«Il “Demagogo”, colui che ammalia il suo popolo con semplici parole… Ha una dote, è certo… e io non saprei fare di meglio. Ma comprendi, fratello, che ibn al-Ḥawwās è capace di offrire solo parole? Solo monete di vetro colorato!»
«Pagherà il prezzo di Nadira quando potrà averla.»
«Io ti offro di più e senza neppure chiederti di averla. Sinceramente l’amor carnale mi appaga meno dell’oro e del piacere di spenderlo.»
Umar si trovò spiazzato; possibile che quello non intendesse ciò che pensava sin dall’inizio della seconda proposta?
«Spenderlo come, in questo caso?» chiese.
«Non penserai che creda che la bellezza di Nadira si fermi ai suoi occhi? E questo deve averlo capito anche il tuo Qā’id, altrimenti si sarebbe limitato a guardare. Ciò che tua sorella nasconde sotto il velo dev’essere per certo degno dei suoi occhi, ne sono sicuro. Ti chiedo solo che lei balli per me, stasera, in questa stanza.»
Umar sentì un fuoco salirgli nelle orecchie. Quello sfidava la sua gelosia come se il suo ruolo di protettore della ragazza valesse nulla.
«Jamal, fa’ dono del medaglione che porti al collo al mio amico!» comandò Salim ad uno dei suoi, credendo ancora di poter comprare Umar.
Quello si alzò e infilò al collo del padrone di casa il grosso medaglione.
Umar quindi lo avvicinò alla vista per analizzarlo: si trattava di un oggetto molto costoso, ben intagliato, ben inciso e molto pesante.
«Così ti noteranno tutti, fratello!» commentò Salim, sorridendo.
Tuttavia Umar si tolse il cimelio e lo lasciò cadere sul piatto del pane.
«In questa casa non si è mai suonato o ballato!» concluse perentorio.
«Jamal nel suo bagaglio ha un mizud38 e sa suonarlo bene.»
Nadira, al di là della porta, restava sbigottita da quelle richieste e immaginava già, così come immaginavano Jala e Ghadda, che presto Umar sarebbe andato in escandescenza.
«Jamal sarà allora felice di suonare alla presenza delle tue concubine.» rispose proprio quest’ultimo.
Salim adesso si fece serio e si mise in piedi.
«Ho viaggiato molto… ho conosciuto molta gente… e perfino i qā’id non mi hanno mai rifiutato nulla!»
Umar dunque imitò l’altro, sollevandosi.
«Tu credi di poter comprare tutto, ma l’onore non si può comprare né svendere! Io sono il garante di tutte le donne di questa casa e non permetto che nessuno soltanto pensi di poter trattare al pari di una prostituta mia sorella!»
E quell’altro, adesso sogghignando:
«Se il Qā’id non avesse udito di Nadira, prima o poi l’avresti svenduta al primo offerente… forse anche a chi l’avrebbe trattata come tale. Fidati della parola di uno che conosce il mondo.»
«E tu fidati di me che conosco me stesso. Hai profanato la mia ospitalità, per cui non posso tollerare ancora la tua presenza in questa casa.»
E guardando la solita serva che reggeva la brocca, continuò:
«Fa’ consegnare a questi uomini le loro cose e i loro cavalli.»
Umar li fissò per tutto il tempo in cui, umiliati oltre ogni dire, quelli raccolsero le proprie cose e lasciarono la casa. Tuttavia il sorriso di Salim non scomparve mai dal suo viso; nervosamente sembrava voler nascondere l’imbarazzo.
Poi, giunto sulla porta, questi disse:
«Ascolta il mio avvertimento, Umar: hai promesso Nadira al Qā’id, e proprio davanti al Qā’id e davanti ai suoi ospiti tra non molto ella danzerà senza alcuna vergogna!» e se ne andò, scomparendo nel buio della notte insieme agli altri due.
«Chi era l’uomo che ti sei inimicato?» chiese Jala quasi in preda all’ansia.
