di voler diventare cavalieri. Dite di voler dimostrare il vostro valore. Questa è l’occasione per farlo. Facciamo le cose che solo i cavalieri possono fare. Proteggiamo chi ha bisogno di essere protetto.” Li guardò, implorandoli. “Per favore. Ve lo sto chiedendo non come il vostro principe, ma come amico. Aiutatemi a salvare mia sorella.”
Non avevano motivo di farlo, certo. Loro dovevano unirsi alle forze di suo padre, dovevano aspettare e intervenire insieme agli altri. Tuttavia, Rodry si sentì sollevato quando, uno dopo l’altro, annuirono.
“Troverò altre persone,” promise Seris. “Credo di averne viste alcune più giù prima, nel corridoio lungo. Magari qualche guardia o qualche cavaliere…”
“Halfin