«Era colui che non voglio diventare!» tagliò corto Umar, ritirandosi in camera sua e invitando le altre a fare altrettanto.
Capitolo 7
Inverno 1060 (452 dall’egira), Rabaḍ di Qasr Yanna
Quando Idris finì di prostrasi per la ṣalāt del tramonto poté rendersi conto che Apollonia, contravvenendo al divieto, abbracciava suo fratello. Senza che la ragazza si avvedesse di nulla la tirò per il velo, scoprendole i capelli, e poi, appigliandosi proprio ai capelli sciolti, la trascinò all’indietro per terra, intanto che lei si dimenava con le gambe. Idris ne aveva abbastanza di quella presenza che rendeva fastidioso un compito già sgradevole di suo, e quindi, intenzionato a darle una lezione una volta per tutte risolutiva, decise che l’avrebbe ammansita usando la corda nel modo in cui il giorno prima aveva fatto con Corrado. La prese a colpire dove capitava, mirando soprattutto al volto. Apollonia intanto cercava di coprirsi con le braccia mentre urlava.
Più in là Corrado tremava, socchiudeva gli occhi e tornava a serrarli stretti in preda ai dolori febbrili. Vide ad un tratto l’immagine di un uomo… un uomo adulto, denudato da testa a piedi e legato al palo di un pennone. Quell’uomo tuttavia non gridava ai colpi inferti dal suo torturatore, ma fieramente sopportava stringendo i pugni.
«Roul, che fanno a quell’uomo?» domandò Corrado a nessuno.
La scena che si stava consumando davanti al suo sguardo aveva ridestato un trauma d’infanzia. Nondimeno, se Corrado fosse stato pienamente cosciente, avrebbe per certo tentato di sradicare il palo a cui era legato nel tentativo di farla pagare a colui che in quel momento si accaniva su sua sorella.
Casualmente ci pensò Umar a farlo smettere, proprio nel momento in cui questi si accingeva a salire sul terrazzo.
Apollonia, dunque, avendo avuto il permesso di starsene buona buona in un angolo, si rannicchiò con le spalle al muretto e versò lacrime tra le sue ginocchia.
Quando Umar stabilì l’orario della liberazione del prigioniero, Apollonia pianse più forte, avvertendo il sollievo per qualcosa che sembrava non avere più fine.
In seguito Idris prese per le redini i destrieri dei tre ospiti e li condusse nelle stalle attigue alla casa.
«Non farmi pentire di essermi fermato quando poco fa Umar me lo ha chiesto.» avvertì la guardia, fissando Apollonia.
La ragazza non poteva rischiare di contravvenire un’altra volta alla proibizione, e questo non per la paura di essere picchiata un’altra volta, ma temendo che fosse costretta a tornarsene a casa.
«Fratello, fratello! Io sono qui, non me ne vado.»
Poi si avvicinò un altro po’, trascinandosi sul suolo con gambe e mani; se ne stava comunque ad almeno quattro passi di distanza.
«Corrado, mio respiro e mia vita, devi resistere solo un altro po’. Fratello, rispondimi, fammi capire che vi è ancora il battito dell’anima nel tuo petto.»
Quindi si avvicinò mezzo passo in avanti e disse:
«Io so bene che la tua gelosia per me è quella di un fratello per una sorella… ma lo stesso non può dirsi della mia devozione per te...»
Nonostante la mente dell’altro fosse annebbiata e la sua comprensione delle cose quasi inesistente, Apollonia faticava a dire ciò che teneva serbato in cuore da anni, quel sentimento che l’aveva più volte fatta vergognare dinanzi all’icona della Vergine.
«Non giudicarmi come sorella fedele, poiché per Michele forse non sarei rimasta qui con tanto sacrificio… Non giudicare affatto queste azioni, Corrado, perché ciò che scopriresti potrebbe allontanarti da me… e per me questo sarebbe peggio che vederti morire.»
Quando Idris tornò sul cortile